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La coma sua, che tanto si dilata

più quanto più è sù, fora da l'Indi ne' boschi lor per altezza ammirata.

«Beato se', grifon, che non discindi col becco d'esto legno dolce al gusto, poscia che mal si torce il ventre quindi».

Così dintorno a l'albero robusto

gridaron li altri; e l'animal binato:

«Sì si conserva il seme d'ogne giusto».

E vòlto al temo ch'elli avea tirato, trasselo al piè de la vedova frasca, e quel di lei a lei lasciò legato.

Come le nostre piante, quando casca giù la gran luce mischiata con quella che raggia dietro a la celeste lasca, turgide fansi, e poi si rinovella di suo color ciascuna, pria che 'l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella; 308

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

men che di rose e più che di vïole colore aprendo, s'innovò la pianta, che prima avea le ramora sì sole.

Io non lo 'ntesi, né qui non si canta l'inno che quella gente allor cantaro, né la nota soffersi tutta quanta.

S'io potessi ritrar come assonnaro li occhi spietati udendo di Siringa, li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro; come pintor che con essempro pinga, disegnerei com' io m'addormentai; ma qual vuol sia che l'assonnar ben finga.

Però trascorro a quando mi svegliai, e dico ch'un splendor mi squarciò 'l velo del sonno, e un chiamar: «Surgi: che fai?».

Quali a veder de' fioretti del melo che del suo pome li angeli fa ghiotti e perpetüe nozze fa nel cielo,

Pietro e Giovanni e Iacopo condotti e vinti, ritornaro a la parola

da la qual furon maggior sonni rotti, e videro scemata loro scuola

così di Moïsè come d'Elia,

e al maestro suo cangiata stola;

tal torna' io, e vidi quella pia

sovra me starsi che conducitrice

fu de' miei passi lungo 'l fiume pria.

E tutto in dubbio dissi: «Ov' è Beatrice?».

Ond' ella: «Vedi lei sotto la fronda nova sedere in su la sua radice.

Vedi la compagnia che la circonda: li altri dopo 'l grifon sen vanno suso con più dolce canzone e più profonda».

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

E se più fu lo suo parlar diffuso, non so, però che già ne li occhi m'era quella ch'ad altro intender m'avea chiuso.

Sola sedeasi in su la terra vera, come guardia lasciata lì del plaustro che legar vidi a la biforme fera.

In cerchio le facevan di sé claustro le sette ninfe, con quei lumi in mano che son sicuri d'Aquilone e d'Austro.

«Qui sarai tu poco tempo silvano; e sarai meco sanza fine cive

di quella Roma onde Cristo è romano.

Però, in pro del mondo che mal vive, al carro tieni or li occhi, e quel che vedi, ritornato di là, fa che tu scrive».

Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi d'i suoi comandamenti era divoto, la mente e li occhi ov' ella volle diedi.

Non scese mai con sì veloce moto

foco di spessa nube, quando piove da quel confine che più va remoto, com' io vidi calar l'uccel di Giove per l'alber giù, rompendo de la scorza, non che d'i fiori e de le foglie nove; e ferì 'l carro di tutta sua forza; ond' el piegò come nave in fortuna, vinta da l'onda, or da poggia, or da orza.

Poscia vidi avventarsi ne la cuna del trïunfal veiculo una volpe

che d'ogne pasto buon parea digiuna; ma, riprendendo lei di laide colpe, la donna mia la volse in tanta futa 310

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

quanto sofferser l'ossa sanza polpe.

Poscia per indi ond' era pria venuta, l'aguglia vidi scender giù ne l'arca del carro e lasciar lei di sé pennuta; e qual esce di cuor che si rammarca, tal voce uscì del cielo e cotal disse:

«O navicella mia, com' mal se' carca!».

Poi parve a me che la terra s'aprisse tr'ambo le ruote, e vidi uscirne un drago che per lo carro sù la coda fisse; e come vespa che ritragge l'ago,

a sé traendo la coda maligna,

trasse del fondo, e gissen vago vago.

Quel che rimase, come da gramigna vivace terra, da la piuma, offerta forse con intenzion sana e benigna, si ricoperse, e funne ricoperta

e l'una e l'altra rota e 'l temo, in tanto che più tiene un sospir la bocca aperta.

Trasformato così 'l dificio santo mise fuor teste per le parti sue, tre sovra 'l temo e una in ciascun canto.

Le prime eran cornute come bue,

ma le quattro un sol corno avean per fronte: simile mostro visto ancor non fue.

Sicura, quasi rocca in alto monte, seder sovresso una puttana sciolta m'apparve con le ciglia intorno pronte; e come perché non li fosse tolta, vidi di costa a lei dritto un gigante; e basciavansi insieme alcuna volta.

Are sens