So ora che mia moglie-bimba ci lascerà? Così m’è stato detto; ai miei pensieri non è stato detto nulla di nuovo; ma son lungi dall’esser sicuro che questa verità mi sia entrata in cuore. Non m’è possibile persuaderlo. Molte volte oggi mi son ritirato a piangere solo, in un angolo.
Mi son ricordato: «Chi pianse per questa separazione fra i vivi e i morti». Ho ripassato in mente questa istoria piena di pietà e di grazia. Ho tentato di consolarmi e di rassegnarmi; ma credo di non esservi riuscito. No, non posso credere che verrà assolutamente la fine. Io tengo 1363
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la sua mano nella mia, il suo cuore nel mio; veggo il suo amore per me, vivo in tutta la sua forza. Non riesco a scacciare una pallida vaga ombra di speranza ch’ella sarà risparmiata.
– Ti debbo parlare, Doady. Ti debbo dire una cosa che da qualche tempo avevo in mente di dirti. Non mi ascolti?
– Sì che ti ascolto, cara.
– Perché non so che penserai, o che tu abbia potuto pensare, a volte. Forse tu hai pensato la stessa cosa. Doady caro, temo che io fossi troppo ragazza.
Metto la testa accanto alla sua sul guanciale, ed ella mi guarda negli occhi, e parla con un fil di voce. Gradatamente, mentre continua a parlare, sento, col cuore angosciato, che mi parla di sé in tempo passato.
– Temo, caro, che fossi troppo ragazza. Non solo negli anni, ma in esperienza, nei pensieri e tutto. Ero così sciocca! Credo che sarebbe stato meglio se ci fossimo voluti bene come due bambini, e poi ce ne fossimo dimenticati. Avrei cominciato a pensare che non avevo le qualità per maritarmi.
Tentai di trattenere le lagrime, e rispondere: «O Dora, amor mio, non meno di me per ammogliarmi».
– Non so – e scosse i riccioli della testa, come una volta.
– Forse, se avessi avuto le qualità per maritarmi, avrei 1364
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reso anche te più adatto al matrimonio. E poi tu hai tanta intelligenza, e io non ne avevo.
– Noi siamo stati molto felici, mia cara Dora.
– Sì, sono stata molto felice, molto. Ma, passando gli anni, il mio caro marito si sarebbe stancato di sua moglie-bimba. Ella sarebbe stata sempre meno la sua compagna; e lui si sarebbe sempre più accorto di ciò che gli mancava in casa. Ed ella non avrebbe migliorato. Meglio così.
– Oh, Dora, cara, cara, non parlarmi così! Ogni tua parola mi sembra un rimprovero.
– Neppure una sillaba – ella mi risponde, baciandomi. –
Oh, mio caro! Tu non la meritavi, ma io ti volevo bene troppo per dirti sul serio una sola parola di rimprovero.
Era il mio solo merito, tranne quello d’esser bella... almeno tu credevi così. Ti senti molto solo da basso, Doady?
– Oh, sì, sì!
– Non piangere! La mia poltrona è da basso? – Al suo antico posto.
– Oh, come piange il mio povero marito! Zitto, zitto.
Ora, fammi una promessa. Io voglio parlare ad Agnese.
Quando vai da basso, di’ ad Agnese che venga su; e mentre le parlo, che non venga nessuno, neanche la zia.
Voglio parlare da sola a sola con Agnese. Voglio parlare 1365
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con lei da sola a sola.
Le prometto di mandarle subito Agnese; ma non posso lasciarla, tanta è la mia ambascia.
– Ho detto: meglio così! – ella mi bisbiglia, abbraccian-domi. – Oh, Doady! Dopo qualche altro anno, tu non avresti potuto voler bene a tua moglie-bimba più di quanto gliene vuoi ora; e dopo qualche altro anno, ella ti avrebbe annoiato e deluso in modo che non avresti potuto volerle bene la metà di quanto gliene vuoi ora. Ero troppo ragazza e troppo sciocca, lo so. Molto meglio così.
Agnese è giù, quando io entro nel salotto; ed io le do il messaggio. Ella scompare, e mi lascia solo con Jip.
La sua pagoda cinese è accanto al fuoco. Esso se ne sta allungato all’interno, sul suo letto di flanella, e geme tentando di addormentarsi. La luna splende in cielo con la sua luce più chiara. Mentre contemplo la notte, le lagrime mi scorrono rapide, e il mio cuore indisciplinato è messo a dura prova, a durissima prova.
Seggo accanto al fuoco, pensando con cieco rimorso a tutti quei sentimenti che ho alimentato in segreto, dopo il mio matrimonio. Penso a ogni più futile inezia svolta-si fra me e Dora, e sento la forza della verità che son le inezie che fanno la somma della vita. Dal mare della mia memoria, si leva l’immagine della mia diletta fanciulla come io la conobbi la prima volta, abbellita dal 1366
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mio e dal suo giovane amore, con tutto il fascino di cui simile amore è capace. Sarebbe stato meglio se noi ci fossimo amati come due ragazzi, e poi ce ne fossimo dimenticati? Cuore indisciplinato, rispondi!
Come passi il tempo, non so. Finalmente son riscosso dal vecchio compagno di mia moglie-bimba. Più irrequieto di me, esso si trascina fuor della pagoda, e mi guarda, e va alla porta, e geme per andar su.
– Stasera, no, Jip. Stasera, no.
Mi si avvicina lentamente, mi lecca la mano, e leva gli occhi velati al mio viso.
– O Jip, forse mai più.
Si stende ai miei piedi, si stende come per dormire, e con un gemito lamentoso, è spirato.