"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » Italian Books » 🤍🤍🤍✨,,L'amica geniale'' di Elena Ferrante🤍🤍🤍✨

Add to favorite 🤍🤍🤍✨,,L'amica geniale'' di Elena Ferrante🤍🤍🤍✨

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

Quel discorso del “prima” mi colpì più dei discorsi tenebrosi dentro cui mi aveva tirata durante l’estate. Le vacanze natalizie passarono a parlare fitto fitto, nella calzoleria, per strada, nel cortile. Ci confidammo tutto, anche piccole cose, e stemmo bene.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

19.

In quel periodo mi sentii forte. A scuola m’ero comportata in modo perfetto, raccontai alla maestra Oliviero i miei successi e lei mi lodò. Vedevo Gino, facevamo ogni giorno una passeggiata fino al bar Solara: lui mi comprava una pasta, la mangiavamo in due, tornavamo indietro. Certe volte avevo persino l’impressione che fosse Lila a dipendere da me e non io da lei. Ero andata oltre i confini del rione, frequentavo il ginnasio, stavo con ragazzi che studiavano il latino e il greco e non con muratori, meccanici, ciabattini, fruttivendoli, salumieri, scarpari, come lei. Quando mi parlava di Didone o del suo metodo per imparare vocaboli d’inglese o della terza declinazione o di ciò su cui almanaccava parlando con Pasquale, percepivo sempre più chiaramente che lo faceva un po’ in soggezione, come se finalmente fosse lei a sentire la necessità di dimostrarmi di continuo che poteva ragionare alla pari con me. Perfino quando, un pomeriggio, con qualche incertezza decise di farmi vedere a che punto era la scarpa segreta che stava fabbricando con Rino, non sentii più che abitava un territorio meraviglioso senza di me. Mi sembrò invece che sia lei che il fratello esitassero a parlarmi di cose di così scarsa dignità.

O forse ero soltanto io che cominciavo a sentirmi da più di loro. Quando frugarono in un ripostiglio e tirarono fuori un cartoccio, li incoraggiai artificiosamente. Ma il paio di scarpe da uomo che mi mostrarono mi sembrò davvero fuori del comune, un numero 43, la misura di Rino e di Fernando, marrone, proprio come me le ricordavo in uno dei disegni di Lila, con un’aria che era insieme leggera e robusta. Non avevo mai visto ai piedi di nessuno qualcosa del genere. Mentre me le lasciavano toccare e intanto me ne illustravano le qualità, passai a lodarli con tono entusiastico. «Tocca qui»

diceva Rino acceso dalle mie lodi, «e dimmi se si sente la cucitura». «No»

rispondevo io, «non si sente». Allora mi prendeva le scarpe dalle mani, le piegava, le slargava, me ne mostrava la resistenza. Io approvavo, dicevo bravi come faceva la maestra Oliviero quando ci voleva incoraggiare. Ma Lila non pareva soddisfatta. Più il fratello elencava pregi, più lei mi mostrava difetti e

******ebook converter DEMO Watermarks*******

diceva a Rino: «Papà quanto ci mette a vedere questi sbagli?». A un certo punto disse seria: «Proviamo di nuovo con l’acqua». Il fratello si mostrò contrariato. Lei riempì ugualmente una bacinella, mise la mano in una delle scarpe come se fosse un piede e la fece camminare nell’acqua per un po’.

«Deve giocare» mi disse Rino da fratello grande che si secca delle bambinate della sorella più piccola. Ma appena vide che Lila tirava su la scarpa fece l’aria preoccupata, chiese: «Allora?».

Lila tirò fuori la mano, si stropicciò le dita, gliela tese.

«Tocca».

Rino ci infilò una mano, disse: «È asciutta».

«È umida».

«Lo senti solo tu, l’umido. Tocca, Lenù».

Toccai.

«Un po’ è umida» dissi.

Lila ebbe una smorfia di scontento.

«Visto? La tieni un minuto in acqua ed è già umida, non va. Dobbiamo scollare e scucire tutto un’altra volta».

«Cosa cazzo vuoi che sia un po’ di umidità?».

Rino si arrabbiò. Non solo: ebbe, sotto i miei occhi, una specie di trasformazione. Diventò rosso in viso, si gonfiò intorno agli occhi e sugli zigomi, non seppe contenersi ed esplose in una serie di imprecazioni e bestemmie contro la sorella. Si lagnò che così non si finiva mai. Rimproverò a Lila che prima lo incoraggiava e poi lo scoraggiava. Gridò che lui non voleva restare per sempre dentro quello schifo di posto a fare il servo di suo padre e a vedere come si arricchivano gli altri. Afferrò il piede di ferro, fece l’atto di lanciarglielo, e se l’avesse fatto sul serio l’avrebbe uccisa.

Io me ne andai, da un lato disorientata da quella furia di un giovane in genere gentile e dall’altro fiera per quanto era risultato autorevole, definitivo, il mio parere.

Nei giorni seguenti scoprii che l’acne si stava seccando.

«Stai proprio bene, è la soddisfazione che ti dà la scuola, è l’amore» mi disse Lila e la sentii un po’ triste.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

20.

