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dottore e della società, il giorno appresso con una canna in mano, se ne fuggì, senza saper dove, cercando in luogo ov’ei non s’annojasse, e dove gli uomini non

fossero uomini, come nel buon paese d’Eldorado.

Candido meno sfortunato, inquantochè non amava più Cunegonda, campando

della liberalità di differenti popoli che non son Cristiani, ma che fan l’elemosina, arrivò dopo un lunghissimo e penosissimo cammino a Tauride sulle frontiere della

Persia, città celebre per le crudeltà che i Turchi e i Persiani vi hanno esercitato ognuno a sua volta.

Rifinito dagli stenti. e non avendo altro indosso che quanto gli abbisognava per nascondere le sue membra, Candido non piegava troppo verso l’opinione di

Pangloss, quando un persiano gli si fece innanzi con un’aria delle più civili, e lo pregò di nobilitare la sua casa con la di lui presenza. - Voi mi burlate, gli disse Candido: io sono un povero diavolo che abbandono una miserabile abitazione che

avevo nella Propontide, perchè ho sposato Cunegonda, la quale è diventata molto

brutta, e che m’annojavo; in coscienza non son punto fatto per nobilitare la casa

di alcuno: non son nobile per me medesimo, grazie a Dio; e s’io avessi l’onore di esserlo, il barone di Thunder-ten-tronckh m’avrebbe pagate ben care le pedate, con le quali ei mi gratificò; ovvero ne sarei morto di vergogna. Ciò che sarebbe stato più filosofico; d’altra parte, sono stato frustato ignominiosamente dai carnefici della santissima Inquisizione, e da duemila eroi da tre soldi e sei danari

al giorno. Datemi ciò che vi piace, ma non insultate la mia miseria con degli scherni che vi toglierebbero tutto il pregio de’ vostri benefizj. - Signore, replicò il persiano, voi potete essere un accattone, e questo apparisce ben chiaro, ma la religione m’obbliga all’ospitalità; è bene che voi siate uomo e disgraziato, perché

la mia pupilla sia il sentiero de’ vostri passi, e vi dico: degnatevi di nobilitare la sua casa con la vostra presenza.

- Io farò quel che vorrete, rispose Candido. - Entrate dunque, disse il persiano.

Entrarono, e Candido non lasciava d’ammirare le rispettose attenzioni che il suo

ospite aveva per lui. Le schiave prevenivano i di lui desiderj, e tutta la casa non

parea occupata che a stabilire la sua soddisfazione. - Se questo dura, diceva Candido fra sé stesso, le cose non van tanto male in questo paese. - Eran passati

tre giorni durante i quali le buone grazie del persiano non si eran punto smentite,

e Candido già gridava: - Maestro Pangloss, io ho sempre dubitato che aveste ragione: voi siete un gran filosofo.

CAPITOLO II (Torna all’indice)

Come Candido uscì dalla casa del Persiano

Candido, ben pasciuto, ben vestito, e non annojato, divenne ben presto così colorito, così fresco, così bello come lo era in Wesfalia. Ismael Raab suo ospite vide quel cambiamento con piacere. Questi era un uomo alto sei piedi, ornato di

due occhietti estremamente rossi, e di un grosso naso tutto bernoccoluto che mostrava assai chiaro ch’ei non stava troppo attaccato alla legge di Maometto; le

sue basette erano rinomate nella provincia, e le madri non desideravano altro a’

loro figli che le basette di Raab. Raab aveva alcune mogli perché era ricco, ma pensava come si pensa moltissimo in Oriente, e in alcuni collegi d’Europa. -

Vostra eccellenza è più bella delle stelle, disse un giorno il persiano a Candido, solleticandogli leggermente il mento; voi avete dovuto cattivarvi ben de’ cuori, siete propriamente fatto per render felice e per esserlo. - Ah! rispose il nostro eroe, io non fui felice che per metà, dietro un paravento, ove stavo non troppo ad

agio. Cunegonda era bella allora…

In quel tempo uno de’ più saldi sostegni della milizia monacale di Persia, il più dotto dei dottori maomettani, che sapeva l’arabo sulla punta delle dita, ed anche il

greco che si parla oggigiorno nella patria di Demostene e di Sofocle, il reverendo

Ed-Ivan-Baal-Denk tornava da Costantinopoli ov’egli era andato a conversare col reverendo Mamud Abram sopra un punto di dottrina ben delicato, cioè se il profeta avesse strappata dall’ale dell’angelo Gabriele la penna di cui si servì per

scrivere l’Alcorano, o se Gabriele glien’avesse fatto un presente. Essi disputarono

per tre giorni e tre notti con un calore degno de’ più be’ secoli della controversia; e il dottore se ne tornava persuaso, come tutt’i discepoli d’Alì, che Maometto avesse strappata la penna, e Mamud Abram era restato convinto come il resto de’

settatori di Omar, che il profeta fosse incapace di quella inciviltà, e che l’angelo gli avesse presentata la sua penna col miglior garbo del mondo.

L’arrivo di Candido avea fatto molto strepito in Tauride, e più persone che l’aveano

sentito discorrere degli effetti contingenti e non contingenti, avevano sospettato ch’ei fosse filosofo. Se ne parlò al reverendo Ed-Ivan-Baal-Denk, ed egli ebbe la

curiosità di vederlo, e Raab che non potea ricusar nulla a una persona di quella

considerazione, fece venir Candido in sua presenza. Parve soddisfattissimo della

maniera con cui Candido parlò del mal fisico e del mal morale, dell’agente e del

paziente. - Io comprendo che voi siete un filosofo, e tanto basta. Basta così, Candido, disse il venerabile cenobita: non conviene ad un grand’uomo come voi

l’essere trattato sì indegnamente nel mondo, come ho udito. Voi siete forastiero:

Ismael-Raab non ha niun diritto sopra di voi: voglio condurvi alla corte, e vi riceverete un favorevole accoglimento. Il sofì ama le scienze. Ismael, ponete nelle

Are sens

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