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– E perciò – disse la signora Micawber – quel che più desidero in avvenire è di rivivere sul suolo natìo. Forse mio marito rappresenterà... non posso dissimularmi che è probabile che mio marito rappresenterà... una pagina della storia; e allora egli deve riapparire nel paese che gli diede la nascita, ma non un impiego.

– Amor mio – osservò il signor Micawber – m’è impossibile non esser commosso dalle tue affettuose parole. Io son sempre pronto a sotto mettermi al tuo buon senso.

Ciò che sarà... sarà. Il Cielo mi scampi dal voler lesinare alla patria neanche un soldo di quella ricchezza che potrà essere accumulata dai nostri discendenti!

– Così va bene – disse mia zia, voltandosi verso il pescatore Peggotty; – e io bevo alla salute di tutti; e che ogni benedizione vi accompagni.

Il pescatore Peggotty mise in terra i due bambini che s’era tenuto sulle ginocchia, uno per lato, per unirsi al signore e alla signora Micawber nel ricambiarci il brindisi; e nell’atto che egli e i Micawber si stringevano cordialmente le mani, e il suo viso abbronzato si illuminava di un sorriso, sentii che egli avrebbe fatta la sua strada, avrebbe riscosso la stima di tutti, e si sarebbe fatto voler bene dovunque fosse andato.

Anche i bambini furono invitati a immergere il cucchiaio di legno nella ciotola del signor Micawber e a farci i loro auguri. Dopo di che, mia zia e Agnese si levarono, 1441

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e si separarono dagli emigranti. Fu un melanconico addio. Tutti piangevano. I bambini si strinsero alla gonna d’Agnese fin all’ultimo momento; e noi lasciammo la signora Micawber veramente angosciata, singhiozzante e piangente alla luce d’una fioca candela, che doveva, dal fiume, dare a quella stanza l’apparenza d’un faro veramente poco radioso.

La mattina appresso andai a vedere se essi fossero partiti. Erano saliti su una barca prima delle cinque. Uno straordinario esempio del vuoto lasciato dai partenti m’era dato dal miserabile alberghetto dove non li avevo visti che una sola volta: sembrava, ora che se n’erano andati, veramente triste e deserto.

Nel pomeriggio del giorno dopo, io e la mia vecchia domestica ci recammo a Gravesend. Trovammo nel fiume il bastimento, circondato da una folla di barche. Soffiava un vento favorevole; il segnale della partenza fluttuava in vetta all’albero. Noleggiai subito una barca, e ci dirigemmo a bordo a traverso il piccolo vortice di confusione di cui il bastimento formava il centro.

Il pescatore Peggotty ci aspettava sul ponte. Mi disse che il signor Micawber era stato arrestato di nuovo (e per l’ultima volta) a richiesta di Heep, e che, in conformità delle mie raccomandazioni, aveva pagato lui l’am-montare del debito. Gli restituii subito la somma anticipata. Ci condusse poi nel traponte, e colà, il mio timore che gli fosse giunta qualche voce di ciò che era accaduto 1442

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fu dissipato dal signor Micawber, il quale uscì dall’ombra, gli prese il braccio con aria d’amichevole protezione, e mi disse che dall’antivigilia s’era separato da lui appena per qualche istante.

Per me quello era uno spettacolo così strano, e lo spazio così stretto e buio, che in principio appena distinguevo qualcosa; ma gradatamente, come gli occhi s’av-vezzarono alla tenebra, tutto si rischiarò, e mi parve di stare in un quadro di Van Ostade. Fra le travi, i carichi, le catene del bastimento, le cucce degli emigranti, e le casse, i fagotti, e le botti, e i mucchi dei bagagli di ogni genere – illuminati qua e là da lanterne sospese, e più lungi dal raggio giallo d’uno sfiatatoio o d’un finestrino

– s’affollavano gruppi di persone, che stringevano nuove amicizie, si abbracciavano per dirsi addio, parlavano, ridevano, piangevano, mangiavano e bevevano; alcune già stabilite nel possesso del loro cantuccio di spazio, circondate dai loro arredi e dai bambini già accomodati su minuscole scranne o sedioline; altre alla ricerca disperata d’un angolo ove riposarsi e sconsolatamente erranti. Dai bambini che non avevano vissuto che una o due settimane, a vecchi curvi e a vecchie che sembravano non dovessero vivere che una o due settimane ancora; e dai robusti bifolchi che avevano appiccicata alle scarpe un po’ di terra natia, ai fabbri che portavano sulla pelle le impronte del fumo e della fuliggine d’Inghilterra, si stipavano nell’angusto spazio del traponte rappre-sentanti di tutte le età e di tutte le professioni.

