– Perché i ragazzi che non danno retta ai consigli di chi ne sa più di loro, vanno sempre incontro a qualche disgrazia.
– E io l’ho provato! – disse Pinocchio. – Ma ora non ci ricasco più!
– Vedremo se dici il vero.
Senza aggiungere altre parole, il burattino salutò la sua buona Fata, che era per lui una specie di mamma, e cantando e ballando uscì fuori della porta di casa.
In poco più d’un’ora, tutti i suoi amici furono invita-ti. Alcuni accettarono subito e di gran cuore: altri da principio si fecero un po’ pregare; ma quando seppero che i panini da inzuppare nel caffè-e-latte sarebbero stati imburrati anche dalla parte di fuori, finirono tutti col dire: «Verremo anche noi, per farti piacere».
Ora bisogna sapere che Pinocchio, fra i suoi amici e compagni di scuola, ne aveva uno prediletto e carissi-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio mo, il quale si chiamava di nome Romeo: ma tutti lo chiamavano col soprannome di Lucignolo, per via del suo personalino asciutto, secco e allampanato, tale e quale come il lucignolo nuovo di un lumino da notte.
Lucignolo era il ragazzo più svogliato e più birichino di tutta la scuola: ma Pinocchio gli voleva un gran bene.
Difatti andò subito a cercarlo a casa, per invitarlo alla colazione, e non lo trovò: tornò una seconda volta, e Lucignolo non c’era: tornò una terza volta, e fece la strada invano.
Dove poterlo ripescare? Cerca di qua, cerca di là, finalmente lo vide nascosto sotto il portico di una casa di contadini.
– Che cosa fai costì? – gli domandò Pinocchio, avvi-cinandosi.
– Aspetto la mezzanotte, per partire...
– Dove vai?
– Lontano, lontano, lontano!
– E io che son venuto a cercarti a casa tre volte!...
– Che cosa volevi da me?
– Non sai il grande avvenimento? Non sai la fortuna che mi è toccata?
– Quale?
– Domani finisco di essere un burattino e divento un ragazzo come te, e come tutti gli altri.
– Buon pro ti faccia.
– Domani, dunque, ti aspetto a colazione a casa mia.
– Ma se ti dico che parto questa sera.
– A che ora?
– Fra poco.
– E dove vai?
– Vado ad abitare in un paese... che è il più bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!...
– E come si chiama?
– Si chiama il Paese dei Balocchi. Perché non vieni anche tu?
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Io? no davvero!
– Hai torto, Pinocchio! Credilo a me che, se non vieni, te ne pentirai. Dove vuoi trovare un paese più sa-lubre per noialtri ragazzi? Lì non vi sono scuole: lì non vi sono maestri: lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una dome-nica. Figurati che le vacanze dell’autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll’ultimo di dicem-bre. Ecco un paese, come piace veramente a me! Ecco come dovrebbero essere tutti i paesi civili!...
– Ma come si passano le giornate nel Paese dei Balocchi?
– Si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo. Che te ne pare?
– Uhm!... – fece Pinocchio: e tentennò leggermente il capo, come dire: «è una vita che farei volentieri anch’io!».
– Dunque, vuoi partire con me? Sì o no? Risolviti.
– No, no, no e poi no. Oramai ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo perbene, e voglio mantenere la promessa. Anzi, siccome vedo che il sole va sotto, così ti lascio subito e scappo via. Dunque addio e buon viaggio.
– Dove corri con tanta furia?