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Gli Stati, le Teocrazie, gli Eserciti organizzati sono naturalmente piú forti del popolo sparso dei contadini: questi devono perciò rassegnarsi ad essere dominati: ma non possono sentire come proprie le glorie e le imprese di quella civiltà, a loro radicalmente nemica. Le sole guerre che tocchino il loro cuore sono quelle che essi hanno combattuto per difendersi contro quella civiltà, contro la Storia, e gli Stati, e la Teocrazia e gli Eserciti.

Sono le guerre combattute sotto i loro neri stendardi, senz’ordine militare, senz’arte e senza speranza: guerre infelici e destinate sempre ad essere perdute; feroci e disperate, e incomprensibili agli storici.

I contadini di Gagliano non si appassionavano alla conquista dell’Abissinia, non si ricordavano piú della guerra mondiale e non parlavano dei suoi morti: ma una guerra era in cima ai cuori di tutti, e su tutte le bocche, trasformata già in leggenda, in fiaba, in racconto epico, in mito: il brigantaggio. La guerra dei briganti è praticamente finita nel 1865; erano dunque passati settant’an-ni, e soltanto pochi vecchissimi potevano esserci stati, partecipi o testimoni, e in grado di ricordate personalmente quelle imprese. Ma tutti, vecchi e giovani, uomini e donne, ne parlavano come di cosa di ieri, con una passione presente e viva. Quando conversavo con i contadini, potevo esser certo che, qualunque fosse l’argomento del discorso, saremmo presto scivolati, in qualche mo-do, a parlare dei briganti. Tutto li ricorda: non c’è monte, burrone, bosco, pietra, fontana o grotta, che non sia legata a qualche loro impresa memorabile, o che non abbia servito di rifugio o di nascondiglio; non c’è luogo na-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli scosto che non gli servisse di ritrovo; non c’è cappelletta in campagna dove non lasciassero le loro lettere minato-rie e non aspettassero i riscatti. I luoghi, come la Fossa del Bersagliere, hanno preso nome da loro o dai loro fatti. Non c’è famiglia che non abbia parteggiato, allora, per i briganti o contro i briganti; che non abbia avuto qualcuno, con loro, alla macchia, che non ne abbia ospi-tato o nascosto, o che non abbia avuto qualche parente massacrato o qualche raccolto incendiato da loro. A quel tempo risalgono gli odi che dividono il paese, tra-mandati per le generazioni, e sempre attuali. Ma, salvo poche eccezioni, i contadini erano tutti dalla parte dei briganti, e, col passare del tempo, quelle gesta che avevano cosí vivamente colpito le loro fantasie, si sono in-dissolubilmente legate agli aspetti familiari del paese, so-no entrate nel discorso quotidiano, con la stessa naturalezza degli animali e degli spiriti, sono cresciute nella leggenda e hanno assunto la verità certa del mito.

Non intendo, qui, fare un elogio del brigantaggio, come pare che sia diventato di moda, da qualche tempo, da parte di letterati estetizzanti, o di politici in malafede.

Giudicato da un punto di vista storico, nel complesso del Risorgimento italiano, il brigantaggio non può essere difeso. Da un punto di vista liberale e «progressista», quello appare l’ultimo sussulto del passato, che andava spietatamente stroncato, un movimento funesto e feroce, nemico dell’unità, della libertà e della vita civile. E lo fu realmente, nella sua realtà di guerra fomentata e alimentata dai Borboni, dalla Spagna, e dal Papa, per i loro particolari motivi. Ma il brigantaggio dei contadini è un altro: a guardarlo da quel punto di vista non solo non si può giustificarlo, ma non si riesce nemmeno ad inten-derlo. Del resto, neanche i contadini lo giudicano e lo difendono, e quando ne parlano con tanta passione, non se ne gloriano. I suoi motivi storici, e gli interessi dei Borboni e del Papa o dei feudatari, essi non li conosco-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli no. Anche per loro, quella è una storia triste, desolata e raccapricciante. Soltanto, sta ad essi nel cuore; fa parte della loro vita, è il fondo poetico della loro fantasia, è la loro cupa, disperata, nera epopea. Anche il loro aspetto, oggi, richiama l’immagine antica del brigante: oscuri, chiusi, solitari, aggrondati, col cappello nero e il vestito nero, e, d’inverno, il mantello; sempre armati, quando vanno nei campi, con il fucile e la scure. Il loro cuore è mite, e l’animo paziente. Secoli di rassegnazione pesano sulle loro schiene, e il senso della vanità delle cose, e della potenza del destino. Ma quando, dopo infinite sop-portazioni, si tocca il fondo del loro essere, e si muove un senso elementare di giustizia e di difesa, allora la loro rivolta è senza limiti, e non può conoscere misura. È una rivolta disumana, che parte dalla morte e non conosce che la morte, dove la ferocia nasce dalla disperazione. I briganti difendevano, senza ragione e senza speranza, la libertà e la vita dei contadini, contro lo Stato, contro tutti gli Stati. Per loro sventura si trovarono ad essere inconsapevoli strumenti di quella Storia che si svolgeva fuori di loro, contro di loro; a. difendere la causa cattiva, e furono sterminati. Ma, coi brigantaggio, la civiltà contadina difendeva la propria natura, contro quell’altra civiltà che le sta contro e che, senza comprenderla, eternamente la assoggetta: perciò, istintivamente, i contadini vedono nei briganti i loro eroi. La civiltà contadina è una civiltà senza Stato, e senza esercito: le sue guerre non possono essere che questi scoppi di rivolta; e sono sempre, per forza, delle disperate sconfitte; ma essa continua tuttavia, eternamente, la sua vita, e dà ai vincitori i frutti della terra, ed impone le sue misure, i suoi dèi terrestri, e il suo linguaggio.

