Dunque leggeva il Gil Blas di Lesage, tenendo con una mano il libro e con l’altra il fucile. Ottimo Massimo, cui non piaceva che il padrone leggesse, girava intorno cercando pretesti per distrarlo: ab-baiando per esempio a una farfalla, per vedere se riusciva a fargli puntare il fucile.
Ed ecco, giù dalla montagna, per il sentiero, veniva correndo e ansando un uomo barbuto e malmesso, disarmato, e dietro aveva due sbirri a sciabole sguainate che gridavano: - Fermatelo! È Gian dei Brughi! L’abbiamo stanato, finalmente!
Ora il brigante aveva preso un po’ di distacco dagli sbirri, ma se 0
continuava a muoversi impacciato come chi ha paura di sbagliare strada o di cadere in qualche trappola, li avrebbe riavuti presto alle calcagna. Il noce di Cosimo non offriva appiglio a chi volesse arrampicarcisi, ma egli aveva lì sul ramo una fune di quelle che si portava sempre dietro per superare i passi diffìcili. Ne buttò un capo a terra e legò l’altro al ramo. Il brigante si vide cadere quella corda quasi sul naso, si torse le mani un momento nell’incertezza, poi s’attaccò alla corda e s’arrampicò rapidissimo, rivelandosi uno di quegli incerti impulsivi o impulsivi incerti che sembra sempre non sappiano cogliere il momento giusto e invece l’azzeccano ogni volta.
Arrivarono gli sbirri. La corda era già stata tirata su e Gian dei Brughi era accanto a Cosimo tra le fronde del noce. C’era un bivio. Gli sbirri presero uno di qua e uno di là, poi si ritrovarono, e non sapevano più dove andare. Ed ecco che s’imbatterono in Ottimo Massimo che scodinzolava nei paraggi.
- Ehi, - disse uno degli sbirri all’altro, - questo non è il cane del figlio del Barone, quello che sta sulle piante? Se il ragazzo è qua intorno potrà dirci qualcosa.
- Sono quassù! - gridò Cosimo. Ma lo gridò non dal noce dov’era prima e dov’era nascosto il brigante: s’era rapidamente spostato su un 0
castagno lì di fronte, cosicché gli sbirri alzarono subito il capo in quella direzione senza mettersi a guardare sugli alberi intorno.
- Bondì, Signoria, - fecero, - non avrebbe per caso visto correre il brigante Gian dei Brughi?
- Chi fosse non so, - rispose Cosimo, - ma se cercate un omino che correva, ha preso di là verso il torrente...
- Un omino? È un tronco d’uomo che mette paura...
- Be’, di quassù sembrate tutti piccoli...
- Grazie, Signoria! - e tagliarono giù verso il torrente.
Cosimo tornò sul noce e riprese a leggere il Gil Blas. Gian dei Brughi era sempre abbracciato al ramo, pallido in mezzo ai capelli e alla barba ispidi e rossi proprio come brughi, con impigliati foglie secche, ricci di castagna e aghi di pino. Squadrava Cosimo con due occhi verdi, tondi e smarriti; brutto, era brutto.
- Sono andati? - si decise a domandare.
- Sì, sì, - disse Cosimo, affabile. - Lei è il brigante Gian dei Brughi?
- Come mi conosce?
- Eh, così, di fama.
- E lei è quello che non scende mai dagli alberi?
- Sì. Come lo sa?
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- Be’, anch’io, la fama corre.
Si guardarono con cortesia, come due persone di riguardo che s’incontrano per caso e sono contente di non essere sconosciute l’una all’altra.
Cosimo non sapeva cos’altro dire, e si rimise a leggere.
- Cosa legge di bello?
- Il Gil Blas di Lesage.
- È bello?
- Eh sì.
- Le manca tanto a finirlo?
- Perché? Be’, una ventina di pagine.
- Perché quando l’aveva finito volevo chiederle se me lo prestava, -
sorrise, un po’ confuso. - Sa, passo le giornate nascosto, non si sa mai cosa fare. Avessi un libro ogni tanto, dico. Una volta ho fermato una carrozza, poca roba, ma c’era un libro e l’ho preso. Me lo sono portato su, nascosto sotto la giubba; tutto il resto del bottino avrei dato, pur di tenermi quel libro. La sera, accendo la lanterna, vado per leggere... era in latino! Non ci capivo una parola... - Scosse il capo. - Vede, io il latino non lo so...
- E be’, latino, caspita, è duro, - disse Cosimo, e sentì che suo 0
malgrado stava prendendo un’aria protettiva. - Questo qui è in francese...
- Francese, toscano, provenzale, castigliano, lì capisco tutti, - disse Gian dei Brughi. - Anche un po’ il catalano: Bon dia! Bona nit! Està la mar mòlt alborotada.
In mezz’ora Cosimo finì il libro e lo prestò a Gian dei Brughi.
Così cominciarono i rapporti tra mio fratello e il brigante. Appena Gian dei Brughi aveva finito un libro, correva a restituirlo a Cosimo, ne prendeva in prestito un altro, scappava a rintanarsi nel suo rifugio segreto, e sprofondava nella lettura.
A Cosimo i libri li procuravo io, dalla biblioteca di casa, e quando li aveva letti me li ridava. Ora cominciò a tenerli più a lungo, perché dopo letti li passava a Gian dei Brughi, e spesso tornavano spelacchiati nelle rilegature, con macchie di muffa, striature di lumaca, perché il brigante chissà dove li teneva.
In giorni stabiliti Cosimo e Gian dei Brughi si davano convegno su di un certo albero, si scambiavano il libro e via, perché il bosco era sempre battuto dagli sbirri. Quest’operazione così semplice era molto pericolosa per entrambi: anche per mio fratello, che non avrebbe potuto certo giustificare la sua amicizia con quel criminale! Ma a Gian 0
dei Brughi era presa una tal furia di letture, che divorava romanzi su romanzi e, stando tutto il giorno nascosto a leggere, in una giornata mandava giù certi tomi che mio fratello ci aveva messo una settimana, e allora non c’era verso, ne voleva un altro, e se non era il giorno stabilito si buttava per le campagne alla ricerca di Cosimo, spaventando le famiglie nei casolari e facendo muovere sulle sue tracce tutta la forza pubblica d’Ombrosa.