Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio te chi?... la Volpe e il Gatto, ossia i due compagni di viaggio, coi quali aveva cenato all’osteria del Gambero Rosso.
– Ecco il nostro caro Pinocchio! – gridò la Volpe, ab-bracciandolo e baciandolo. – Come mai sei qui?
– Come mai sei qui? – ripetè il Gatto.
– è una storia lunga, – disse il burattino, – e ve la racconterò a comodo. Sappiate però che l’altra notte, quando mi avete lasciato solo nell’osteria, ho trovato gli assassini per la strada...
– Gli assassini?... O povero amico! E che cosa volevano?
– Mi volevano rubare le monete d’oro.
– Infami!... – disse la Volpe.
– Infamissimi! – ripetè il Gatto.
– Ma io cominciai a scappare, – continuò a dire il burattino, – e loro sempre dietro: finché mi raggiunsero e m’impiccarono a un ramo di quella quercia.
E Pinocchio accennò la Quercia grande, che era lì a due passi.
– Si può sentir di peggio? – disse la Volpe. – In che mondo siamo condannati a vivere? Dove troveremo un rifugio sicuro noi altri galantuomini?...
Nel tempo che parlavano così, Pinocchio si accorse che il Gatto era zoppo dalla gamba destra davanti, perché gli mancava in fondo tutto lo zampetto cogli unghioli: per cui gli domandò:
– Che cosa hai fatto del tuo zampetto?
Il Gatto voleva rispondere qualche cosa, ma s’imbro-gliò. Allora la Volpe disse subito:
– Il mio amico è troppo modesto,– e per questo non risponde. Risponderò io per lui. Sappi dunque che un’ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po’
d’elemosina. Non avendo noi da dargli nemmeno una lisca di pesce, che cosa ha fatto l’amico mio, che ha dav-Letteratura italiana Einaudi
62
Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio vero un cuore di Cesare?... Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sdigiunarsi. E la Volpe nel dir così, si asciugò una lacrima.
Pinocchio, commosso anche lui, si avvicinò al Gatto, sussurrandogli negli orecchi:
– Se tutti i gatti ti somigliassero, fortunati i topi!...
– E ora che cosa fai in questi luoghi? – domandò la Volpe al burattino.
– Aspetto il mio babbo, che deve arrivare qui di momento in momento.
– E le tue monete d’oro?
– Le ho sempre in tasca, meno una che la spesi all’osteria del Gambero Rosso.
– E pensare che, invece di quattro monete, potrebbe-ro diventare domani mille e duemila! Perché non dai retta al mio consiglio? Perché non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?
– Oggi è impossibile: vi anderò un altro giorno.
– Un altro giorno sarà tardi, – disse la Volpe.
– Perché?
– Perché quel campo è stato comprato da un gran signore e da domani in là non sarà più permesso a nessuno di seminarvi i denari.
– Quant’è distante di qui il Campo dei miracoli?
– Due chilometri appena. Vuoi venire con noi? Fra mezz’ora sei là: semini subito le quattro monete: dopo pochi minuti ne raccogli duemila e stasera ritorni qui colle tasche piene. Vuoi venire con noi?
Pinocchio esitò un poco a rispondere, perché gli tornò in mente la buona Fata, il vecchio Geppetto e gli avvertimenti del Grillo-parlante; ma poi finì col fare come fanno tutti i ragazzi senza un fil di giudizio e senza cuore; finì, cioè, col dare una scrollatina di capo, e disse alla Volpe e al Gatto:
– Andiamo pure: io vengo con voi.
Letteratura italiana Einaudi
63
Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio E partirono.
Dopo aver camminato una mezza giornata arrivarono a una città che aveva nome «Acchiappa-citrulli». Appena entrato in città, Pinocchio vide tutte le strade popo-late di cani spelacchiati, che sbadigliavano dall’appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l’elemosina d’un chicco di granturco, di grosse farfalle, che non potevano più volare, perché avevano venduto le loro bellissime ali colorite, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano a farsi vedere, e di fagiani che zampet-tavano cheti cheti, rimpiangendo le loro scintillanti penne d’oro e d’argento, oramai perdute per sempre.
In mezzo a questa folla di accattoni e di poveri vergo-gnosi passavano di tanto in tanto alcune carrozze signo-rili con dentro o qualche volpe, o qualche gazza ladra o qualche uccellaccio di rapina.
– E il Campo dei miracoli dov’è? – domandò Pinocchio.
– è qui a due passi.