Parlavo con i contadini, e ne guardavo i visi, e le forme: piccoli, neri, con le teste rotonde, i grandi occhi e le labbra sottili, nel loro aspetto arcaico essi non avevano nulla dei romani, né dei greci, né degli etruschi, né dei Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli normanni, né degli altri popoli conquistatori passati sulla loro terra, ma mi ricordavano le figure italiche antichissime. Pensavo che la loro vita, nelle identiche forme di oggi si svolgeva uguale nei tempi piú remoti, e che tutta la storia era passata su di loro senza toccarli. Delle due Italie che vivono insieme sulla stessa terra, questa dei contadini è certamente quella piú antica, che non si sa donde sia venuta, che forse c’è stata sempre. Humi-lemque vidimus Italiam: questa era l’umile Italia, come appariva ai conquistatori asiatici, quando sulle navi di Enea doppiavano il capo di Calabria. E pensavo che si dovrebbe scrivere una storia di questa Italia, se è possibile scrivere una storia di quello che non si svolge nel tempo: la sola storia di quello che è eterno e immutabile, una mitologia. Questa Italia si è svolta nel suo nero silenzio, come la terra, in un susseguirsi di stagioni uguali e di uguali sventure, e quello che di esterno è passato su di lei, non ha lasciato traccia, e non conta. Soltanto alcune volte essa si è levata per difendersi da un pericolo mortale, e queste sole, e naturalmente fallite, sono le sue guerre nazionali. La prima di esse è quella di Enea. Una storia mitologica deve avere delle fonti mitologiche; e in questo senso, Virgilio è un grande storico. I conquistatori fenici, che venivano da Troia, portavano con sé tutti i valori opposti a quelli della antica civiltà contadina.

Portavano la religione e lo Stato, e la religione dello Stato. La pietas di Enea non poteva essere capita dagli antichi italiani, che vivevano nei campi con gli animali. E

portavano l’esercito, le armi, gli scudi, l’araldica e la guerra. La loro religione era feroce, comportava i sacrifici umani: sulla pira di Pallante, il pio Enea sgozza i pri-gionieri, come sacrificio ai suoi dèi dello Stato. Ma quegli italiani antichissimi invece, erano contadini senza religione e senza sacrificio. Quando i troiani furono in Italia, trovarono dunque una irreducibile ostilità negli abitanti della terra, derivante dalla assoluta differenza di Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli civiltà. E difatti, Enea si trovò degli alleati nelle sole popolazioni non contadine, negli etruschi, anch’essi venuti, come lui, dall’oriente, anch’essi forse, come lui, semi-tici, e anch’essi retti a teocrazia militare. E, con l’aiuto di questi alleati, cominciò la guerra. Da un lato c’era un esercito, con armi splendenti forgiate dagli dèi; dall’altro, come le descrive Virgilio, c’erano delle bande di contadini, a cui nessun dio aveva dato delle armi, ma che impugnavano a propria difesa le scuri, le falci e i coltelli del loro lavoro quotidiano. Erano anch’essi dei briganti, pieni di valore, e, ahimè, non potevano vincere.

L’Italia fu assoggettata, quell’umile Italia per cui morí la vergine Cammilla

Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Poi venne Roma, e perfezionò la teocrazia statale e militare dei suoi fondatori troiani, che, vincitori, avevano però dovuto accogliere la lingua e il costume dei vinti. E Roma si urtò anch’essa nella difesa contadina, e la lunga serie delle guerre italiche fu il piú duro ostacolo al suo cammino. Anche qui gli italiani dovevano militar-mente perdere, ma salvarono tuttavia la loro natura, e non si mescolarono ai vincitori. Dopo questa seconda guerra nazionale, la civiltà contadina, chiusa nell’ordine romano, restò come addormentata nella sua pazienza.

La civiltà feudale che, col passare di secoli, di eventi e di genti diverse, seguí, non era certo una civiltà di contadini: ma tuttavia era legata alla terra, ai confini del feudo, e perciò meno contraddittoria al non-Stato rurale. Si può dunque capire perché gli Svevi siano ancora oggi cosí popolari presso i contadini, che parlano di Corradino come di un loro eroe nazionale, e ne piangono la morte. Certo, dopo la sua caduta, questa terra, che allora fioriva, entrò nella piú triste rovina.

