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e correva dietro a Ugasso per acchiappare il libro.

- Allora ci vai dal gabelliere?

- No, non ci vado!

Ugasso strappò altre due pagine.

- Sta’ fermo! Non ci sono ancora arrivato! Non puoi bruciarle!

Ugasso le aveva già buttate nel fuoco.

- Cane! Clarissa, no!

- Allora, ci vai?

- Io...

Ugasso strappò altre tre pagine e le cacciò nelle fiamme.

Gian dei Brughi si buttò a sedere col viso nelle mani. - Andrò, -

disse. - Ma promettetemi che m’aspetterete col libro fuori della casa del gabelliere.

Il brigante fu nascosto in un sacco, con una fascina sulla testa. Bel-Loré portava il sacco sulle spalle. Dietro veniva Ugasso col libro.

Ogni tanto, quando Gian dei Brughi con uno scalciare o un grugnire da dentro il sacco mostrava d’essere sul punto di pentirsi, Ugasso gli faceva sentire il rumore di una pagina strappata e Gian dei Brughi si rimetteva subito a star calmo.

Con questo sistema lo portarono, travestiti da legnaioli, fin dentro la 1

casa del gabelliere e lo lasciarono lì. S’andarono ad appostare poco discosto, dietro un olivo, attendendo l’ora in cui, compiuto il colpo, doveva raggiungerli.

Ma Gian dei Brughi aveva troppa fretta, uscì prima di buio, per casa c’era ancora troppa gente. - In alto le mani! - Ma non era più quello di una volta, era come si vedesse dal di fuori, si sentiva un po’ ridicolo. -

In alto le mani, ho detto... Tutti in questa stanza, contro il muro... -

Macché: non ci credeva più neanche lui, faceva così tanto per fare. -Ci siete tutti? - Non s’era accorto che era scappata una bambina.

Comunque, era un lavoro da non perdere un minuto. Invece la tirò in lungo, il gabelliere faceva il tonto, non trovava la chiave, Gian dei Brughi capiva che non lo prendevano più sul serio, e in fondo in fondo era contento che così avvenisse.

Uscì, finalmente, con le braccia cariche di borse di scudi. Corse quasi alla cieca all’olivo fissato per il convegno. - Ecco tutto quel che c’era! Ridatemi Clarissa!

Quattro, sette, dieci braccia si gettarono su di lui, l’immobilizzarono dalle spalle alle caviglie. Era sollevato di peso da una squadra di sbirri e legato come un salame. - Clarissa la vedrai a scacchi! - e lo condussero in prigione.

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La prigione era una torretta sulla riva del mare. Una macchia di pinastri le cresceva dappresso. D’in cima a uno di questi pinastri, Cosimo arrivava quasi all’altezza della cella di Gian dei Brughi e vedeva il suo viso all’inferriata.

Al brigante non importava nulla degli interrogatori e del processo; comunque andasse, l’avrebbero impiccato; ma il suo pensiero erano quelle giornate vuote lì in prigione, senza poter leggere, e quel romanzo lasciato a mezzo. Cosimo riuscì a procurarsi un’altra copia di Clarissa e se la portò sul pino.

- Dov’eri arrivato?

- Quando Clarissa scappa dalla casa di malaffare!

Cosimo scartabellò un poco, e poi: - Ah, sì, ecco. Dunque -: e cominciò a leggere ad alta voce, rivolto verso l’inferriata, alla quale si vedevano aggrappate le mani di Gian dei Brughi.

L’istruttoria andò per le lunghe; il brigante resisteva ai tratti di corda; per fargli confessare ognuno dei suoi innumerevoli delitti ci volevano giornate e giornate. Così ogni giorno, prima e dopo gli interrogatori se ne stava ad ascoltare Cosimo che gli faceva la lettura.

Finita Clarissa, sentendolo un po’ rattristato, Cosimo si fece l’idea che Richardson, così al chiuso, fosse un po’ deprimente; e preferì 1

cominciare a leggergli un romanzo di Fielding, che con la vicenda movimentata lo ripagasse un poco della libertà perduta. Erano i giorni del processo, e Gian dei Brughi aveva mente solo ai casi di Jonathan Wild.

Prima che il romanzo fosse finito, venne il giorno dell’esecuzione.

Sul carretto, in compagnia d’un frate, Gian dei Brughi fece l’ultimo suo viaggio da vivente. Le impiccagioni a Ombrosa si facevano a un’alta quercia in mezzo alla piazza. Intorno tutto il popolo faceva cerchio.

Quand’ebbe il cappio al collo, Gian dei Brughi sentì un fischio di tra i rami. Alzò il viso. C’era Cosimo col libro chiuso.

- Dimmi come finisce, - fece il condannato.

- Mi dispiace di dirtelo, Gian, - rispose Cosimo, - Gionata finisce appeso per la gola.

- Grazie. Così sia di me pure! Addio! - e lui stesso calciò via la scala, restando strozzato.

La folla, quando il corpo cessò di dibattersi, andò via. Cosimo rimase fino a notte, a cavalcioni del ramo da cui pendeva l’impiccato.

Ogni volta che un corvo si avvicinava per mordere gli occhi o il naso al cadavere, Cosimo lo cacciava agitando il berretto.

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