Era il tempo in cui andavano scoprendosi, raccontandosi le loro vite, interrogandosi.
- E ti sentivi solo?
- Mi mancavi tu.
- Ma solo rispetto al resto del mondo?
- No. Perché? Avevo sempre qualcosa da fare con altra gente: ho colto frutta, ho potato, ho studiato filosofìa con l’Abate, mi sono battuto coi pirati. Non è così per tutti?
2
- Tu solo sei così, perciò ti amo.
Ma il Barone non aveva ancora ben capito cos’era che Viola accettava di lui e cosa no. Alle volte bastava un nonnulla, una parola o un accento di lui a far prorompere l’ira della Marchesa.
Lui per esempio: - Con Gian dei Brughi leggevo romanzi, col Cavaliere facevo progetti idraulici...
- E con me?...
- Con te faccio l’amore. Come la potatura, la frutta...
Lei taceva, immobile. Subito Cosimo s’accorgeva d’aver scatenato la sua ira: gli occhi le erano improvvisamente diventati di ghiaccio.
- Perché, cosa c’è. Viola, cos’ho detto? Lei era distante come non lo vedesse né sentisse, a cento miglia da lui, marmorea in viso.
- Ma no. Viola, cosa c’è, perché, senti... Viola s’alzava ed agile, senza bisogno di aiuto, si metteva a scendere dall’albero.
2
Cosimo non aveva ancora capito qual era stato il suo errore, non era riuscito ancora a pensarci, forse preferiva non pensarci affatto, non capirlo, per proclamare meglio la sua innocenza: - Ma no, non m’avrai capito. Viola, senti...
La seguiva fin sul palco più basso: - Viola, non te ne andare, non così. Viola...
Lei ora parlava, ma al cavallo, che aveva raggiunto e slegava; montava in sella e via.
Cosimo cominciava a disperarsi, a saltare da un albero all’altro. -
No, Viola, dimmi. Viola!
Lei era galoppata via. Lui per i rami l’inseguiva:
- Ti supplico. Viola, io ti amo! - ma non la vedeva più. Si buttava sui rami incerti, con balzi rischiosi.
- Viola! Viola!
Quand’era ormai sicuro d’averla persa, e non poteva frenare i singhiozzi, eccola che ripassava al trotto, senza levar lo sguardo.
- Guarda, guarda. Viola, cosa faccio! - e prendeva a dar testate contro un tronco, a capo nudo (che aveva, per la verità, durissimo).
Lei nemmeno lo guardava. Era già lontana.
Cosimo aspettava che tornasse, a zig-zag tra gli alberi. - Viola!
Sono disperato! - e si buttava riverso nel vuoto, a testa in giù, tenendosi con le gambe a un ramo e tempestandosi di pugni capo e viso. Oppure si metteva a spezzar rami con furia distruttrice, e un olmo frondoso in pochi istanti era ridotto nudo e sguernito come fosse passata la grandine.
Mai però minacciò di uccidersi, anzi, non minacciò mai nulla, i ricatti del sentimento non erano da lui. Quel che si sentiva di fare lo faceva e mentre già lo faceva l’annunciava, non prima.
A un certo punto Donna Viola, imprevedibilmente Com’era entrata nell’ira, ne usciva. Di tutte le follie di Cosimo che pareva non l’avessero sfìora-ta, una repentinamente l’accendeva di pietà e d’amore. - No, Cosimo, caro, aspettami! - e saltava di sella, e si precipitava ad arrampicarsi per un tronco, e le braccia di lui dall’alto erano pronte a sollevarla.
L’amore riprendeva con una furia pari a quella del litigio. Era difatti la stessa cosa, ma Cosimo non ne capiva niente.
- Perché mi fai soffrire?
- Perché ti amo.
Ora era lui ad arrabbiarsi: - No, non mi ami! Chi ama vuole la
felicità, non il dolore.
- Chi ama vuole solo l’amore, anche a costo del dolore.
- Mi fai soffrire apposta, allora.
- Sì, per vedere se mi ami.
La filosofia del Barone si rifiutava d’andar oltre. - Il dolore è uno stato negativo dell’anima.
- L’amore è tutto.