"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » 🤍🤍🤍✨,,L'amica geniale'' di Elena Ferrante🤍🤍🤍✨

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«Dei due chi ti piace di più?».

Fece spallucce.

«Marcello non m’è mai piaciuto, mi fa schifo».

«Ti fidanzeresti con Stefano, pur di cacciare Marcello da casa tua?».

Ci pensò un attimo e rispose sì.

Da quel momento il fine ultimo di tutto il nostro tramare ci sembrò quello: combattere con ogni mezzo contro l’intrusione di Marcello nella sua vita. Il resto venne ad affollarsi intorno quasi casualmente e noi ci limitammo a dargli un andamento, a volte una vera orchestrazione. O almeno così credemmo. Ad agire, in effetti, fu sempre e soltanto Stefano.

Puntuale, tre giorni dopo, andò al negozio e acquistò le scarpe, sebbene gli stessero strette. I due Cerullo tra molte incertezze gli chiesero venticinquemila lire, pronti però a scendere fino a diecimila. Lui non batté ciglio e ci mise altre ventimila in cambio dei disegni di Lila che – disse – gli piacevano, li voleva far incorniciare.

«Incorniciare?» chiese Rino.

«Sì».

«Come il quadro di un pittore?».

«Sì».

«E a mia sorella gliel’hai detto che ti compri pure i suoi disegni?».

«Sì».

Stefano non si fermò lì. Nei giorni seguenti fece di nuovo capolino nella calzoleria e annunciò a padre e figlio che aveva preso in affitto il locale adiacente al loro negozio. «Per ora sta lì» disse, «ma se voi un giorno deciderete di allargarvi, ricordatevi che sono a vostra disposizione».

In casa Cerullo si discusse a lungo, a bassa voce, su cosa significasse quella frase. «Allargarci?». Lila alla fine, visto che non ci arrivavano da soli, disse:

«Vi sta proponendo di trasformare la calzoleria in un laboratorio per fabbricare le scarpe Cerullo».

«E i soldi?» chiese cautamente Rino.

«Ce li mette lui».

«L’ha detto a te?» s’allarmò Fernando incredulo, subito incalzato da Nunzia.

«L’ha detto a voi due» disse Lila indicando suo padre e suo fratello.

«Ma lo sa che le scarpe fatte a mano costano?».

«Gliel’avete dimostrato».

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«E se non si vendono?».

«Voi ci perdete la fatica e lui i soldi».

«E basta?».

«Basta».

L’intera famiglia visse giorni di agitazione. Marcello passò in secondo piano. Arrivava la sera alle otto e mezza e la cena non era ancora pronta.

Spesso davanti alla televisione si ritrovò da solo con Melina e Ada, mentre i Cerullo confabulavano in un’altra stanza.

Naturalmente il più entusiasta era Rino, che riacquistò energia, colorito, allegria, e com’era stato amico intimo dei Solara, così cominciò a diventare amico intimo di Stefano, di Alfonso, di Pinuccia, persino della signora Maria.

Quando finalmente Fernando sciolse ogni riserva, Stefano andò al negozio e, dopo una piccola discussione, si arrivò a un accordo verbale in base al quale lui avrebbe fronteggiato tutte le spese e i due Cerullo avrebbero avviato la produzione sia del modello che Lila e Rino avevano già realizzato, sia di tutti gli altri modelli, fermo restando che dei profitti eventuali avrebbero fatto metà e metà. Estrasse i foglietti da una tasca e glieli mostrò l’uno dietro l’altro.

«Farete questa, questa, questa» disse, «però speriamo che non ci mettete due anni come so che è successo con quell’altra».

«Mia figlia è femmina» si giustificò Fernando in imbarazzo, «e Rino non ha ancora imparato bene il mestiere».

Stefano scosse cordialmente la testa.

«Lina lasciatela stare. Vi dovrete prendere dei lavoranti».

«E chi li paga?» domandò Fernando.

«Sempre io. Ve ne scegliete due o tre, liberamente, secondo il vostro giudizio».

Fernando, all’idea di avere nientemeno dei dipendenti, si infiammò e gli si sciolse la lingua con visibile disappunto del figlio. Raccontò di quando aveva imparato il mestiere da suo padre buonanima. Raccontò di com’era stato brutto il lavoro sulle macchine, a Casoria. Raccontò che il suo errore era stato sposarsi Nunzia, che aveva le mani deboli e nessuna voglia di faticare, ma se si fosse sposato Ines, una sua fiamma di gioventù che era una grandissima lavoratrice, avrebbe avuto da tempo un’attività tutta sua, meglio di Campanile, con un campionario da esporre casomai alla Mostra d’Oltremare.

Raccontò, infine, che aveva nella testa scarpe bellissime, roba perfetta, che se Stefano non si fosse fissato con quelle pazzielle di Lina, adesso si sarebbero

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potute mettere in lavorazione e sai quante ne avrebbero vendute. Stefano ascoltò con pazienza, ma poi ribadì che a lui, per adesso, interessava soltanto veder realizzati alla perfezione i disegni di Lila. Rino allora gli prese i foglietti della sorella, li esaminò ben bene e gli chiese con un tono di leggero sfottò: «Quando te li incorniciano dove li appendi?».

«Qua dentro».

Rino guardò suo padre, che però s’era di nuovo incupito e non disse niente.

«Mia sorella è d’accordo su tutto?» domandò.

Stefano sorrise:

«E chi se la sente di fare qualcosa se tua sorella non è d’accordo?».

Si alzò, strinse vigorosamente la mano a Fernando e si diresse verso la porta. Rino lo accompagnò e, all’improvviso sopraffatto da una sua preoccupazione, gli gridò dalla soglia, mentre il salumiere andava verso la decappottabile rossa:

«Il marchio delle scarpe resta Cerullo».

Stefano gli fece un cenno con la mano, senza girarsi: «Una Cerullo le ha inventate e Cerullo si chiameranno».

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Are sens