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– O Agnese! Venite, venite qui!

... Ahi, il viso d’Agnese, così pieno di pietà e d’angoscia, quel torrente di lagrime, quel terribile muto cenno che mi fa, quella mano levata verso il Cielo!

– Agnese?

È finita. Gli occhi mi si riempiono di tenebre; e, per un istante, tutto si dilegua dal mio spirito.

1367

Charles Dickens David Copperfield

LIV.

LA TRANSAZIONE DEL SIGNOR MICAW-

BER

Non è questa l’ora di ritrarre le condizioni dell’animo mio sotto il colpo della sventura. Giunsi a credere che l’avvenire mi si fosse murato innanzi agli occhi, che l’energia e l’attività della mia vita fossero schiantate, che non ci fosse altro scampo per me che nella morte. Giunsi a pensar così, ripeto, ma non al primo scoppio della mia angoscia. Ci arrivai pian piano. Ci sarei arrivato prima, forse, se gli eventi che m’accingo a narrare non mi si fossero così addensati intorno da confondere al principio e da aumentare, alla fine, l’ambascia che mi premeva. Il fatto sta che prima che io la comprendessi pienamente ci fu un intervallo, durante il quale potei pensare che le più crudeli trafitture fossero finite, e che il mio spirito potesse consolarsi col posar su quanto era innocente e bello nel romanzo d’amore e di tenerezza che s’era chiuso per sempre. Non ricordo più, neppur ora, distintamente quando mi fu proposto di andare all’estero, e come venisse stabilito fra noi che dovevo cercare di riacquistar la pace dello spirito nei mutamenti d’un viaggio. Il cuore di Agnese penetrava tanto in tutto ciò 1368

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che si pensava, si diceva, si faceva in quell’ora d’ambascia, che potrei certamente attribuire il progetto alla sua influenza. Ma la sua influenza era così calma che più non poteva essere.

E ora veramente comincio a pensare che immaginandola anticamente come una figura dipinta sui vetri d’una cattedrale, avessi come quasi uno strano presentimento di ciò che ella sarebbe stata per me nella calamità alla quale dovevo nel fior degli anni soggiacere. In tutto quel periodo doloroso, dall’istante indimenticabile che mi stette innanzi con la mano levata, ella mi fu come un’immagine sacra nella mia casa solitaria. Quando era disceso l’Angelo della Morte, mia moglie-bimba chinò

– come mi disse, allorché fui in grado d’ascoltare – la testa sul seno con un sorriso. M’ero riscosso dallo svenimento per assistere alle pietose lagrime di Agnese, per sentire le sue parole di speranza e di pace, per vedere il suo bel viso discendere da una regione più pura nei pressi del Cielo, e chinarsi sul mio cuore indisciplinato ad addolcirne lo strazio.

Continuiamo.

Dovevo andar fuori. Sembrava che questo tra noi fosse fin dal bel principio stabilito. Gettata la terra su tutto ciò che poteva perire della mia perduta moglie, aspettavo soltanto ciò che il signor Micawber chiamava la «polve-rizzazione finale di Heep», e la partenza degli emigranti.

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A richiesta di Traddles, il più affettuoso e devoto degli amici nella mia disgrazia, noi tornammo a Canterbury; e intendo con noi mia zia, Agnese ed io. Ci recammo direttamente dal signor Micawber che ci aspettava. Dopo l’esplosione della nostra ultima riunione, il mio amico Traddles non aveva cessato dal dividere le sue cure fra la casa del signor Wickfield e quella del signor Micawber. Quando la povera signora Micawber mi vide entrare vestito a lutto, si commosse profondamente. Nel cuore della signora Micawber v’era una bontà che aveva resistito alle prove di tanti anni.

– Bene, signore e signora Micawber – furono le prime parole di mia zia, dopo che ci fummo seduti: – avete poi riflettuto alla proposta che vi feci d’emigrare?

– Mia cara signora – rispose il signor Micawber – forse io non posso esprimere meglio la conclusione alla quale la signora Micawber, io, vostro umile servo, e, posso aggiungere, i nostri figliuoli, siamo collettivamente e singolarmente arrivati, che col ricorrere al linguaggio d’un illustre poeta, rispondendo: «La barca è già alla sponda, la nave è già sull’onda».