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Dando un’occhiata in giro, mi parve di veder seduta, accanto a un finestrino aperto, con uno dei bambini di Micawber accanto, una donna che aveva l’aria di Emilia.

La notai, perché in quel momento era baciata da un’altra, che poi si dileguò tranquillamente nella confusione, dandomi una vaga impressione di... Agnese! Ma nella ridda dei miei pensieri, e nell’alternarsi di tante sensazioni, la persi di vista di nuovo; e seppi soltanto che era già l’ora d’andarsene, e si avvertivano tutti i visitatori di lasciare il bastimento; che la mia domestica piangeva su una cassa accanto a me; e che la signora Gummidge, aiutata da una giovane vestita di nero che mi voltava le spalle, ordinava i bagagli del pescatore Peggotty.

– Avete qualche altra parola da dirmi, signorino Davy?

– egli mi disse. – Avete dimenticato qualche cosa?

– Una – dissi. – Marta!

Egli toccò sulla spalla la giovane che ho già menzionata, e Marta mi stette di fronte.

– Dio vi benedica, uomo generoso! – esclamai. – La conducete con voi!

Ella rispose per lui, con uno scoppio di pianto Mi fu impossibile di dire una parola in quel momento; non potei che stringergli forte forte la mano. Se mai ho stimato e onorato qualcuno al mondo, quegli è stato il pescatore Peggotty.

Gli estranei lasciavano rapidamente il bastimento.

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Mi rimaneva ancora una gran prova da compiere. Gli riferii ciò che m’aveva incaricato di dirgli al momento della partenza l’anima nobile che se n’era andata. Egli ne fu profondamente commosso: ma quando, a sua volta, mi incaricò di molti saluti affettuosi per colui che non sentiva più, io fui più commosso di lui.

Era il momento di separarci. Lo abbracciai presi il braccio della mia vecchia domestica piangente, e m’allontanai in fretta. Sul ponte, mi congedai dalla povera signora Micawber, che vegliava inquieta sulla sua famiglia anche allora; e l’ultima cosa che mi disse fu che lei non avrebbe mai abbandonato il signor Micawber.

Ridiscendemmo nella nostra barca, e poco lungi ci fermammo per vedere il bastimento muoversi. Era un tramonto calmo e radioso. La nave si dondolava fra noi e la luce rosea, e su quello sfondo lucente si delineava ogni corda, e ogni particolare dell’attrezzatura. Non avevo mai assistito a uno spettacolo così bello, così melanconico e così pieno di speranza: il bastimento stava come in gloria sull’acqua agitata, coi parapetti gremiti di passeggeri, tutti a testa nuda e silenziosi.

Silenziosi per un istante solo. Come le vele si scossero al vento, e il bastimento cominciò a muoversi, ecco da tutte le barche levarsi tra fragorosi evviva, che furono ri-petuti a bordo, e rimandati, ed echeggiati, e riecheggiati.

Mi sobbalzò il cuore, quando udii le grida e vidi l’on-deggiare dei cappelli e dei fazzoletti... e fu allora che la 1445

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scorsi.

Fu allora che la scorsi, a fianco dello zio, tutta tremante contro la sua spalla. Egli ci segnava a dito: e anche lei ci scorse, e mi fece un cenno di saluto. Sì, Emilia, bel fiore abbattuto, aggrappati a lui con tutta la fede del tuo cuore desolato; perch’egli s’è aggrappato a te con tutta la forza del suo grande amore.

Circonfusi di luce rosea, e ritti sul ponte insieme, lei appoggiata a lui come a un forte sostegno, solennemente si dileguarono. La notte era discesa sulle colline di Kent, quando approdammo... e aveva avvolto anche me delle sue tenebre.

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