mie mani questo giovine filosofo, o temete d’incorrere la disgrazia del principe, e
di attirar su di voi le vendette del cielo, e soprattutto de’ frati.
Quest’ultime parole spaventarono l’intrepido persiano; egli acconsentì a tutto, e Candido uscì lo stesso giorno di Tauride col dottor maomettano. Presero la volta
d’Ispahan, ove arrivarono carichi di benedizioni e di benefici de’ popoli.
CAPITOLO III (torna all’indice)
Candido Ricevuto alla Corte, e ciò che ne segue
Il reverendo Ed-Ivan-Baal-Denk non tardò a presentar Candido al re. Sua maestà
ebbe un piacere singolare nell’ascoltarlo. Lo mise in lizza coi maggiori letterati della corte, e questi lo trattarono da pazzo, da ignorante, da idiota, il che contribuì a persuadere sua maestà ch’egli era un grand’uomo. - Perché, disse loro, voi non
comprendete niente de’ ragionamenti di Candido, per questo lo insultate;
nemmeno io ne comprendo niente, ma vi assicuro ch’egli è un gran filosofo, e lo
giuro sulle mie basette.
Queste parole imposero silenzio ai letterati. Fu alloggiato Candido in palazzo, gli
si diedero delle schiave per servirlo, lo si rivestì d’un abito magnifico, ed il sofì ordinò che per qualunque cosa ch’egli avesse potuto dire, alcuno non ardisse di
provare ch’egli avesse torto. Sua maestà non si ristrinse a questo solo. Il venerabil monaco non cessava di sollecitarla in favore del suo protetto, ed ella risolse alfine di metterlo numero de’ suoi più intimi favoriti.
- Dio sia lodato e il nostro santo Profeta, disse l’imano facendosi innanzi a Candido: vengo a parteciparvi una nuova ben grata: oh quanto siete felice, mio caro Candido! oh quanti gelosi siete per fare! Voi sguazzerete nell’opulenza: voi potrete aspirare ai più bei posti dell’impero. Almeno non vi scordate di me, caro amico: pensate che sono stato io che vi ho procurato il favore di cui siete per godere: che il giubilo regni sull’orizzonte del vostro volto. Il re vi accorda una grazia ben mendicata; e voi siete per dare uno spettacolo, di cui la corte non ha
goduto da due anni. - E quali sono i favori di cui il principe m’onora? dimanda Candido. - Questo giorno medesimo, rispose il monaco tutto contento, riceverete
cinquanta nerbate sotto le piante de’ piedi in presenza di sua maestà. Gli eunuchi
nominati per profumarvi già vengono; preparatevi a sopportare gagliardamente
questa piccola prova, e a rendervi degno del re dei re. - Che il re dei re si tenga le sue bontà, gridò Candido in collera, se bisogna ricevere cinquanta nerbate per meritarle. - Questo è l’uso, riprese freddamente il dottore, con quelli su cui vuole
versare i suoi benefizi. Perché vi amo troppo non voglio far caso al piccolo disgusto che dimostrate; voglio rendervi fortunato, vostro malgrado.
Non avea terminato ancor di parlare, che arrivarono gli eunuchi preceduti
dall’esecutore dei minuti piaceri di sua maestà, che era uno dei più grandi e dei più robusti signori della corte. Candido ebbe un bel dire e un bel fare; gli si profumarono le gambe e i piedi secondo l’uso; quattro eunuchi lo portarono nel luogo destinato per la cerimonia, in mezzo a una doppia schiera di soldati, allo strepito degli strumenti musicali, de’ cannoni e delle campane di tutte le moschee
d’Ispahan. Il sofì già vi era, accompagnato da’ suoi principali uffiziali, e da’
cortigiani più distinti. A un tratto fu steso Candido sopra una panca tutta dorata, e l’esecutore dei minuti piaceri di sua maestà cominciò la funzione. - O maestro Pangloss, se foste qui… diceva Candido piangendo e gridando a più non posso; il
che sarebbe stato giudicato indecentissimo, se il frate non avesse dato a credere
che il suo protetto, non per altro faceva questo se non per meglio divertire sua maestà. Infatti quel gran re rideva come un pazzo, e vi prese tanto piacere che oltre ai cinquanta colpi dati, ne ordinò cinquanta altri; ma il suo primo ministro avendogli esposto con una straordinaria fermezza, che quel favore inaudito verso
un forestiero poteva alienare i cuori dei sudditi, gli revocò quell’ordine e Candido
fu riportato nel suo appartamento.
Fu accompagnato al letto dopo che gli ebbero stropicciato i piedi con aceto. I grandi vennero a turno a rallegrarsi con lui. Il sofì vi venne in seguito, e non solamente gli diede la sua mano da baciare secondo l’uso, ma anche un gran pugno ne’ denti. I politici ne congetturarono che Candido farebbe una fortuna quasi senza esempio; e quel ch’è raro, non s’ingannarono, benchè politici.
CAPITOLO IV (torna all’indice)
Nuovi favori che riceve Candido, e sua elevazione
Dopo che il nostro eroe fu guarito, venne introdotto dal re per fargli i suoi ringraziamenti. Quel monarca lo ricevè nel miglior modo; gli diede due o tre schiaffi nel corso della conversazione, e lo ricondusse fino alla sala delle guardie
a pedate nel sedere. I cortigiani ebbero a creparne di dispetto. Da che sua maestà si era data a percuotere la gente, di cui ella faceva un caso particolare, non vi era ancora chi avesse avuto l’onore di aver avuto più busse di Candido.
Tre giorni dopo questo congresso, il nostro filosofo, che si lamentava di esser così
favorito e trovava che le cose andavano molto male, fu nominato governatore del
Chusistan, con un potere assoluto; fu decorato d’un berretto foderato, ch’è un gran segno di distinzione in Persia; ei prese congedo dal sofì, che gli fece ancora
altre carezze, e partì per Sus capitale della sua provincia. Dal momento che Candido era comparso alla corte, i grandi dell’impero avean tramata la sua perdita. I favori eccessivi di cui il sofì l’avea colmato, non avean fatto che ingrossar la tempesta, pronta a piombargli sul capo. Intanto egli si felicitava della sua fortuna, e soprattutto del suo allontanamento: gustava anticipatamente i piaceri del grado supremo, e dicea nel fondo del suo cuore: Troppo felici i sudditi lontani dal lor sovrano!
Non era ancora venti miglia distante da Ispahan, che ecco cinquecento persone a
cavallo armate da capo a piedi, che fanno una scarica furiosa sopra di lui, e sopra
la sua gente. Candido sul subito credette per un momento che quello fosse per fargli onore; ma una palla che gli fracassò una gamba, lo fece accorgere di che si