Poi cadde disteso sulla rena del lido.
Alla vista di quel morticino, i ragazzi spaventati si dettero a scappare a gambe e in pochi minuti non si videro più.
Ma Pinocchio rimase lì, e sebbene per il dolore e per lo spavento, anche lui fosse più morto che vivo, nondi-meno corse a inzuppare il suo fazzoletto nell’acqua del mare e si pose a bagnare la tempia del suo povero compagno di scuola. E intanto piangendo dirottamente e disperandosi, lo chiamava per nome e gli diceva:
– Eugenio!... povero Eugenio mio!... apri gli occhi, e guardami!... Perché non mi rispondi? Non sono stato io, sai, che ti ho fatto tanto male! Credilo, non sono stato io!... Apri gli occhi, Eugenio...
Se tieni gli occhi chiusi, mi farai morire anche me...
O Dio mio! come farò ora a tornare a casa?... Con che coraggio potrò presentarmi alla mia buona mamma? Che sarà di me?... Dove fuggirò?... Dove Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio andrò a nascondermi?... Oh! quant’era meglio, mille volte meglio che fossi andato a scuola!... Perche ho dato retta a questi compagni, che sono la mia dannazione?...
E il maestro me l’aveva detto!... e la mia mamma me lo aveva ripetuto: «Guardati dai cattivi compagni!»-. Ma io sono un testardo... un caparbiaccio... lascio dir tutti, e poi fo sempre a modo mio!... E dopo mi tocca a scon-tarle... E così, da che sono al mondo, non ho mai avuto un quarto d’ora di bene. Dio mio! Che sarà di me, che sarà di me, che sarà di me?...
E Pinocchio continuava a piangere, e berciare, a darsi pugni nel capo e a chiamar per nome il povero Eugenio: quando sentì a un tratto un rumore sordo di passi che si avvicinavano.
Si voltò: erano due carabinieri
– Che cosa fai così sdraiato per terra? – domandarono a Pinocchio.
– Assisto questo mio compagno di scuola.
– Che gli è venuto male?
– Par di sì!..
– Altro che male! – disse uno dei carabinieri, chinan-dosi e osservando Eugenio da vicino. – Questo ragazzo è stato ferito in una tempia: chi è che l’ha ferito?
– Io no, – balbettò il burattino che non aveva più fiato in corpo.
– Se non sei stato tu, chi è stato dunque che l’ha ferito?
– Io no, – ripetè Pinocchio.
– E con che cosa è stato ferito?
– Con questo libro. – E il burattino raccattò di terra il Trattato di Aritmetica, rilegato in cartone e cartapecora, per mostrarlo al carabiniere.
– E questo libro di chi è?
– Mio.
– Basta così: non occorre altro. Rizzati subito e vieni via con noi.
Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Ma io...
– Via con noi!
– Ma io sono innocente...
– Via con noi!
Prima di partire, i carabinieri chiamarono alcuni pescatori, che in quel momento passavano per l’appunto colla loro barca vicino alla spiaggia, e dissero loro:
– Vi affidiamo questo ragazzetto ferito nel capo. Por-tatelo a casa vostra e assistetelo. Domani torneremo a vederlo.
Quindi si volsero a Pinocchio, e dopo averlo messo in mezzo a loro due, gl’intimarono con accento soldate-sco:
– Avanti! e cammina spedito! se no, peggio per te!
Senza farselo ripetere, il burattino cominciò a camminare per quella viottola, che conduceva al paese. Ma il povero diavolo non sapeva più nemmeno lui in che mondo si fosse. Gli pareva di sognare, e che brutto sogno! Era fuori di sé. I suoi occhi vedevano tutto dop-pio: le gambe gli tremavano: la lingua gli era rimasta attaccata al palato e non poteva più spiccicare una sola parola. Eppure, in mezzo a quella specie di stupidità e di rintontimento, una spina acutissima gli bucava il cuore: il pensiero, cioè, di dover passare sotto le finestre di casa della sua buona Fata, in mezzo ai carabinieri.
Avrebbe preferito piuttosto di morire.
Erano già arrivati e stavano per entrare in paese, quando una folata di vento strapazzone levò di testa a Pinocchio il berretto, portandoglielo lontano una deci-na di passi.
– Si contentano, – disse il burattino ai carabinieri, –
che vada a riprendere il mio berretto?