Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove 'l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti, muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce, sì ch'elli annieghi in te ogne persona!
Che se 'l conte Ugolino aveva voce d'aver tradita te de le castella, non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
Innocenti facea l'età novella,
novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata e li altri due che 'l canto suso appella.
Noi passammo oltre, là 've la gelata ruvidamente un'altra gente fascia, non volta in giù, ma tutta riversata.
Lo pianto stesso lì pianger non lascia, e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo, si volge in entro a far crescer l'ambascia; ché le lagrime prime fanno groppo, e sì come visiere di cristallo,
rïempion sotto 'l ciglio tutto il coppo.
E avvegna che, sì come d'un callo, per la freddura ciascun sentimento cessato avesse del mio viso stallo, già mi parea sentire alquanto vento; per ch'io: «Maestro mio, questo chi move?
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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
non è qua giù ogne vapore spento?».
Ond' elli a me: «Avaccio sarai dove di ciò ti farà l'occhio la risposta, veggendo la cagion che 'l fiato piove».
E un de' tristi de la fredda crosta gridò a noi: «O anime crudeli
tanto che data v'è l'ultima posta, levatemi dal viso i duri veli,
sì ch'ïo sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna, un poco, pria che 'l pianto si raggeli».
Per ch'io a lui: «Se vuo' ch'i' ti sovvegna, dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo, al fondo de la ghiaccia ir mi convegna».
Rispuose adunque: «I' son frate Alberigo; i' son quel da le frutta del mal orto, che qui riprendo dattero per figo».
«Oh», diss' io lui, «or se' tu ancor morto?».
Ed elli a me: «Come 'l mio corpo stea nel mondo sù, nulla scïenza porto.
Cotal vantaggio ha questa Tolomea, che spesse volte l'anima ci cade
innanzi ch'Atropòs mossa le dea.
E perché tu più volentier mi rade le 'nvetrïate lagrime dal volto,
sappie che, tosto che l'anima trade come fec' ïo, il corpo suo l'è tolto da un demonio, che poscia il governa mentre che 'l tempo suo tutto sia vòlto.
Ella ruina in sì fatta cisterna;
e forse pare ancor lo corpo suso
de l'ombra che di qua dietro mi verna.
Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso: 152
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elli è ser Branca Doria, e son più anni poscia passati ch'el fu sì racchiuso».
«Io credo», diss' io lui, «che tu m'inganni; ché Branca Doria non morì unquanche, e mangia e bee e dorme e veste panni».
«Nel fosso sù», diss' el, «de' Malebranche, là dove bolle la tenace pece,
non era ancora giunto Michel Zanche, che questi lasciò il diavolo in sua vece nel corpo suo, ed un suo prossimano che 'l tradimento insieme con lui fece.
Ma distendi oggimai in qua la mano; aprimi li occhi». E io non gliel' apersi; e cortesia fu lui esser villano.
Ahi Genovesi, uomini diversi
d'ogne costume e pien d'ogne magagna, perché non siete voi del mondo spersi?
Ché col peggiore spirto di Romagna trovai di voi un tal, che per sua opra in anima in Cocito già si bagna,
e in corpo par vivo ancor di sopra.
CANTO XXXIV