– A meraviglia! – disse mia zia. – Io predico tutto il bene possibile da questa vostra risoluzione piena di buon senso.

– Signora, voi ci fate un grande onore – egli soggiunse, mettendosi subito a consultare un taccuino. – Riguardo 1370

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all’aiuto finanziario che ci possa mettere in grado di lan-ciare il nostro fragile canotto sull’oceano delle intrapre-se, ho voluto ponderare lungamente la cosa; e ho deciso di proporvi le mie cambiali... scritte, è inutile dirlo, su carta bollata del prezzo richiesto dalle diverse leggi del Parlamento per questo genere di obbligazioni... a diciotto, ventiquattro e trenta mesi. La proposta che avevo fatto in principio era di dodici, diciotto e ventiquattro; ma temo che una simile stipulazione non ci darebbe il tempo d’aspettare che la carta... si cambi. Potrebbe avvenire

– disse il signor Micawber, girando gli occhi per la stanza, come se avesse innanzi centinaia d’ettari di terra ben coltivata – che alla prima scadenza avessimo un cattivo raccolto o che non l’avessimo ancora immagazzinato. A volte in quella parte dei nostri possessi coloniali, dove il nostro destino ci attende a lottare col prodotto d’un suolo fertilissimo, non c’è troppa abbondanza di braccia.

– Accomodate le cose come meglio vi piace, signore –

disse mia zia.

– Signora – egli rispose – mia moglie ed io siamo profondamente commossi della gentile bontà dei nostri amici e protettori. Ciò che desidero è d’essere in perfetta regola e d’una perfetta puntualità. Voltando, come infatti stiamo per voltare, una pagina perfettamente nuova, pigliando la rincorsa, come infatti stiamo prendendo la rincorsa, per spiccare un salto di non comune lunghezza, è importante, per il rispetto che ho di me stesso, e per 1371

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l’esempio che voglio dare a mio figlio, che le cose si facciano a modo, come da uomo a uomo.

Non so se il signor Micawber annettesse un senso particolare a quest’ultima frase; non so neanche se qualcuno ce l’abbia mai annesso; ma il fatto sta che egli pareva goderne un mondo e ripeté, con una tosse espressiva:

«Come da uomo a uomo!».

– Io propongo – aggiunse il signor Micawber – delle cambiali; sono in uso in tutto il mondo commerciale (credo che siano stati gli ebrei a introdurle la prima volta, e da allora hanno sempre molto da fare con le cambiali) perché sono negoziabili. Ma se si preferisce un contratto, o qualche altra specie di garanzia, sarò felice di sottomettermi a ciò che si desidera. Le cose bisogna farle a modo, come da uomo a uomo.

Mia zia osservò che, giacché le due parti erano disposte ad accordarsi in tutto, non c’era alcuna difficoltà al perfetto regolamento delle cose. Il signor Micawber era della stessa opinione.

– Riguardo ai nostri preparativi domestici, signora – disse il signor Micawber con un certo orgoglio – per affrontare il destino che oramai sappiamo che ci aspetta, permettete che ve li riferisca. La mia figliuola maggiore va ogni mattina, alle cinque, in uno stabilimento vicino, per apprendere il metodo... se metodo si può chiamare...

di mungere le vacche. Gli altri miei figliuoli sono spro-1372

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nati ad osservare, nella maggiore vicinanza possibile, le abitudini dei polli e dei maiali allevati nelle parti più povere della città:occupazione, questa, che li ha condotti un paio di volte a un pelo dall’esser travolti da quelle bestie. Anch’io, durante la passata settimana, ho prestato tutta la mia attenzione all’arte del fornaio; e mio figlio Wilkins è uscito in campagna con un uncino a pascere le pecore, quando gli è stato permesso di farlo da quei villani che le hanno in custodia... cosa che, mi dispiace dirlo, per l’onore della nostra specie, raramente s’è data; perché in generale gli è stato urlato, con be-stemmie, di andare in qualche altro posto,

– A meraviglia! – disse mia zia, con un sorriso d’incoraggiamento. – Anche la signora Micawber è stata molto occupata, credo.

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