Or, perché mai non può da la salute amor del suo subietto volger viso, da l'odio proprio son le cose tute; 237
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e perché intender non si può diviso, e per sé stante, alcuno esser dal primo, da quello odiare ogne effetto è deciso.
Resta, se dividendo bene stimo,
che 'l mal che s'ama è del prossimo; ed esso amor nasce in tre modi in vostro limo.
È chi, per esser suo vicin soppresso, spera eccellenza, e sol per questo brama ch'el sia di sua grandezza in basso messo; è chi podere, grazia, onore e fama teme di perder perch' altri sormonti, onde s'attrista sì che 'l contrario ama; ed è chi per ingiuria par ch'aonti, sì che si fa de la vendetta ghiotto, e tal convien che 'l male altrui impronti.
Questo triforme amor qua giù di sotto si piange: or vo' che tu de l'altro intende, che corre al ben con ordine corrotto.
Ciascun confusamente un bene apprende nel qual si queti l'animo, e disira; per che di giugner lui ciascun contende.
Se lento amore a lui veder vi tira o a lui acquistar, questa cornice, dopo giusto penter, ve ne martira.
Altro ben è che non fa l'uom felice; non è felicità, non è la buona
essenza, d'ogne ben frutto e radice.
L'amor ch'ad esso troppo s'abbandona, di sovr' a noi si piange per tre cerchi; ma come tripartito si ragiona,
tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi».
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CANTO XVIII
[Canto XVIII, il quale tratta del sopradetto quarto girone, ove si purga la soprascritta colpa e peccato de l'accidia; e qui mostra Virgilio che è perfetto amore; dove nomina l'abate da San Zeno di Verona.]
Posto avea fine al suo ragionamento l'alto dottore, e attento guardava ne la mia vista s'io parea contento; e io, cui nova sete ancor frugava, di fuor tacea, e dentro dicea: 'Forse lo troppo dimandar ch'io fo li grava'.
Ma quel padre verace, che s'accorse del timido voler che non s'apriva, parlando, di parlare ardir mi porse.
Ond' io: «Maestro, il mio veder s'avviva sì nel tuo lume, ch'io discerno chiaro quanto la tua ragion parta o descriva.
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci ogne buono operare e 'l suo contraro».
«Drizza», disse, «ver' me l'agute luci de lo 'ntelletto, e fieti manifesto l'error de' ciechi che si fanno duci.
L'animo, ch'è creato ad amar presto, ad ogne cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto.
Vostra apprensiva da esser verace tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, 239
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sì che l'animo ad essa volger face; e se, rivolto, inver' di lei si piega, quel piegare è amor, quell' è natura che per piacer di novo in voi si lega.
Poi, come 'l foco movesi in altura per la sua forma ch'è nata a salire là dove più in sua matera dura,
così l'animo preso entra in disire, ch'è moto spiritale, e mai non posa fin che la cosa amata il fa gioire.
Or ti puote apparer quant' è nascosa la veritate a la gente ch'avvera
ciascun amore in sé laudabil cosa; però che forse appar la sua matera sempre esser buona, ma non ciascun segno è buono, ancor che buona sia la cera».
«Le tue parole e 'l mio seguace ingegno», rispuos' io lui, «m'hanno amor discoverto, ma ciò m'ha fatto di dubbiar più pregno; ché, s'amore è di fuori a noi offerto e l'anima non va con altro piede, se dritta o torta va, non è suo merto».
Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede, dir ti poss' io; da indi in là t'aspetta pur a Beatrice, ch'è opra di fede.
Ogne forma sustanzïal, che setta
è da matera ed è con lei unita,
specifica vertute ha in sé colletta, la qual sanza operar non è sentita, né si dimostra mai che per effetto, come per verdi fronde in pianta vita.
Però, là onde vegna lo 'ntelletto 240
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de le prime notizie, omo non sape, e de' primi appetibili l'affetto, che sono in voi sì come studio in ape di far lo mele; e questa prima voglia merto di lode o di biasmo non cape.