Saltai dal letto, e chiesi: – Che naufragio?
– D’una goletta spagnuola o portoghese, carica di frutta e di vino. Fate presto, signore, se volete vederla. Si teme ogni momento che vada ad urtare contro la spiaggia.
Sentii quella voce eccitata discender la scala gridando.
Mi vestii più rapidamente che potei e corsi fuori.
Vidi molta gente correre innanzi a me nella stessa direzione, alla spiaggia. Corsi anch’io, lasciandomi indietro molti, e tosto mi trovai al cospetto del mare in furia.
Il vento s’era un po’ calmato, forse, ma quale calma!
Come se il cannoneggiamento dei cento cannoni del sogno fosse stato diminuito col silenzio di una dozzina.
Ma il mare, che era stato agitato tutta la notte, era infinitamente più terribile di quando l’avevo visto l’ultima volta. Pareva si fosse gonfiato da per tutto: l’altezza alla quale arrivavano i cavalloni che si precipitavano gli uni sugli altri, esercito formidabile diretto contro la riva, era spaventosa.
Nella difficoltà d’udir altro che non fosse il vento e il 1408
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mare, e nella folla, e nell’indicibile confusione, e nei miei primi sforzi per resistere all’intemperie, ero così, stordito che cercai sul mare la goletta, e non vidi altro che le creste schiumose dei cavalloni. Un marinaio seminudo, che mi stava accanto, puntò il braccio nudo (sul quale una freccia tatuata indicava la stessa direzione) a sinistra della spiaggia. Allora, o gran Dio, vidi benissimo la disgraziata goletta!
Uno degli alberi era rotto, a sei o sette piedi dal ponte, steso sul fianco, in un viluppo di vele e di gomene; e tutta quella rovina, mentre la nave roteava agitata senza un istante di posa e con una violenza incredibile, le sbat-teva sul fianco come per sventrarla. Qualche sforzo si faceva per tagliarlo e buttarlo via; quando la nave, ché era piegata su un fianco, si voltava improvvisamente verso di noi, vedevo distintamente l’equipaggio lavorar d’ascia, specialmente un tale dai capelli ricci, che si segnalava fra gli altri per la sua attività. Ma in quel momento un grand’urlo, che dominò il vento e il mare, si levò dalla sponda: le onde avevano spazzato il ponte e trasportavano uomini, tavole, botti, parapetti, e altri balocchi simili nei marosi in furia.
Rimaneva il secondo albero, coi brandelli di una vela lacera, e una orrenda confusione di gomene rotte che lo flagellavano in tutti i sensi. La nave aveva urtato una volta, mi gridò il marinaio in un orecchio; e poi si sollevò e urtò di nuovo. Poi la stessa voce aggiunse che la 1409
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nave si spaccava di traverso, ed era facile immaginarlo, perché l’assalto era troppo ineguale per una lunga resistenza. Mentre il marinaio parlava, si levò un altro gran grido di pietà dalla spiaggia: quattro uomini vennero a sommo delle acque, aggrappati all’attrezzatura dell’albero superstite; e in mezzo a essi quel tale più attivo, dai capelli ricci.
V’era una campana a bordo, e mentre la nave s’agitava e saltava come una folle, disperata creatura, ora mo-strandoci, nel voltarsi verso la sponda, il ponte devastato, ora scagliandosi violentemente in alto e volgendo verso il mare nient’altro che la chiglia, la campana sonava; e quel suono, il mortorio di quegli infelici, arrivava fino a noi trasportato dal vento. Di nuovo la nave sparì, e di nuovo ritornò a sommo. Due degli uomini erano scomparsi. L’angoscia sulla spiaggia aumentava. I marinai gemevano e giungevano le mani; le donne strillava-no e si voltavano dall’altra parte. Alcuni correvano su e giù lungo la spiaggia, invocando aiuto, dove nessun aiuto era possibile. Anch’io scongiurai ardentemente un gruppo di marinai che conoscevo, di non lasciar perire quelle due creature innanzi ai nostri.
Essi mi spiegarono, come poterono – non so come fossi capace di comprendere quel poco che era possibile udire – che un’ora prima s’era tentato, ma inutilmente, di gettare in mare un canotto di salvataggio; e che siccome nessuno aveva il coraggio disperato di gettarsi in ac-1410
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qua con una corda e stabilire una comunicazione con la sponda, non v’era null’altro da fare. A un tratto sulla spiaggia un nuovo evento agitò la folla che s’apriva per lasciar passare qualcuno: era Cam che arrivava in prima fila di corsa.
