"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » 🤍🤍🤍✨,,L'amica geniale'' di Elena Ferrante🤍🤍🤍✨

Add to favorite 🤍🤍🤍✨,,L'amica geniale'' di Elena Ferrante🤍🤍🤍✨

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

Fernando era andato a casa a fare la controra, ma Lila e Rino stavano l’uno accanto all’altro con facce cupe, chini su qualcosa che guardavano con ostilità, e appena ci videro oltre la porta a vetri misero tutto via. Consegnai alla mia amica i regali del maestro Ferraro, mentre Pasquale prendeva in giro l’amico aprendogli sotto il naso il suo premio e dicendogli: «Poi quando ti sei

******ebook converter DEMO Watermarks*******

letto la storia di questa Bruges la morta mi dici se t’è piaciuto e casomai me lo leggo pure io». Risero molto tra loro e ogni tanto si sussurravano frasi all’orecchio su Bruges, frasi sicuramente oscene. Notai però a un certo punto che, pur scherzando con Rino, Pasquale lanciava sguardi furtivi a Lila. Perché la guardava così, cosa cercava, cosa ci vedeva? Erano sguardi lunghi e intensi di cui lei pareva non accorgersi nemmeno, mentre – mi sembrò – più ancora di me ci stava facendo caso Rino, che presto trascinò fuori in strada Pasquale come per evitare che sentissimo che cosa li divertiva di Bruges, in realtà infastidito da come l’amico gli guardava la sorella.

Io accompagnai Lila nel retrobottega sforzandomi di vederle addosso ciò che aveva attratto l’attenzione di Pasquale. Mi sembrò sempre la stessa ragazzina esile, pelle e ossa, esangue, a parte forse il taglio più grande degli occhi e una piccola ondulazione del petto. Lei sistemò i libri tra altri libri che aveva, in mezzo alle scarpe vecchie e a certi quaderni con le copertine molto malconce. Accennai alle pazzie di Melina, ma soprattutto cercai di trasmetterle tutto il mio entusiasmo perché finalmente potevamo dire che conoscevamo uno che aveva appena pubblicato un libro, Donato Sarratore.

Le mormorai in italiano: «Pensa, suo figlio Nino era a scuola con noi; pensa, tutta la famiglia Sarratore forse diventerà ricca». Lei fece un mezzo sorriso scettico.

«Con questo?» disse. Allungò una mano e mi mostrò il libro di Sarratore.

Glielo aveva dato Antonio, il figlio grande di Melina, per levarlo per sempre dalla vista e dalle mani della madre. Lo presi, esaminai il volumetto.

S’intitolava Prove di sereno. Aveva una copertina rossastra con un disegno di sole splendente in cima a una montagna. Fu emozionante leggere proprio sopra il titolo: Donato Sarratore. Lo aprii, recitai ad alta voce la dedica a penna: A Melina che ha nutrito il mio canto. Donato. Napoli, 12 giugno 1958. Mi emozionai, sentii un brivido dietro la nuca, alla radice dei capelli.

Dissi:

«Nino avrà una macchina più bella di quella dei Solara».

Ma Lila fece uno di quei suoi sguardi intensi e vidi che s’era come saldata al libro che avevo tra le mani.

«Se succede si saprà» borbottò. «Per ora quelle poesie hanno fatto solo danno».

«Perché?».

«Sarratore non ha avuto il coraggio di andare di persona da Melina e al posto suo le ha mandato il libro».

******ebook converter DEMO Watermarks*******

«E non è una cosa bella?».

«Chi lo sa. Adesso Melina lo aspetta e se Sarratore non viene soffrirà più di quanto ha sofferto fino a ora».

Che bei discorsi. Le guardai la pelle bianchissima, liscia, non una screpolatura. Le guardai le labbra, la forma delicata delle orecchie. Sì, pensai, forse sta cambiando, e non solo fisicamente, anche nel modo di esprimersi.

Mi sembrò – formulato con parole d’oggi – che non solo sapesse dire bene le cose ma che stesse sviluppando un dono che già conoscevo: meglio di come faceva da bambina, prendeva i fatti e li rendeva con naturalezza carichi di tensione; rinforzava la realtà mentre la riduceva a parole, le iniettava energia.

Ma mi accorsi anche, con piacere, che appena cominciava a farlo, ecco che mi sentivo anch’io la capacità di fare lo stesso e ci provavo e mi veniva bene.

Questo – pensai contenta – mi distingue da Carmela e da tutte le altre: io m’infiammo insieme a lei, qui, nel momento stesso in cui mi parla. Che belle mani forti aveva, che bei gesti le venivano, che sguardi.

Ma mentre Lila ragionava d’amore, mentre ne ragionavo io, il piacere si incrinò e mi venne un brutto pensiero. Capii di colpo che mi ero sbagliata: Pasquale il muratore, il comunista, il figlio dell’assassino, aveva voluto accompagnarmi fin lì non per me, ma per lei, per avere l’occasione di vederla.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

12.

Pensare quella cosa mi tolse il respiro per un attimo. Quando i due giovani rientrarono interrompendo i nostri discorsi, Pasquale confessò ridendo che era scappato dal cantiere senza dire niente al capomastro, ma doveva tornare subito a lavorare. Notai che guardava di nuovo Lila a lungo, intensamente, quasi contro la sua volontà, forse per segnalarle: sto correndo il rischio di essere licenziato solo per te. E intanto disse rivolgendosi a Rino:

«Domenica andiamo tutti a ballare da Gigliola, viene anche Lenuccia, ci venite pure voi?».

