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Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l'altra parte nera, quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aguglia sì non li s'affisse unquanco.

E sì come secondo raggio suole

uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, così de l'atto suo, per li occhi infuso ne l'imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr' uso.

Molto è licito là, che qui non lece a le nostre virtù, mercé del loco fatto per proprio de l'umana spece.

Io nol soffersi molto, né sì poco, ch'io nol vedessi sfavillar dintorno, com' ferro che bogliente esce del foco; e di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d'un altro sole addorno.

Beatrice tutta ne l'etterne rote

fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di là sù rimote.

Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l'erba che 'l fé consorto in mar de li altri dèi.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Trasumanar significar per verba

non si poria; però l'essemplo basti a cui esperïenza grazia serba.

S'i' era sol di me quel che creasti novellamente, amor che 'l ciel governi, tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti.

Quando la rota che tu sempiterni

desiderato, a sé mi fece atteso

con l'armonia che temperi e discerni, parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso.

La novità del suono e 'l grande lume di lor cagion m'accesero un disio mai non sentito di cotanto acume.

Ond' ella, che vedea me sì com' io, a quïetarmi l'animo commosso,

pria ch'io a dimandar, la bocca aprio e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, sì che non vedi ciò che vedresti se l'avessi scosso.

Tu non se' in terra, sì come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch'ad esso riedi».

S'io fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi,

dentro ad un nuovo più fu' inretito e dissi: «Già contento requïevi

di grande ammirazion; ma ora ammiro com' io trascenda questi corpi levi».

Ond' ella, appresso d'un pïo sospiro, li occhi drizzò ver' me con quel sembiante 320

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

che madre fa sovra figlio deliro, e cominciò: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l'universo a Dio fa simigliante.

Qui veggion l'alte creature l'orma de l'etterno valore, il qual è fine al quale è fatta la toccata norma.

Ne l'ordine ch'io dico sono accline tutte nature, per diverse sorti,

più al principio loro e men vicine; onde si muovono a diversi porti

per lo gran mar de l'essere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti.

Questi ne porta il foco inver' la luna; questi ne' cor mortali è permotore; questi la terra in sé stringe e aduna; né pur le creature che son fore

d'intelligenza quest' arco saetta, ma quelle c'hanno intelletto e amore.

La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa 'l ciel sempre quïeto nel qual si volge quel c'ha maggior fretta; e ora lì, come a sito decreto,

cen porta la virtù di quella corda che ciò che scocca drizza in segno lieto.

Vero è che, come forma non s'accorda molte fïate a l'intenzion de l'arte, perch' a risponder la materia è sorda, così da questo corso si diparte

talor la creatura, c'ha podere

di piegar, così pinta, in altra parte; e sì come veder si può cadere

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

foco di nube, sì l'impeto primo

l'atterra torto da falso piacere.

Non dei più ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d'un rivo se d'alto monte scende giuso ad imo.

Maraviglia sarebbe in te se, privo d'impedimento, giù ti fossi assiso, com' a terra quïete in foco vivo».

Quinci rivolse inver' lo cielo il viso.

CANTO II

[Canto secondo, ove tratta come Beatrice e l'auttore pervegnono al cielo de la Luna, aprendo la veritade de l'ombra ch'appare in essa; e qui comincia questa terza parte de la Commedia quanto al proprio dire.]

O voi che siete in piccioletta barca, desiderosi d'ascoltar, seguiti

dietro al mio legno che cantando varca, tornate a riveder li vostri liti: non vi mettete in pelago, ché forse, perdendo me, rimarreste smarriti.

L'acqua ch'io prendo già mai non si corse; Minerva spira, e conducemi Appollo, e nove Muse mi dimostran l'Orse.

Voialtri pochi che drizzaste il collo per tempo al pan de li angeli, del quale vivesi qui ma non sen vien satollo, metter potete ben per l'alto sale 322

Are sens