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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

ne' piedi e ne le man legati e presi; e quanto fia piacer del giusto Sire, tanto staremo immobili e distesi».

Io m'era inginocchiato e volea dire; ma com' io cominciai ed el s'accorse, solo ascoltando, del mio reverire,

«Qual cagion», disse, «in giù così ti torse?».

E io a lui: «Per vostra dignitate mia coscïenza dritto mi rimorse».

«Drizza le gambe, lèvati sù, frate!», rispuose; «non errar: conservo sono teco e con li altri ad una podestate.

Se mai quel santo evangelico suono che dice 'Neque nubent' intendesti, ben puoi veder perch' io così ragiono.

Vattene omai: non vo' che più t'arresti; ché la tua stanza mio pianger disagia, col qual maturo ciò che tu dicesti.

Nepote ho io di là c'ha nome Alagia, buona da sé, pur che la nostra casa non faccia lei per essempro malvagia; e questa sola di là m'è rimasa».

CANTO XX

[Canto XX, ove si tratta del sopradetto girone e de la sopradetta colpa de l'avarizia.]

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Contra miglior voler voler mal pugna; onde contra 'l piacer mio, per piacerli, trassi de l'acqua non sazia la spugna.

Mossimi; e 'l duca mio si mosse per li luoghi spediti pur lungo la roccia, come si va per muro stretto a' merli; ché la gente che fonde a goccia a goccia per li occhi il mal che tutto 'l mondo occupa, da l'altra parte in fuor troppo s'approccia.

Maladetta sie tu, antica lupa,

che più che tutte l'altre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa!

O ciel, nel cui girar par che si creda le condizion di qua giù trasmutarsi, quando verrà per cui questa disceda?

Noi andavam con passi lenti e scarsi, e io attento a l'ombre, ch'i' sentia pietosamente piangere e lagnarsi; e per ventura udi' «Dolce Maria!»

dinanzi a noi chiamar così nel pianto come fa donna che in parturir sia; e seguitar: «Povera fosti tanto,

quanto veder si può per quello ospizio dove sponesti il tuo portato santo».

Seguentemente intesi: «O buon Fabrizio, con povertà volesti anzi virtute

che gran ricchezza posseder con vizio».

Queste parole m'eran sì piaciute, ch'io mi trassi oltre per aver contezza di quello spirto onde parean venute.

Esso parlava ancor de la larghezza che fece Niccolò a le pulcelle,

per condurre ad onor lor giovinezza.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

«O anima che tanto ben favelle,

dimmi chi fosti», dissi, «e perché sola tu queste degne lode rinovelle.

Non fia sanza mercé la tua parola, s'io ritorno a compiér lo cammin corto di quella vita ch'al termine vola».

Ed elli: «Io ti dirò, non per conforto ch'io attenda di là, ma perché tanta grazia in te luce prima che sie morto.

Io fui radice de la mala pianta

che la terra cristiana tutta aduggia, sì che buon frutto rado se ne schianta.

Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta; e io la cheggio a lui che tutto giuggia.

Chiamato fui di là Ugo Ciappetta; di me son nati i Filippi e i Luigi per cui novellamente è Francia retta.

Figliuol fu' io d'un beccaio di Parigi: quando li regi antichi venner meno tutti, fuor ch'un renduto in panni bigi, trova'mi stretto ne le mani il freno del governo del regno, e tanta possa di nuovo acquisto, e sì d'amici pieno, ch'a la corona vedova promossa

la testa di mio figlio fu, dal quale cominciar di costor le sacrate ossa.

Mentre che la gran dota provenzale al sangue mio non tolse la vergogna, poco valea, ma pur non facea male.

Lì cominciò con forza e con menzogna la sua rapina; e poscia, per ammenda, 250

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Pontì e Normandia prese e Guascogna.

Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima fé di Curradino; e poi

ripinse al ciel Tommaso, per ammenda.

Tempo vegg' io, non molto dopo ancoi, che tragge un altro Carlo fuor di Francia, per far conoscer meglio e sé e ' suoi.

Sanz' arme n'esce e solo con la lancia con la qual giostrò Giuda, e quella ponta sì, ch'a Fiorenza fa scoppiar la pancia.

Quindi non terra, ma peccato e onta guadagnerà, per sé tanto più grave, quanto più lieve simil danno conta.

L'altro, che già uscì preso di nave, veggio vender sua figlia e patteggiarne come fanno i corsar de l'altre schiave.

O avarizia, che puoi tu più farne, poscia c'ha' il mio sangue a te sì tratto, che non si cura de la propria carne?

Perché men paia il mal futuro e 'l fatto, veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, e nel vicario suo Cristo esser catto.

Are sens