«Domenica è lontana, poi ci pensiamo» rispose Rino.

Pasquale lanciò un ultimo sguardo a Lila, che non gli prestò alcuna attenzione, poi filò via senza chiedermi se volevo andare con lui.

Provai un fastidio che mi rese nervosa. Cominciai a toccarmi le guance con le dita proprio nelle zone più infiammate, me ne accorsi e m’imposi di non farlo più. Mentre Rino recuperava da sotto il panchetto le cose a cui stava lavorando prima che arrivassimo, e se le studiava perplesso, riprovai a parlare con Lila di libri, di storie d’amore. Gonfiammo a dismisura Sarratore, la pazzia d’amore di Melina, il ruolo di quel libro. Cosa sarebbe accaduto? Che reazioni avrebbe scatenato non la lettura dei versi ma l’oggetto in sé, il fatto che la sua copertina, il titolo, il nome e il cognome avevano acceso di nuovo il cuore della donna? Parlammo così appassionatamente che Rino all’improvviso perse la pazienza e ci gridò: «La smettete? Lila, vediamo di lavorare, se no torna papà e non si può fare più niente».

Smettemmo. Diedi uno sguardo a ciò che stavano facendo, una forma di legno assediata da un garbuglio di suolette, striscioline di pelle, pezzi di cuoio spesso tra coltelli e lesine e ferri di vario tipo. Lila mi disse che lei e Rino stavano provando a realizzare una scarpa maschile da viaggio e suo fratello, subito dopo, in ansia, mi fece giurare su mia sorella Elisa che di quella cosa non ne avrei parlato mai con nessuno. Stavano lavorando di nascosto da Fernando, Rino s’era procurato il cuoio e la pelle da un amico che si guadagnava la giornata in una conceria al Ponte di Casanova.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

Dedicavano alla realizzazione della scarpa cinque minuti adesso, dieci domani, perché non c’era stato modo di convincere il padre ad aiutarli, anzi ogni volta che tiravano fuori quel discorso Fernando mandava a casa Lila urlando che non voleva vederla più in bottega e intanto minacciava di uccidere Rino che s’era messo in testa a diciannove anni, mancandogli di rispetto, di poter essere da più di lui.

Feci finta di interessarmi alla loro impresa segreta, di fatto me ne rammaricai. Sebbene entrambi i fratelli mi avessero coinvolta scegliendomi a loro confidente, si trattava pur sempre di un’esperienza dentro cui potevo entrare soltanto come testimone: Lila per quella strada avrebbe fatto cose grandi da sola, io ero esclusa. Ma soprattutto, come poteva essere che, dopo i nostri discorsi intensi sull’amore e la poesia, lei mi accompagnasse alla porta come stava facendo, ritenendo ben più interessante quel clima di tensione intorno a una scarpa? Avevamo parlato così bene di Sarratore e di Melina.

Non potevo credere che, pur accennandomi a quel coacervo di cuoi e pelle e arnesi, non le durasse dentro come a me l’ansia per la donna che soffriva d’amore. Che m’importava delle calzature. Avevo ancora intorno, negli occhi, i movimenti più segreti di quella vicenda di fedeltà violata, di passione, di canto che diventava libro, ed era come se lei e io avessimo letto insieme un romanzo, come se avessimo visto, lì nel retrobottega e non nella sala parrocchiale la domenica, un film molto drammatico. Mi sentii addolorata per lo sperpero, perché ero costretta ad andar via, perché lei preferiva l’avventura delle scarpe ai nostri discorsi, perché sapeva essere autonoma e invece io avevo bisogno di lei, perché aveva cose sue dentro cui non potevo entrare, perché Pasquale, uno grande d’età, non un ragazzino, di certo avrebbe cercato altre occasioni per guardarla e sollecitarla e cercare di convincerla a fidanzarsi in segreto con lui e a farsi baciare, toccare, come si diceva che si facesse quando ci si fidanzava; perché, insomma, mi avrebbe sentita sempre meno necessaria.

Perciò, quasi per cacciar via il senso di repulsione che mi causavano quei pensieri, quasi per sottolineare il mio valore e la mia indispensabilità, le dissi di getto che sarei andata al ginnasio. Glielo dissi sulla porta del negozio, quando anzi ero già in strada. Le raccontai che era stata la maestra Oliviero a imporlo ai miei genitori, promettendo di procurarmi lei stessa, gratis, i libri usati. Lo feci perché volevo che si rendesse conto che ero più unica che rara e che, se pure fosse diventata ricca fabbricando scarpe insieme a Rino, non avrebbe potuto fare a meno mai di me come io non potevo fare a meno di lei.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

Mi guardò perplessa.

«Cos’è il ginnasio?» chiese.

«Una scuola importante che sta dopo la scuola media».

«E tu che ci vai a fare?».

«A studiare».

«Cosa?».

«Il latino».

«E basta?».

«Anche il greco».

«Il greco?».

«Sì».

Fece l’espressione di chi s’è persa e non trova niente da dire. Infine mormorò senza nessun nesso:

«La settimana scorsa m’è venuto il marchese».

E sebbene Rino non l’avesse chiamata, rientrò.

Are sens