Cosimo scrollò appena il melograno. Lo sciame di migliaia di api si staccò come una foglia, cascò nell’arnia, e il Cavaliere la tappò con una tavola. - Ecco fatto.
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Così nacque tra Cosimo e il Cavalier Avvocato un’intesa, una collaborazione che si poteva pur chiamare una specie d’amicizia, se amicizia non sembrasse termine eccessivo, riferito a due persone così poco socievoli.
Anche sul terreno dell’idraulica, mio fratello ed Enea Silvio finirono per incontrarsi. Ciò può parer strano, perché chi sta sugli alberi difficilmente ha a che fare con pozzi e canali; ma v’ho detto di quel sistema di fontana pensile che Cosimo aveva escogitato, con una corteccia di pioppo che portava l’acqua d’una cascata fin tra i rami d’una quercia. Ora, al Cavalier Avvocato, pur così distratto, nulla sfuggiva che si muovesse nelle vene d’acqua di tutta la campagna. Da sopra la cascata, nascosto dietro un ligustro, spiò Cosimo tirar fuori la conduttura di tra le fronde della quercia (dove la riponeva quando non gli serviva, per quell’usanza dei selvatici, subito divenuta anche sua, di nascondere tutto), appoggiarla a una forcella della quercia e dall’altra parte a certe pietre dello strapiombo, e bere.
A quella vista, chissà cosa mai frullò in capo al Cavaliere: fu preso da uno dei suoi rari momenti d’euforia. Sbucò fuori dal ligustro, battè le mani, fece due o tre balzi che pareva saltasse alla corda, spruzzò dell’acqua, per poco non imboccò la cascata e non volò giù dal 9
precipizio. E cominciò a spiegare al ragazzo l’idea che aveva avuta.
L’idea era confusa e la spiegazione confusissima: il Cavalier Avvocato d’ordinario parlava in dialetto, per modestia più ancora che per ignoranza della lingua, ma in questi improvvisi momenti d’eccitazione dal dialetto passava direttamente al turco, senz’accorgersene, e non si capiva più niente.
A farla breve: gli era venuta l’idea d’un acquedotto pensile, con una conduttura sostenuta appunto dai rami degli alberi, che avrebbe permesso di raggiungere il versante opposto della valle, gerbido, ed irrigarlo. E il perfezionamento che Cosimo, subito secondando il suo progetto, gli suggerì: d’usare in certi punti dei tronchi di conduttura bucherellati, per far piovere sui semenzai, lo mandò in visibilio addirittura.
Corse a rintanarsi nel suo studio, a riempire fogli e fogli di progetti.
Anche Cosimo ci s’impegnò, perché ogni cosa che si potesse fare sugli alberi gli piaceva, e gli pareva venisse a dare una nuova importanza e autorità alla sua posizione lassù; e in Enea Silvio Carrega gli sembrò d’aver trovato un insospettato compagno. Si davano appuntamento su certi alberi bassi; il Cavalier Avvocato ci saliva con la scala a triangolo, le braccia ingombre di rotoli di disegni; e discutevano per 9
ore gli sviluppi sempre più complicati di quell’acquedotto.
Ma non si passò mai alla fase pratica. Enea Silvio si stancò, diradò i suoi colloqui, con Cosimo, non completò mai i disegni, dopo una settimana doveva essersene già dimenticato. Cosimo non rimpianse la cosa: s’era presto accorto che per la sua vita diventava una fastidiosa complicazione e nient’altro.
Era chiaro che nel campo dell’idraulica il nostro zio naturale avrebbe potuto fare molto di più. La passione ce l’aveva, il particolare ingegno necessario a quel ramo di studio non gli mancava; però non sapeva realizzare: si perdeva, si perdeva, finché ogni proposito non finiva in niente, come acqua mal incanalata che dopo aver girato per un po’ venisse risucchiata da un terreno poroso. La ragione forse era questa: che mentre all’apicoltura poteva dedicarsi per conto suo, quasi in segreto, senz’aver a che fare con nessuno, fiorendo ogni tanto in un regalo di miele e cera che nessuno gli aveva chiesto, queste opere di canalizzazione invece le doveva fare tenendo conto degli interessi di questo e di quello, subendo i pareri e gli ordini del Barone o di chiunque altro gli commissionava il lavoro. Timido e irresoluto Com’era, non s’opponeva mai alla volontà altrui, ma presto si disamorava del lavoro e lo lasciava perdere.
