Adesso a Cosimo, sempre pressato dalle richieste del brigante, i libri che riuscivo a procurargli io non bastavano, e dovette andare a cercarsi altri fornitori. Conobbe un mercante di libri ebreo, tale Orbecche, che gli procurava anche opere in più tomi. Cosimo gli andava a bussare alla finestra dai rami d’un carrubo portandogli lepri, tordi e starne appena cacciati in cambio di volumi.
Ma Gian dei Brughi aveva i suoi gusti, non gli si poteva dare un libro a caso, se no l’indomani tornava da Cosimo a farselo cambiare.
Mio fratello era nell’età in cui si comincia a prendere piacere alle letture più sostanziose, ma era costretto ad andarci piano, da quando Gian dei Brughi gli portò indietro Le avventure di Telemaco avvertendolo che se un’altra volta gli dava un libro così noioso, lui gli segava l’albero di sotto.
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Cosimo a questo punto avrebbe voluto separare i libri che voleva leggersi per conto suo con tutta calma da quelli che si procurava solo per prestarli al brigante. Macché: almeno una scorsa doveva darla anche a questi, perché Gian dei Brughi si faceva sempre più esigente e diffidente, e prima di prendere un libro voleva che lui gli raccontasse un po’ la trama, e guai se lo coglieva in fallo. Mio fratello provò a passargli dei romanzetti d’amore: e il brigante arrivava furioso chiedendo se l’aveva preso per una donnicciola. Non si riusciva mai a indovinare quello che gli andava.
Insomma, con Gian dei Brughi sempre alle costole, la lettura per Cosimo, dallo svago di qualche mezz’oretta, diventò l’occupazione principale, lo scopo di tutta la giornata. E a furia di maneggiar volumi, di giudicarli e compararli, di doverne conoscere sempre di più e di nuovi, tra letture per Gian dei Brughi e il crescente bisogno di letture sue, a Cosimo venne una tale passione per le lettere e per tutto lo scibile umano che non gli bastavano le ore dall’alba al tramonto per quel che avrebbe voluto leggere, e continuava anche a buio a lume di lanterna.
Finalmente, scoperse i romanzi di Richardson. A Gian dei Brughi piacquero. Finito uno, ne voleva subito un altro. Orbecche gli procurò 1
una pila di volumi. Il brigante aveva da leggere per un mese. Cosimo, ritrovata la pace, si buttò a leggere le vite di Plutarco.
Gian dei Brughi, intanto, sdraiato sul suo giaciglio, gli ispidi capelli rossi pieni di foglie secche sulla fronte corrugata, gli occhi verdi che gli s’arrossavano nello sforzo della vista, leggeva leggeva muovendo la mandibola in un compitare furioso, tenendo alto un dito umido di saliva per esser pronto a voltare la pagina. Alla lettura di Richardson, una disposizione già da tempo latente nel suo animo lo andava come struggendo: un desiderio di giornate abitudinarie e casalinghe, di parentele, di sentimenti familiari, di virtù, d’avversione per i malvagi e i viziosi. Tutto quel che lo circondava non lo interessava più, o lo riempiva di disgusto. Non usciva più dalla sua tana tranne che per correre da Cosimo a farsi dare il cambio del volume, specie se era un romanzo in più tomi ed era rimasto a mezzo della storia. Viveva così, isolato, senza rendersi conto della tempesta di risentimenti che covava contro di lui anche tra gli abitanti del bosco un tempo suoi complici fidati, ma che ora s’erano stancati di tenersi tra i piedi un brigante inattivo, che si tirava dietro tutta la sbirraglia.
Nei tempi andati, s’erano stretti intorno a lui quanti nei dintorni avevano conti da regolare con la giustizia, magari poca cosa, furterelli 1
abituali, come quei vagabondi stagnatori di pentole, o delitti veri e propri, come i suoi compagni banditi. Per ogni furto o rapina questa gente si giovava della sua autorità ed esperienza, ed anche si faceva scudo del suo nome, che correva di bocca in bocca e lasciava i loro in ombra. E anche chi non prendeva parte ai colpi, godeva in qualche modo della loro fortuna, perché il bosco si riempiva di refurtive e contrabbandi d’ogni specie, che bisognava smaltire o rivendere, e tutti quelli che bazzicavano là intorno trovavano da trafficarci sopra. Chi poi compiva rapine per conto suo, all’insaputa di Gian dei Brughi, si faceva forte di quel nome terribile per mettere paura agli aggrediti e ricavarne il massimo: la gente viveva nel terrore, in ogni malvivente vedeva Gian dei Brughi o uno della sua banda e s’affrettava a sciogliere i cordoni della borsa.
