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Add to favorite 🔥 🔥 "Il barone rampante" di Italo Calvino

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Viola s’era già voltata: - Gaetano! Ampelio! Le foglie secche! C’è pieno di foglie secche! - E a lui:

- Tra un’ora, in fondo al parco. Aspettami -. E corse via a dar ordini, a cavallo.

Cosimo si gettò nel folto: avrebbe voluto che fos-se mille volte più folto, una valanga di foglie e rami e spini e caprifogli e capelveneri da affondarci e sprofondarci e solo dopo essercisi del tutto sommerso cominciare a capire se era felice o folle di paura.

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Sul grande albero in fondo al parco, coi ginocchi stretti al ramo, guardava l’ora in un cipollone che era stato del nonno materno Generale Von Kurte-witz e si diceva: non verrà. Invece Donna Viola arrivò quasi puntuale, a cavallo; lo fermò sotto la pianta, senza nemmeno guardare in su; non aveva più il cappello né la giubba da amazzone; la blusa bianca bordata di pizzo sulla gonna nera era quasi monacale. Alzandosi sulle staffe porse una mano a lui sul ramo; lui l’aiutò; lei montando sulla sella raggiunse il ramo, poi sempre senza guardare lui, s’arrampicò rapida, cercò una forcella comoda, sedette.

Cosimo s’accoccolò ai suoi piedi, e non poteva cominciare che così: -

Sei ritornata?

Viola lo guardò ironica. Era bionda come da bambina. - Come lo sai? - fece.

E lui, senza capire lo scherzo: - T’ho visto in quel prato della bandita del Duca...

- La bandita è mia. Che si riempia d’ortiche! Sai tutto? Di me, dico?

- No... Ho saputo solo ora che sei vedova...

- Certo, sono vedova, - si diede un colpo alla sottana nera, spiegandola, e prese a parlare fitto fitto: -Tu non sai mai niente. Stai lì sugli alberi tutto il giorno a ficcanasare negli affari altrui, e poi non sai 1

niente. Ho sposato il vecchio Tolemaico perché m’hanno obbligata i miei, m’hanno obbligata. Dicevano che facevo la civetta e che non potevo stare senza un marito. Un anno, sono stata Duchessa Tolemaico, ed è stato l’anno più noioso della mia vita, anche se col vecchio non sono stata più d’una settimana. Non metterò mai più piede in

nessuno dei loro castelli e ruderi e topaie, che si riempiano di serpi!

D’ora in avanti me ne starò qui, dove stavo da bambina. Ci starò finché mi garba, si capisce, poi me ne andrò: sono vedova e posso fare quello che mi piace, finalmente. Ho fatto sempre quel che mi piace, a dire il vero: anche Tolemaico l’ho sposato perché m’andava di sposarlo, non è vero m’abbiano obbligata a sposare lui, volevano che mi maritassi a tutti i costi e allora ho scelto il pretendente più decrepito che esistesse. «Così resterò vedova prima», ho detto e difatti ora lo sono.

Cosimo era lì mezzo stordito sotto quella valanga di notizie e d’affermazioni perentorie, e Viola era più lontana che mai: civetta, vedova e duchessa, faceva parte d’un mondo irraggiungibile, e tutto quello che lui seppe dire fu: - E con chi era che facevi la civetta?

E lei: - Ecco. Sei geloso. Guarda che non ti permetterò mai d’essere 1

geloso.

Cosimo ebbe uno scatto proprio da geloso provocato al litigio, ma poi subito pensò: «Come? Geloso? Ma perché ammette che io possa esser geloso di lei? Perché dice: "non ti permetterò mai"? È come dire che pensa che noi... ».

Allora, rosso in viso, commosso, aveva voglia di dirle, di chiederle, di sentire, invece fu lei a domandargli, secca: - Dimmi ora tu: cos’hai fatto?

- Oh, ne ho fatte di cose, - prese a dire lui, - sono andato a caccia, anche cinghiali, ma soprattutto volpi lepri faine e poi si capisce tordi e merli; poi pirati, sono scesi i pirati turchi, è stata una gran battaglia, mio zio è morto; e ho letto molti libri, per me e per un mio amico, un brigante impiccato; ho tutta l’Enciclopedia di Diderot e gli ho anche scritti e m’ha risposto, da Parigi; e ho fatto tanti lavori ho potato, ho salvato un bosco dagli incendi...

- ... E mi amerai sempre, assolutamente, sopra ogni cosa, e sapresti fare qualsiasi cosa per me?

A quest’uscita di lei, Cosimo, sbigottito, disse:

- Sì...

- Sei un uomo che è vissuto sugli alberi solo per me, per imparare 1

ad amarmi...

-Sì... Sì...

- Baciami.

La premette contro il tronco, la baciò. Alzando il viso s’accorse della bellezza di lei come se non l’avesse mai vista prima. - Ma di’: come sei bella...

- Per te, - e si sbottonò la blusa bianca. Il petto era giovane e coi botton di rosa, Cosimo arrivò a sfiorarlo appena. Viola guizzò via per i rami che pareva volasse, lui le rampava dietro e aveva in viso quella gonna.

- Ma dove mi stai portando? - diceva Viola come fosse lui a condurla, non lei che se lo portava dietro.

- Di qua, - fece Cosimo e prese lui a guidarla, e a ogni passaggio di ramo la prendeva per mano o per la vita e le insegnava i passi.

- Di qua, - e andavano su certi olivi, protesi da una ripida erta, e dalla vetta d’uno d’essi il mare che finora scorgevano solo frammento per frammento tra foglie e rami come frantumato, adesso tutt’a un tratto lo scopersero calmo e limpido e vasto come il cielo. L’orizzonte s’apriva largo ed alto e l’azzurro era teso e sgombro senza una vela e ci si contavano le increspature appena accennate delle onde. Solo un 1

lievissimo risucchio, come un sospiro, correva per i sassi della riva.

Con gli occhi mezzo abbagliati, Cosimo e Viola ridiscesero nell’ombra verde-cupa del fogliame. -Di qua.

In un noce, sulla sella del tronco, c’era un incavo a conca, la ferita d’un antico lavoro d’ascia, e là era

uno dei rifugi di Cosimo. C’era stesa una pelle di cinghiale, e intorno posati una fiasca, qualche arnese, una ciotola.

Viola si buttò sul cinghiale. - Ci hai portato altre donne?

Lui esitò. E Viola: - Se non ce ne hai portate sei un uomo da nulla.

- Sì... Qualcuna...

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