La quarta guerra nazionale dei contadini è il brigantaggio. Anche qui, l’umile Italia storicamente aveva tor-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli to, e doveva perdere. Non aveva armi forgiate da Vulca-no, né cannoni, come l’altra Italia. E non aveva dèi: che cosa poteva fare una povera Madonna dal viso nero contro lo Stato Etico degli hegeliani di Napoli? Il brigantaggio non è che un accesso di eroica follia, e di ferocia disperata: un desiderio di morte e di distruzione, senza speranza di vittoria. – Vorrei che il mondo avesse un so-lo cuore; glielo strapperei, – disse un giorno Caruso, uno dei piú tremendi capibanda.

Questo desiderio cieco di distruzione, questa volontà di annichilimento, sanguinosa e suicida, cova per secoli sotto la mite pazienza della fatica quotidiana. Ogni rivolta contadina prende questa forma, sorge da una volontà elementare di giustizia, nascendo dal nero lago del cuore. Dopo il brigantaggio, queste terre hanno ritrovato una loro funebre pace; ma ogni tanto, in qualche paese, i contadini, che non possono trovare nessuna espressione nello Stato, e nessuna difesa nelle leggi, si levano per la morte, bruciano il municipio o la caserma dei carabinieri, uccidono i signori, e poi partono, rassegnati, per le prigioni.

Di veri briganti, di quelli del ’6o, non ce n’è quasi piú.

Uno ne vive, mi raccontò la Giulia, qui vicino, a Missa-nello. È un vecchio di novant’anni, con una gran barba bianca, ed è un santo. Era stato un temuto capo di bande. Ora vive nel paese, onorato dai contadini come un patriarca; si ricorre a lui per consigli in tutti i casi difficili della vita. Mi dispiace di non essere mai potuto andare a conoscerlo. Un altro lo incontrai un giorno a Grassano. Ero nella bottega di Antonino Roselli, il mio segretario-barbiere-flautista, e mi facevo radere, quando entrò un vecchio robusto dal viso colorito, dai grossi baffi bianchi e dal portamento fiero, dagli arditi occhi azzurri, vestito di velluto alla cacciatora: non l’avevo mai visto in paese. Rimase, aspettando il suo turno, a fumare la pi-pa, e mi chiese chi ero. – Un esiliato? – mi disse anche Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli lui, come gli altri, quando gli ebbi risposto. – A Roma non ti vogliono bene –. Gli chiesi quanti anni avesse: –

Molti, – mi disse, – ero giovane al tempo dei briganti.

Avevo quindici anni, quando, con mio fratello, ammaz-zammo il carabiniere. Hai visto quella quercia vecchia, che è sulla strada, un duecento metri prima di arrivare in paese? Fu là che lo incontrammo, e voleva fermarci, e fummo costretti a ucciderlo. Il corpo lo nascondemmo nel fosso: ma lo trovarono presto. Mio fratello lo presero subito, e morí qualche anno dopo, nelle carceri di Napoli. Io mi nascosi in paese. Rimasi, vestito da donna, per sette mesi, proprio qui, nella stanza che è sopra questa bottega di Antonino. Poi mi scoprirono: ma, siccome ero cosí giovane, me la cavai con quattro anni –. Il vecchio brigante era contento e in pace con se stesso: quell’antico omicidio non gli pesava sulla coscienza, lo raccontava come un’azione inevitabile e naturale. Era la guerra.

– Vede quel signore che passa ora sulla strada? – mi diceva il barbiere, mostrandomelo attraverso la porta aperta. – È don Pasquale, un proprietario. Suo nonno aveva una grossa masseria, e quando vennero i briganti, non volle dar nulla, né grano né bestie. I briganti allora gli bruciarono la casa in campagna; e lui, peggio, si mise con i carabinieri a far la posta. Allora i briganti lo presero, e mandarono a dire a sua moglie che, se lo rivoleva, doveva pagare la taglia, cinquemila lire, entro due giorni.

La famiglia non voleva tirar fuori il denaro, speravano di farlo liberare dai soldati. Il terzo giorno, arriva alla moglie una busta. Dentro c’era un orecchio di suo marito.

I briganti tagliavano le orecchie, il naso e la lingua dei signori, per farsi pagare i riscatti. I soldati tagliavano la testa ai briganti che riuscivano ad acciuffare, e le attacca-vano su dei pali, nei paesi, perché servissero di esempio.

Cosí continuava questa guerra di distruzione. Il terreno su questi monti d’argilla, è tutto scavato di buche e di Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli grotte naturali. Qui si riparavano i briganti e qui, negli alberi cavi delle foreste, nascondevano i denari delle taglie e quelli rapinati nelle case dei ricchi. Quando le bande furono disperse, e i briganti tutti uccisi o imprigiona-ti, quei tesori nascosti rimasero nella terra e nei boschi.

Questo è uno dei punti dove la storia dei briganti diventa leggenda, e si lega a credenze antichissime. I briganti misero dei tesori reali dove la fantasia contadina aveva sempre favoleggiato la loro esistenza: cosí i briganti di-vennero tutt’uno con le oscure potenze sotterranee.

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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli Tante genti sono passate su queste terre, che qualcosa si trova davvero, e dappertutto, scavando con l’aratro.

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