Questi bei tempi erano durati a lungo; Gian dei Brughi aveva visto che poteva campare di rendita, e a poco a poco s’era imminchionito.
Credeva che tutto continuasse come prima, invece gli animi erano mutati e il suo nome non ispirava più nessuna reverenza.
A chi era utile, ormai, Gian dei Brughi? Se ne stava nascosto coi lucciconi agli occhi a leggere romanzi, colpi non ne faceva più, roba non ne procurava, nel bosco nessuno poteva più fare i propri affari, 1
venivano gli sbirri tutti i giorni a cercarlo e per poco che un disgraziato avesse l’aria sospetta lo portavano in guardina. Se si aggiunge la tentazione di quella taglia che aveva sulla testa, appare chiaro che i giorni di Gian dei Brughi erano contati.
Due altri briganti, due giovani che erano stati tirati su da lui e non sapevano rassegnarsi a perdere quel bel capobanda, vollero dargli l’occasione di riabilitarsi. Si chiamavano Ugasso e Bel-Loré ed erano stati da ragazzi nella banda dei ladruncoli di frutta. Adesso, giovanotti, erano diventati briganti di passo.
Dunque, vanno a trovare Gian dei Brughi nella sua caverna. Era lì, sdraiato sulla paglia. - Sì, che c’è? - fece, senza levare gli occhi dalla pagina.
- T’avevamo da proporre una cosa, Gian dei Brughi.
- Mmm... Cosa? - e leggeva.
- Sai dov’è la casa di Costanzo il gabelliere?
- Sì, sì... Eh? Cosa? Chi è il gabelliere?
Bel-Loré e Ugasso si scambiarono uno sguardo contrariato. Se non gli si toglieva quel maledetto libro di sotto gli occhi, il brigante non avrebbe capito nemmeno una parola. - Chiudi un momento il libro, Gian dei Brughi. Stacci a sentire.
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Gian dei Brughi afferrò il libro con ambe le mani, s’alzò in ginocchio, fece per stringerselo al petto tenendolo aperto al segno, poi la voglia di continuare a leggere era troppa e, sempre tenendolo stretto, l’alzò fino a poterci tuffare il naso dentro.
Bel-Loré ebbe un’idea. C’era lì una ragnatela con un grosso ragno.
Bel-Loré sollevò con mani leggere la ragnatela col ragno sopra e la buttò addosso a Gian dei Brughi, tra libro e naso. Questo sciagurato di Gian dei Brughi s’era così rammollito da prendersi paura anche d’un ragno. Si sentì sul naso quel groviglio di gambe di ragno e filamenti appiccicosi, e prima ancora di capire cos’era, diede un gridolino di raccapriccio, lasciò cadere il libro e prese a sventagliarsi le mani davanti al viso, a occhi strabuzzati e bocca sputacchiante.
Ugasso si buttò a terra e riuscì ad afferrare il libro prima che Gian dei Brughi ci ponesse un piede sopra.
- Ridammi quel libro! - disse Gian dei Brughi, cercando con una mano di liberarsi da ragno e ragnatela, e con l’altra di strappare il libro di mano a Ugasso.
- No, prima stacci a sentire! - disse Ugasso nascondendo il libro dietro la schiena.
- Stavo leggendo Clarissa. Ridatemelo! Ero nel momento 1
culminante...
- Sta’ a sentire. Noi portiamo stasera un carico di legna a casa del gabelliere. Nel sacco, invece della legna, ci sei tu. Quando è notte, esci dal sacco...
- E io voglio finire Clarissa! - Era riuscito a liberarsi le mani dagli ultimi resti della ragnatela e cercava di lottare coi due giovani.
- Sta’ a sentire... Quando è notte esci dal sacco, armato delle tue pistole, ti fai dare dal gabelliere tutto il ricavato delle gabelle della settimana, che lui tiene nel forziere a capo del letto...
- Lasciatemi almeno finire il capitolo... Siate bravi...
I due giovani pensavano ai tempi in cui, al primo che osava contraddirlo, Gian dei Brughi puntava due pistole nello stomaco. Li prese una amara nostalgia. - Tu prendi i sacchi di denari, va bene?
-insistettero, tristemente, - ce li porti, noi ti ridiamo il tuo libro e potrai leggere quanto vorrai. Va bene così? Ci vai?
- No. Non va bene. Non ci vado!
- Ah non ci vai... Ah non ci vai, dunque... Sta’ a vedere, allora! - e Ugasso prese una pagina verso la fine del libro, (- No! - urlò Gian dei Brughi), la strappò, (- No! ferma! -), l’appallottolò, la buttò nel fuoco.
- Aaah! Cane! Non puoi fare così! Non saprò più come va a finire! -