diss' elli a noi, «non s'apre questa calla.
Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa d'arte e d'ingegno avanti che diserri, perch' ella è quella che 'l nodo digroppa.
Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri anzi ad aprir ch'a tenerla serrata, pur che la gente a' piedi mi s'atterri».
Poi pinse l'uscio a la porta sacrata, dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti che di fuor torna chi 'n dietro si guata».
E quando fuor ne' cardini distorti li spigoli di quella regge sacra, che di metallo son sonanti e forti, non rugghiò sì né si mostrò sì acra Tarpëa, come tolto le fu il buono Metello, per che poi rimase macra.
Io mi rivolsi attento al primo tuono, e 'Te Deum laudamus' mi parea
udire in voce mista al dolce suono.
Tale imagine a punto mi rendea
ciò ch'io udiva, qual prender si suole quando a cantar con organi si stea; ch'or sì or no s'intendon le parole.
CANTO X
[Canto X, dove si tratta del primo girone del proprio purgatorio, il quale luogo discrive l'auttore sotto certi intagli d'antiche imagini; e qui si purga la colpa de la superbia.]
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Poi fummo dentro al soglio de la porta che 'l mal amor de l'anime disusa, perché fa parer dritta la via torta, sonando la senti' esser richiusa; e s'io avesse li occhi vòlti ad essa, qual fora stata al fallo degna scusa?
Noi salavam per una pietra fessa, che si moveva e d'una e d'altra parte, sì come l'onda che fugge e s'appressa.
«Qui si conviene usare un poco d'arte», cominciò 'l duca mio, «in accostarsi or quinci, or quindi al lato che si parte».
E questo fece i nostri passi scarsi, tanto che pria lo scemo de la luna rigiunse al letto suo per ricorcarsi, che noi fossimo fuor di quella cruna; ma quando fummo liberi e aperti
sù dove il monte in dietro si rauna, ïo stancato e amendue incerti
di nostra via, restammo in su un piano solingo più che strade per diserti.
Da la sua sponda, ove confina il vano, al piè de l'alta ripa che pur sale, misurrebbe in tre volte un corpo umano; e quanto l'occhio mio potea trar d'ale, or dal sinistro e or dal destro fianco, questa cornice mi parea cotale.
Là sù non eran mossi i piè nostri anco, quand' io conobbi quella ripa intorno che dritto di salita aveva manco, esser di marmo candido e addorno
d'intagli sì, che non pur Policleto, 201
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ma la natura lì avrebbe scorno.
L'angel che venne in terra col decreto de la molt' anni lagrimata pace,
ch'aperse il ciel del suo lungo divieto, dinanzi a noi pareva sì verace
quivi intagliato in un atto soave, che non sembiava imagine che tace.
Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave!'; perché iv' era imaginata quella
ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave; e avea in atto impressa esta favella
'Ecce ancilla Deï', propriamente
come figura in cera si suggella.
«Non tener pur ad un loco la mente», disse 'l dolce maestro, che m'avea da quella parte onde 'l cuore ha la gente.
Per ch'i' mi mossi col viso, e vedea di retro da Maria, da quella costa onde m'era colui che mi movea,
un'altra storia ne la roccia imposta; per ch'io varcai Virgilio, e fe'mi presso, acciò che fosse a li occhi miei disposta.
Era intagliato lì nel marmo stesso lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa, per che si teme officio non commesso.
Dinanzi parea gente; e tutta quanta, partita in sette cori, a' due mie' sensi faceva dir l'un 'No', l'altro 'Sì, canta'.
Similemente al fummo de li 'ncensi che v'era imaginato, li occhi e 'l naso e al sì e al no discordi fensi.
Lì precedeva al benedetto vaso,
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