Da allora in poi avevo qualcosa da cercare nei libri: vedere se si ripeteva quel piacere della lettura provato con Kipling» [manoscritto
inedito].
Oltre ad opere letterarie, il giovane Italo legge con interesse le riviste umoristiche ( Bertoldo, Marc’Aurelio, Settebello) di cui lo attrae lo spirito d’ironia sistematica [Rep 84], tanto lontano dalla retorica del regime. Disegna vignette e fumetti; si appassiona al cinema.
«Ci sono stati anni in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari due volte al giorno, ed erano gli anni tra diciamo il Trentasei e la guerra, l’epoca insomma della mia adolescenza» [AS 74].
Per la generazione cui Calvino appartiene, quell’epoca è però destinata a chiudersi anzitempo, e nel più drammatico dei modi.
L’estate in cui cominciavo a prender gusto alla giovinezza, alla società, alle ragazze, ai libri, era il 1938: finì con Chamberlain e Hitler e Mussolini a Monaco. La “belle époque” della Riviera era finita [...]
Con la guerra, San Remo cessò d’essere quel punto d’incontro cosmopolita che era da un secolo (lo cessò per sempre; nel dopoguerra diventò un pezzo di periferia milan-torinese) e ritornarono in primo piano le sue caratteristiche di vecchia cittadina di provincia ligure. Fu, insensibilmente, anche un cambiamento d’orizzonti [Par 60].
1939-40
0
La sua posizione ideologica rimane incerta, sospesa fra il recupero polemico di una scontrosa identità locale, «dialettale», ed un confuso anarchismo. «Fino a quando non scoppiò la seconda guerra mondiale, il mondo mi appariva un arco di diverse gradazioni di moralità e di costume, non contrapposte, ma messe l’una a fianco dell’altra [...] Un quadro come questo non imponeva affatto delle scelte categoriche come può sembrare ora» [Par 60].
Scrive brevi racconti, apologhi, opere teatrali - «tra i 16 e i 20 anni sognavo di diventare uno scrittore di teatro» [Pes 83] - e anche poesiole d’ispirazione montaliana: «Montale fin dalla mia adolescenza è stato il mio poeta e continua ad esserlo [...] Poi sono ligure, quindi ho imparato a leggere il mio paesaggio anche attraverso i libri di Montale» [D’Er 79].
1941-42
Conseguita la licenza liceale (gli esami di maturità sono sospesi a causa della guerra) si iscrive alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino, dove il padre era incaricato di Agricoltura Tropicale, e supera quattro esami del primo anno, senza peraltro inserirsi nella dimensione metropolitana e nell’ambiente universitario; anche le inquietudini che 1
maturavano nell’ambiente dei Guf gli rimangono estranee. É invece nei rapporti personali, e segnatamente nell’amicizia con Eugenio Scalfari (già suo compagno di liceo), che trova stimolo per interessi culturali e politici ancora immaturi, ma vivi.
«A poco a poco, attraverso le lettere e le discussioni estive con Eugenio venivo a seguire il risveglio dell’antifascismo clandestino e ad avere un orientamento nei libri da leggere: leggi Huizinga, leggi Montale, leggi Vittorini, leggi Pisacane: le novità letterarie di quegli anni segnavano le tappe d’una nostra disordinata educazione etico-letteraria» [Par 60].
1943
In gennaio si trasferisce alla Facoltà di Agraria e Forestale della Regia Università di Firenze, dove sostiene tre esami. Le sue opzioni politiche si vanno facendo via via più definite; alla fine di luglio brinda con gli amici alla notizia delle dimissioni di Mussolini [Scalf 85]. Dopo l’otto settembre, renitente alla leva della Repubblica di Salò, passa alcuni mesi nascosto. É questo - secondo la sua testimonianza personale - un periodo di solitudine e di letture intense, che avranno un grande peso nella sua vocazione di scrittore.
