per le salvatiche ombre, disïando qual di veder, qual di fuggir lo sole, allor si mosse contra 'l fiume, andando su per la riva; e io pari di lei, picciol passo con picciol seguitando.
Non eran cento tra ' suoi passi e ' miei, quando le ripe igualmente dier volta, per modo ch'a levante mi rendei.
Né ancor fu così nostra via molta, quando la donna tutta a me si torse, dicendo: «Frate mio, guarda e ascolta».
Ed ecco un lustro sùbito trascorse da tutte parti per la gran foresta, tal che di balenar mi mise in forse.
Ma perché 'l balenar, come vien, resta, 292
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
e quel, durando, più e più splendeva, nel mio pensier dicea: 'Che cosa è questa?'.
E una melodia dolce correva
per l'aere luminoso; onde buon zelo mi fé riprender l'ardimento d'Eva, che là dove ubidia la terra e 'l cielo, femmina, sola e pur testé formata, non sofferse di star sotto alcun velo; sotto 'l qual se divota fosse stata, avrei quelle ineffabili delizie
sentite prima e più lunga fïata.
Mentr' io m'andava tra tante primizie de l'etterno piacer tutto sospeso, e disïoso ancora a più letizie,
dinanzi a noi, tal quale un foco acceso, ci si fé l'aere sotto i verdi rami; e 'l dolce suon per canti era già inteso.
O sacrosante Vergini, se fami,
freddi o vigilie mai per voi soffersi, cagion mi sprona ch'io mercé vi chiami.
Or convien che Elicona per me versi, e Uranìe m'aiuti col suo coro
forti cose a pensar mettere in versi.
Poco più oltre, sette alberi d'oro falsava nel parere il lungo tratto del mezzo ch'era ancor tra noi e loro; ma quand' i' fui sì presso di lor fatto, che l'obietto comun, che 'l senso inganna, non perdea per distanza alcun suo atto, la virtù ch'a ragion discorso ammanna, sì com' elli eran candelabri apprese, e ne le voci del cantare 'Osanna'.
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Di sopra fiammeggiava il bello arnese più chiaro assai che luna per sereno di mezza notte nel suo mezzo mese.
Io mi rivolsi d'ammirazion pieno
al buon Virgilio, ed esso mi rispuose con vista carca di stupor non meno.
Indi rendei l'aspetto a l'alte cose che si movieno incontr' a noi sì tardi, che foran vinte da novelle spose.
La donna mi sgridò: «Perché pur ardi sì ne l'affetto de le vive luci,
e ciò che vien di retro a lor non guardi?».
Genti vid' io allor, come a lor duci, venire appresso, vestite di bianco; e tal candor di qua già mai non fuci.
L'acqua imprendëa dal sinistro fianco, e rendea me la mia sinistra costa, s'io riguardava in lei, come specchio anco.
Quand' io da la mia riva ebbi tal posta, che solo il fiume mi facea distante, per veder meglio ai passi diedi sosta, e vidi le fiammelle andar davante, lasciando dietro a sé l'aere dipinto, e di tratti pennelli avean sembiante; sì che lì sopra rimanea distinto
di sette liste, tutte in quei colori onde fa l'arco il Sole e Delia il cinto.
Questi ostendali in dietro eran maggiori che la mia vista; e, quanto a mio avviso, diece passi distavan quei di fori.
Sotto così bel ciel com' io diviso, ventiquattro seniori, a due a due, coronati venien di fiordaliso.
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Tutti cantavan: «Benedicta tue
ne le figlie d'Adamo, e benedette sieno in etterno le bellezze tue!».
Poscia che i fiori e l'altre fresche erbette a rimpetto di me da l'altra sponda libere fuor da quelle genti elette, sì come luce luce in ciel seconda, vennero appresso lor quattro animali, coronati ciascun di verde fronda.
Ognuno era pennuto di sei ali;
le penne piene d'occhi; e li occhi d'Argo, se fosser vivi, sarebber cotali.
A descriver lor forme più non spargo rime, lettor; ch'altra spesa mi strigne, tanto ch'a questa non posso esser largo; ma leggi Ezechïel, che li dipigne come li vide da la fredda parte
venir con vento e con nube e con igne; e quali i troverai ne le sue carte, tali eran quivi, salvo ch'a le penne Giovanni è meco e da lui si diparte.