– Vi dirò... senza avvedermene, mi sono strofinato a un muro, che era imbiancato di fresco, – rispose il burattino, vergognandosi a confessare che lo avevano infarinato come un pesce, per poi friggerlo in padella.
– O della tua giacchetta, dè tuoi calzoncini e del tuo berretto che cosa ne hai fatto?
– Ho incontrato i ladri e mi hanno spogliato.
Dite, buon vecchio, non avreste per caso da darmi un po’ di vestituccio, tanto perché io possa ritornare a casa?
Letteratura italiana Einaudi
111
Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Ragazzo mio, in fatto di vestiti, io non ho che un piccolo sacchetto, dove ci tengo i lupini. Se vuoi, piglialo: eccolo là.
E Pinocchio non se lo fece dire due volte: prese subito il sacchetto dei lupini che era vuoto, e dopo averci fatto colle forbici una piccola buca nel fondo e due buche dalle parti, se lo infilò a uso camicia. E vestito leggerino a quel modo, si avviò verso il paese.
Ma, lungo la strada, non si sentiva punto tranquillo; tant’è vero che faceva un passo avanti e uno indietro e, discorrendo da se solo, andava dicendo:
– Come farò a presentarmi alla mia buona Fatina?
Che dirà quando mi vedrà?... Vorrà perdonarmi questa seconda birichinata?... Scommetto che non me la perdona!... Oh! Non me la perdona di certo...
E mi sta il dovere: perché io sono un monello che prometto sempre di correggermi, e non mantengo mai!...
Arrivò al paese che era già notte buia, e perché faceva tempaccio e l’acqua veniva giù a catinelle, andò diritto diritto alla casa della Fata coll’animo risoluto di bussare alla porta e di farsi aprire.
Ma, quando fu lì, sentì mancarsi il coraggio, e invece di bussare si allontanò, correndo, una ventina di passi.
Si avvicinò una seconda volta alla porta, e non concluse nulla: si avvicinò una terza volta, e nulla: la quarta volta prese, tremando, il battente di ferro in mano, e bussò un piccolo colpettino.
Aspetta, aspetta, finalmente dopo mezz’ora si aprì una finestra dell’ultimo piano (la casa era di quattro piani) e Pinocchio vide affacciarsi una grossa Lumaca, che aveva un lumicino acceso sul capo, la quale disse:
– Chi è a quest’ora?
– La Fata è in casa? – domandò il burattino.
– La Fata dorme e non vuol essere svegliata: ma tu chi sei?
Letteratura italiana Einaudi
112
Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Sono io!
– Chi io?
– Pinocchio.
– Chi Pinocchio?
– Il burattino, quello che sta in casa colla Fata.
– Ah! ho capito, – disse la Lumaca. – Aspettami costì, che ora scendo giù e ti apro subito.
– Spicciatevi, per carità, perché io muoio dal freddo.
– Ragazzo mio, io sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.
Intanto passò un’ora, ne passarono due, e la porta non si apriva: per cui Pinocchio, che tremava dal freddo, dalla paura e dall’acqua che aveva addosso, si fece cuore e bussò una seconda volta, e bussò più forte. A quel secondo colpo si aprì una finestra del piano di sotto e si affacciò la solita Lumaca.
– Lumachina bella, – gridò Pinocchio dalla strada, –
sono due ore che aspetto ! E due ore, a questa seratac-cia, diventano più lunghe di due anni. Spicciatevi, per carità.
– Ragazzo mio – gli rispose dalla finestra quella bestiola tutta pace e tutta flemma, – ragazzo mio, io sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.
E la finestra si richiuse.
Di lì a poco suonò la mezzanotte: poi il tocco, poi le due dopo mezzanotte, e la porta era sempre chiusa.
Allora Pinocchio, perduta la pazienza, afferrò con rabbia il battente della porta per bussare un gran colpo da far rintronare tutto il casamento: ma il battente che era di ferro, diventò a un tratto un’anguilla viva, che sgusciandogli dalle mani sparì nel rigagnolo d’acqua in mezzo alla strada.
– Ah, sì? – gridò Pinocchio sempre più accecato dalla collera. – Se il battente è sparito, io seguiterò a bussare a furia di calci.
E tiratosi un poco indietro, lasciò andare una solen-Letteratura italiana Einaudi