Rino, approssimandosi la festa di fine anno, fu preso dalla smania di sparare più fuochi di tutti, soprattutto più di quanti ne sparavano i Solara. Lila lo prendeva in giro, ma a volte diventava con lui piuttosto dura. Mi disse che secondo lei suo fratello, che all’inizio era scettico sulla possibilità di far molti soldi con le scarpe, adesso aveva cominciato a puntarci troppo, s’era visto già padrone del calzaturificio Cerullo e non voleva tornare ciabattino. Questo la preoccupava, era un lato di Rino che non conosceva. Le era sembrato sempre e soltanto generosamente irruento, a tratti aggressivo, ma non fanfarone. Ora invece s’atteggiava a ciò che non era. Si sentiva vicino alla ricchezza. Un padroncino. Uno in grado di dare al rione un primo segnale della fortuna che gli avrebbe portato l’anno nuovo sparando fuochi in quantità, più, assai più dei fratelli Solara, che erano diventati ai suoi occhi il modello di giovane uomo da imitare e addirittura da superare. Gente che invidiava e che sentiva come nemici da dover battere per arrivare ad assumerne il ruolo.

Lila non disse mai, come era successo per Carmela e per le altre ragazze del cortile: forse gli ho messo in testa una fantasia che non sa tenere sotto controllo. Alla fantasia credeva lei stessa, la sentiva realizzabile, e il fratello era un tassello importante di quella realizzazione. E poi gli voleva bene, era più grande di lei di ben sei anni, non lo voleva ridurre a un bambino che non sa gestire i sogni. Ma buttò lì spesso che Rino mancava di concretezza, non sapeva affrontare le difficoltà coi piedi per terra, tendeva a eccedere. Come con quella gara coi Solara, per esempio.

«Forse è geloso di Marcello» dissi una volta.

«Cioè?».

Rise facendo la finta tonta, ma me l’aveva raccontato lei stessa. Marcello Solara passava e spassava davanti alla calzoleria tutti i giorni, sia a piedi che col Millecento, e Rino se ne doveva essere accorto, tanto che aveva detto più volte alla sorella: «Non t’azzardare a dare confidenza a chillu strunz». Forse, chissà, non potendo spaccare la faccia ai Solara perché puntavano a sua sorella, voleva mostrar loro la sua forza coi fuochi d’artificio.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

«Se è così, lo vedi che ho ragione?».

«Ragione su cosa?».

«Che è diventato un fanfarone: da dove li prende i soldi per i fuochi?».

Era vero. La notte dell’ultimo dell’anno era una notte di battaglia, nel rione e in tutta Napoli. Luci abbaglianti, esplosioni. Il fumo densissimo della polvere da sparo rendeva ogni cosa nebulosa, entrava nelle case, bruciava gli occhi, dava la tosse. Ma lo scoppiettio dei trictrac, il sibilo dei razzi, il cannoneggiamento delle botte a muro aveva un costo e come al solito sparava di più chi aveva più soldi. Noi Greco non avevamo soldi, a casa mia il contributo ai fuochi di fine anno era scarso. Mio padre comprava una scatola di fitfit, una di rotelle e una di esili razzi. A mezzanotte metteva in mano a me, che ero la più grande, il ferretto delle stelline o quello delle girandole, accendeva e io stavo immobile, eccitata e spaventata, a fissare le mobili scintille, i brevi vortici di fuoco a poca distanza dalle dita. Lui intanto correva a mettere l’asta dei razzi in una bottiglia di vetro sul marmo della finestra, bruciava la miccia con la brace della sigaretta e, entusiasta, faceva partire per il cielo il sibilo luminoso. Alla fine lanciava in strada anche la bottiglia.

Anche a casa di Lila si sparava poco o niente, tant’è vero che Rino s’era subito ribellato. Fin dai dodici anni aveva preso l’abitudine di andarsene a fare la mezzanotte con persone più audaci del padre, ed erano famose le sue imprese di recuperante di botte inesplose, delle quali andava a caccia appena il caos della festa finiva. Le raccoglieva tutte insieme nella zona degli stagni, dava fuoco e si godeva la sfiammata alta, trac trac trac, l’esplosione finale.

Aveva ancora una cicatrice scura sulla mano, una macchia larga, dovuta alla volta che non s’era tirato indietro in tempo.

Tra le tante ragioni palesi e segrete di quella sfida della fine dell’anno 1958, bisogna dunque metterci anche che forse Rino voleva prendersi una rivincita sull’infanzia povera. Perciò si mise d’impegno a raccattare soldi qua e là per acquistare i fuochi. Ma si sapeva – lo sapeva anche lui malgrado la smania di grandezza che l’aveva preso – che coi Solara non c’era competizione. Come tutti gli anni, i due fratelli viaggiavano avanti e indietro da giorni nel loro Millecento, il portabagagli carico dell’esplosivo che la notte di Capodanno avrebbe ucciso uccelli, spaventato cani gatti topi, fatto tremare le palazzine dagli scantinati fino al lastrico. Rino li osservava dalla bottega con astio e intanto trafficava con Pasquale, con Antonio e soprattutto con Enzo, che aveva un po’ più soldi, per mettere su un arsenale che facesse almeno una buona figura.

******ebook converter DEMO Watermarks*******

Are sens

Copyright 2023-2059 MsgBrains.Com