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Lo si poteva vedere a tutte le ore, in mezzo a un campo, con uomini armati di pale e zappe, lui con un metro a canna e il foglio arrotolato d’una mappa, dar ordini per scavare un canale e misurare il terreno coi suoi passi, che essendo cortissimi doveva allungare in maniera esagerata. Faceva incominciare a scavare in quel posto, poi in un altro, poi interrompere, e si rimetteva a prendere misure. Veniva sera e così si sospendeva. Era difficile che all’indomani decidesse di riprendere il lavoro in quel punto. Non si faceva più trovare per una settimana.
D’aspirazioni, impulsi, desideri era fatta la sua passione per l’idraulica. Era un ricordo che egli aveva in cuore, le bellissime, ben irrigate terre del Sultano, orti e giardini in cui egli doveva esser stato felice, il solo tempo veramente felice della sua vita; e a quei giardini di Barberia o Turchia andava di continuo comparando le campagne d’Ombrosa, ed era spinto a correggerle, a cercare d’identificarle col suo ricordo, e la sua arte essendo l’idraulica, in essa concentrava questo desiderio di mutamento, e di continuo si scontrava con una realtà diversa, e ne restava deluso.
Praticava anche la rabdomanzia, non visto, perché erano ancora i tempi in cui quelle strane arti potevano attirare il pregiudizio di stregoneria. Una volta Cosimo lo scoperse in un prato che faceva pi-9
roette protendendo una verga forcuta. Doveva essere anche quello un tentativo di ripetere qualcosa visto fare ad altri e di cui egli non aveva alcuna pratica, perché non ne venne fuori niente.
A Cosimo, comprendere il carattere di Enea Silvio Carrega giovò in questo: che capì molte cose sullo star soli che poi nella vita gli servirono. Direi che si portò sempre dietro l’immagine stranita del Cavalier Avvocato, ad avvertimento di un modo come può diventare l’uomo che separa la sua sorte da quella degli altri, e riuscì a non somigliargli mai.
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XII
Alle volte Cosimo era svegliato nella notte da grida di - Aiuto! I briganti! Rincorreteli!
Per gli alberi, si dirigeva svelto al luogo donde quelle grida provenivano. Era magari un casolare di piccoli proprietari, e una famigliola mezzo spogliata era lì fuori con le mani sul capo.
- Ahinoi, ahinoi, è venuto Gian dei Brughi e ci ha portato via tutto il ricavato del raccolto! S’affollava gente.
- Gian dei Brughi? Era lui? L’avete visto?
- Era lui! Era lui! Aveva una maschera in faccia, una pistola lunga così, e gli venivano dietro altri due mascherati, e lui li comandava! Era 9
Gian dei Brughi!
- E dov’è? Dov’è andato?
- Eh, sì, bravo, piglialo Gian dei Brughi! Chissà dov’è, a quest’ora!
Oppure chi gridava era un viandante lasciato in mezzo alla strada, derubato di tutto, cavallo, borsa, mantello e bagaglio. - Aiuto! Alla rapina! Gian dei Brughi!
- Com’è andata? Diteci!
- È saltato di là, nero, barbuto, a schioppo spianato, per poco non son morto!
- Presto! Inseguiamolo! Da che parte è scappato?
- Di qua! No, forse di là! Correva come il vento! Cosimo s’era messo in testa di vedere Gian dei Brughi. Percorreva il bosco in lungo e in largo dietro alle lepri o agli uccelli, incitando il bassotto: - Cerca, cerca. Ottimo Massimo! - Ma quello che lui avrebbe voluto stanare era il bandito in persona, e non per fargli o dirgli nulla, solo per vedere in faccia una persona tanto nominata. Invece, mai gli era riuscito d’incontrarlo, neanche stando in giro magari tutta una notte. «Vorrà dire che stanotte non è uscito», si diceva Cosimo; invece al mattino, di qua o di là della vallata, c’era un crocchio di gente alla soglia d’una casa o a una svolta di strada che commentava la nuova rapina. Cosimo 0
accorreva, e stava a orecchi spalancati a sentire quelle storie.
- Ma tu che stai sempre su per gli alberi del bosco, - gli disse una volta qualcuno, - non l’hai mai visto, Gian dei Brughi?
Cosimo si vergognò molto. - Mah... mi par di no...
- E come vuoi che l’abbia visto? - interloquì un altro, - Gian dei Brughi ha dei nascondigli che nessuno può trovare, e cammina per strade che nessuno conosce!
- Con la taglia che ha sulla testa, chi l’acchiappa può star bene tutta la vita!
- Già! Ma quelli che sanno dov’è, hanno conti da regolare con la giustizia quasi quanto lui, e se si fanno avanti finiscono dritti sulla forca anche loro!