2
1944
Dopo aver saputo della morte in combattimento del giovane medico comunista Felice Cascione, chiede a un amico di presentarlo al PCI; poi, insieme al fratello sedicenne, si unisce alla seconda divisione di assalto «Garibaldi» intitolata allo stesso Cascione, che opera sulle Alpi Marittime, teatro per venti mesi di alcuni fra i più aspri scontri tra i partigiani e i nazifascisti. I genitori, sequestrati dai tedeschi e tenuti lungamente in ostaggio, danno prova durante la detenzione di notevole fermezza d’animo.
«La mia scelta del comunismo non fu affatto sostenuta da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessità di partire da una “tabula rasa” e perciò mi ero definito anarchico [...] Ma soprattutto sentivo che in quel momento quello che contava era l’azione; e i comunisti erano la forza più attiva e organizzata» [Par 60].
L’esperienza della guerra partigiana risulta decisiva per la sua formazione umana, prima ancora che politica. Esemplare gli apparirà infatti soprattutto un certo spirito che animava gli uomini della Resistenza: cioè «una attitudine a superare i pericoli e le difficoltà di slancio, un misto di fierezza guerriera e autoironia sulla stessa propria 3
fierezza guerriera, di senso di incarnare la vera autorità legale e di autoironia sulla situazione in cui ci si trovava a incarnarla, un piglio talora un po’ gradasso e truculento ma sempre animato da generosità, ansioso di far propria ogni causa generosa. A distanza di tanti anni, devo dire che questo spirito, che permise ai partigiani di fare le cose meravigliose che fecero, resta ancor oggi, per muoversi nella contrastata realtà del mondo, un atteggiamento umano senza pari»
[GAD 62].
Il periodo partigiano è cronologicamente breve, ma, sotto ogni altro riguardo, straordinariamente intenso.
«La mia vita in quest’ultimo anno è stato un susseguirsi di peripezie
[...] sono passato attraverso una inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato più volte sull’orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto pure di più» [lettera a Scalfari, 6 giugno 1945].
1945
Dopo la Liberazione inizia la «storia cosciente» delle idee di Calvino, che seguiterà a svolgersi, anche durante la militanza nel PCI, 4
attorno al nesso inquieto e personale di comunismo e anarchismo.
Questi due termini, più che delineare una prospettiva ideologica precisa, indicano due complementari esigenze ideali: «Che la verità della vita si sviluppi in tutta la sua ricchezza, al di là delle necrosi imposte dalle istituzioni» e «che la ricchezza del mondo non venga sperperata ma organizzata e fatta fruttare secondo ragione nell’interesse di tutti gli uomini viventi e venturi» [Par 60].
Usufruendo delle facilitazioni concesse ai reduci, in settembre si iscrive al terzo anno della Facoltà di Lettere di Torino, dove si trasferisce stabilmente. «Torino [...] rappresentava per me - e allora veramente era - la città dove movimento operaio e movimento d’idee contribuivano a formare un clima che pareva racchiudere il meglio d’una tradizione e d’una prospettiva d’avvenire» [GAD 62].
Attivista del PCI nella provincia di Imperia, scrive su vari periodici, fra i quali «La Voce della Democrazia» (organo del CLN San Remo),
«La nostra lotta» (organo della sezione sanremese del PCI), «Il Garibaldino» (organo della Divisione Felice Cascione).
Diviene amico di Cesare Pavese, che negli anni seguenti sarà non solo il suo primo lettore - «finivo un racconto e correvo da lui a farglielo leggere. Quando morì mi pareva che non sarei più stato 5
buono a scrivere, senza il punto di riferimento di quel lettore ideale»
[DeM 59] - ma anche un paradigma di serietà e di rigore etico, su cui cercherà di modellare il proprio stile, e perfino il proprio comportamento. Grazie a Pavese presenta alla rivista «Aretusa» di Carlo Muscetta il racconto Angoscia, che esce sul numero di dicembre. In dicembre inizia anche, con l’articolo Liguria magra e ossuta, la sua collaborazione con «Il Politecnico» di Elio Vittorini.
«Quando ho cominciato a scrivere ero un uomo di poche letture, letterariamente ero un autodidatta la cui “didassi” doveva ancora cominciare. Tutta la mia formazione è avvenuta durante la guerra.
Leggevo i libri delle case editrici italiane, quelli di “Solaria” [D’Er 79].
1946