Gli andai incontro – per ripetergli, se non erro, la mia invocazione di aiuto. Ma benché fossi tanto agitato e sconvolto da quello spettacolo così tremendo e nuovo, la risoluzione che gli lessi in viso e lo sguardo che volse al mare – lo stesso sguardo che gli avevo visto il giorno della fuga d’Emilia – mi ridestarono al senti mento del suo pericolo. Allora m’aggrappai a lui con ambe le braccia; e scongiurai i marinai coi quali avevo parlato, di non dargli retta, di non lasciarlo uccidere, di trattenerlo a terra.
Un nuovo urlo si levò dalla folla. Guardando la goletta, vedemmo la vela crudele battere ripetutamente e svelle-re dall’albero quello dei due uomini ch’era più in basso, e avvolgere trionfalmente l’altro dai capelli ricci, oramai rimasto solo.
Di fronte a quello spettacolo e innanzi a una determinazione come quella di Cam, tranquillamente rassegnato, ed avvezzo a dominare almeno sulla metà degli astanti, sarebbe stato come supplicare il vento.
– Signorino Davy – egli mi disse, stringendomi affettuosamente le mani – se l’ora mia è sonata, è sonata. Se 1411
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non è sonata, ci rivedremo. Il Cielo vi benedica, e benedica tutti. Amici, son pronto: io vado.
Fui condotto più lungi, con dolce violenza, e parecchi mi si strinsero d’attorno per trattenermi; spiegandomi, come mi parve di comprendere, che egli era risoluto ad andare, ad ogni costo; che non avrei fatto con la mia presenza che compromettere le misure di prudenza per la sua sicurezza, turbando quelli che n’erano incaricati.
Non so che rispondessi, o che mi si rispondesse; ma vidi dell’agitazione sulla spiaggia e alcuni uomini che correvano con delle corde staccate da un argano, entrare in un crocchio che si frapponeva fra me e Cam. Poi lo vidi solo, in costume da marinaio, con una fune in mano o legata al polso, e un’altra intorno al corpo: l’ultima, che si trascinava lenta sulla sponda, ai suoi piedi, era a breve distanza, tenuta per l’estremità dai più vigorosi degli astanti.
La nave stava per infrangersi: non occorreva esser del mestiere per accorgersene. Vedevo che si stava spaccan-do per il mezzo, e che la vita del superstite sull’albero, che pure vi si teneva aggrappato, era sospesa a un filo.
Egli aveva in testa uno strano berretto rosso – non come quello dei marinai, ma d’un colore più fine; e fu visto, mentre le poche e deboli assi che lo separavano dalla morte roteavano e si rompevano, e la campana gli sonava in anticipo il mortorio, agitarlo verso di noi. Lo riveggo in questo istante, e mi parve di diventar matto, a 1412
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quel gesto che mi destò la rimembranza d’un caro amico d’una volta.
Cam guardò il mare, immobile e solo, col silenzio del respiro sospeso dietro di lui e, di fronte, la tempesta, in attesa che un’enorme ondata si ritirasse: poi con un’occhiata a quelli che tenevano la fune che gli era legata alla cintura, balzò in mare, e cominciò subito a lottare con le onde, levandosi con le colline, cadendo con le vallate, perduto sotto la schiuma, e poi respinto alla spiaggia. Fu tirato in fretta su.
Era ferito. Dal punto dove stavo, lo vidi con la faccia in-sanguinata; ma egli non se ne diede pensiero. Mi parve che concitato desse qualche istruzione per esser lasciato più libero – a quel che potei giudicare dal movimento del braccio – e poi si lanciò come dianzi.
E si diresse verso la goletta, levandosi con le colline, cadendo con le vallate, perduto sotto i monticelli di spuma, respinto verso la riva, poi scagliato verso la goletta, in una lotta aspra e arditissima. La distanza era un’inezia, ma la forza del mare e del vento la faceva mortale.
Finalmente egli raggiunse la nave. Era così da presso che con un altro solo dei suoi sforzi vigorosi vi si sarebbe aggrappato; ma ecco un’altra montagna d’acqua verde muoversi, di dietro la nave, verso la sponda. Parve ch’egli vi saltasse dentro con un gran balzo; e la goletta era scomparsa.
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Nel correre verso il punto dove egli veniva ritirato, vidi turbinare nel mare, come se si fosse rotta semplicemente una botte, alcuni frammenti del naufragio. Su tutti i visi era dipinta la costernazione. Cam fu tirato ai miei piedi... insensibile... morto. Fu portato nella casa più vicina; e io, non più impedito da nessuno, ora, rimasi accanto a lui a tentar con tutti i mezzi per farlo tornare in vita; ma la grande ondata l’aveva colpito a morte, e il suo cuore generoso s’era calmato per sempre.
Mentre stavo accanto al letto, dopo che ogni speranza era abbandonata e tutto era finito, un pescatore che mi conosceva fin da quando io e l’Emilia eravamo bambini, sussurrò il mio nome alla porta.
– Signore – egli disse, con la faccia abbronzata solcata di lagrime, e le labbra tremanti del color della cenere –