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ma misi me per l'alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto.

L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi, e l'altre che quel mare intorno bagna.

Io e ' compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov' Ercule segnò li suoi riguardi acciò che l'uom più oltre non si metta; da la man destra mi lasciai Sibilia, da l'altra già m'avea lasciata Setta.

"O frati", dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza,

di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza".

Li miei compagni fec' io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de' remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Tutte le stelle già de l'altro polo vedea la notte, e 'l nostro tanto basso, che non surgëa fuor del marin suolo.

Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna,

poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, quando n'apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avëa alcuna.

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto.

Tre volte il fé girar con tutte l'acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com' altrui piacque, infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».

CANTO XXVII

[Canto XXVII, dove tratta di que' medesimi aguatatori e falsi consiglieri d'inganni in persona del conte Guido da Montefeltro.]

Già era dritta in sù la fiamma e queta per non dir più, e già da noi sen gia con la licenza del dolce poeta,

quand' un'altra, che dietro a lei venìa, ne fece volger li occhi a la sua cima per un confuso suon che fuor n'uscia.

Come 'l bue cicilian che mugghiò prima 120

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

col pianto di colui, e ciò fu dritto, che l'avea temperato con sua lima, mugghiava con la voce de l'afflitto, sì che, con tutto che fosse di rame, pur el pareva dal dolor trafitto; così, per non aver via né forame

dal principio nel foco, in suo linguaggio si convertïan le parole grame.

Ma poscia ch'ebber colto lor vïaggio su per la punta, dandole quel guizzo che dato avea la lingua in lor passaggio, udimmo dire: «O tu a cu' io drizzo la voce e che parlavi mo lombardo, dicendo "Istra ten va, più non t'adizzo", perch' io sia giunto forse alquanto tardo, non t'incresca restare a parlar meco; vedi che non incresce a me, e ardo!

Se tu pur mo in questo mondo cieco caduto se' di quella dolce terra

latina ond' io mia colpa tutta reco, dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; ch'io fui d'i monti là intra Orbino e 'l giogo di che Tever si diserra».

Io era in giuso ancora attento e chino, quando il mio duca mi tentò di costa, dicendo: «Parla tu; questi è latino».

E io, ch'avea già pronta la risposta, sanza indugio a parlare incominciai:

«O anima che se' là giù nascosta, Romagna tua non è, e non fu mai,

sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni; ma 'n palese nessuna or vi lasciai.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Ravenna sta come stata è molt' anni: l'aguglia da Polenta la si cova,

sì che Cervia ricuopre co' suoi vanni.

La terra che fé già la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio, sotto le branche verdi si ritrova.

E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d'i denti succhio.

Le città di Lamone e di Santerno

conduce il lïoncel dal nido bianco, che muta parte da la state al verno.

E quella cu' il Savio bagna il fianco, così com' ella sie' tra 'l piano e 'l monte, tra tirannia si vive e stato franco.

Ora chi se', ti priego che ne conte; non esser duro più ch'altri sia stato, se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte».

Poscia che 'l foco alquanto ebbe rugghiato al modo suo, l'aguta punta mosse

di qua, di là, e poi diè cotal fiato:

«S'i' credesse che mia risposta fosse a persona che mai tornasse al mondo, questa fiamma staria sanza più scosse; ma però che già mai di questo fondo non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero, sanza tema d'infamia ti rispondo.

Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero, credendomi, sì cinto, fare ammenda; e certo il creder mio venìa intero, se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!, che mi rimise ne le prime colpe;

e come e quare, voglio che m'intenda.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe che la madre mi diè, l'opere mie

non furon leonine, ma di volpe.

Are sens