– Me l’ha ordinato il medico, perché mi sono fatto male a questo ginocchio. E tu, caro burattino, perché porti codesto berretto di cotone ingozzato fin sotto il naso?
– Me l’ha ordinato il medico, perche mi sono sbuc-ciato un piede.
– Oh! povero Pinocchio!...
– Oh! povero Lucignolo!...
A queste parole tenne dietro un lunghissimo silenzio, durante il quale i due amici non fecero altro che guardarsi fra loro in atto di canzonatura.
Finalmente il burattino, con una vocina melliflua e flautata, disse al suo compagno:
– Levami una curiosità, mio caro Lucignolo: hai mai sofferto di malattia agli orecchi?
– Mai!... E tu?
– Mai! Per altro da questa mattina in poi ho un orecchio, che mi fa spasimare.
– Ho lo stesso male anch’io.
– Anche tu?... E qual è l’orecchio che ti duole?
– Tutt’e due. E tu?
– Tutt’e due. Che sia la medesima malattia?
– Ho paura di sì?
Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Vuoi farmi un piacere, Lucignolo?
– Volentieri! Con tutto il cuore.
– Mi fai vedere i tuoi orecchi?
– Perché no? Ma prima voglio vedere i tuoi, caro Pinocchio.
– No: il primo devi essere tu.
– No, carino! Prima tu, e dopo io!
– Ebbene, – disse allora il burattino, – facciamo un patto da buoni amici.
– Sentiamo il patto.
– Leviamoci tutt’e due il berretto nello stesso tempo: accetti?
– Accetto.
– Dunque attenti!
E Pinocchio cominciò a contare a voce alta:
– Uno! Due! Tre!
Alla parola tre! i due ragazzi presero i loro berretti di capo e li gettarono in aria.
E allora avvenne una scena, che parrebbe incredibile, se non fosse vera. Avvenne, cioè, che Pinocchio e Lucignolo, quando si videro colpiti tutt’e due dalla medesima disgrazia, invece di restar mortificati e dolenti, cominciarono ad ammiccarsi i loro orecchi smisuratamen-te cresciuti, e dopo mille sguaiataggini finirono col dare in una bella risata.
E risero, risero, risero da doversi reggere il corpo: se non che, sul più bello del ridere, Lucignolo tutt’a un tratto si chetò, e barcollando e cambiando colore, disse all’amico:
– Aiuto, aiuto, Pinocchio!
– Che cos’hai?
– Ohimè. Non mi riesce più di star ritto sulle gambe.
– Non mi riesce più neanche a me, – gridò Pinocchio, piangendo e traballando.
E mentre dicevano così, si piegarono tutt’e due car-poni a terra e, camminando con le mani e coi piedi, co-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio minciarono a girare e a correre per la stanza. E intanto che correvano, i loro bracci diventarono zampe, i loro visi si allungarono e diventarono musi e le loro schiene si coprirono di un pelame grigiolino chiaro, brizzolato di nero.
Ma il momento più brutto per què due sciagurati sapete quando fu? Il momento più brutto e più umiliante fu quello quando sentirono spuntarsi di dietro la coda.
Vinti allora dalla vergogna e dal dolore, si provarono a piangere e a lamentarsi del loro destino.
Non l’avessero mai fatto! Invece di gemiti e di lamenti, mandavano fuori dei ragli asinini: e ragliando so-noramente, facevano tutt’e due coro: j-a, j-a, j-a.
In quel frattempo fu bussato alla porta, e una voce di fuori disse:
– Aprite! Sono l’Omino, sono il conduttore del carro che vi portò in questo paese. Aprite subito, o guai a voi!
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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioDiventato un ciuchino vero, è portato a vendere, e locompra il direttore di una compagnia di pagliacci perinsegnargli a ballare e a saltare i cerchi; ma una seraazzoppisce e allora lo ricompra un altro, per far con la suapelle un tamburo.
Vedendo che la porta non si apriva, l’Omino la spalancò con un violentissimo calcio: ed entrato che fu nella stanza, disse col suo solito risolino a Pinocchio e a Lucignolo:
– Bravi ragazzi! Avete ragliato bene, e io vi ho subito riconosciuti alla voce. E per questo eccomi qui.