"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » Italian Books » "Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello

Add to favorite "Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

Ma quella era la notte degl’incontri.

Passando, poco dopo, per Tordinona quasi al bujo, intesi un forte grido, tra altri soffocati, in uno dei vicoli che sbucano in questa via. Improvvisamente mi vidi precipitare innanzi un groviglio di rissanti. Eran quattro miserabili, armati di nodosi bastoni, addosso a una donna da trivio.

Accenno a quest’avventura, non per farmi bello d’un atto di coraggio, ma per dire anzi della paura che provai per le conseguenze di esso. Erano quattro quei mascalzoni, ma avevo anch’io un buon bastone ferrato. È vero che due di essi mi s’avventarono contro anche coi coltelli. Mi difesi alla meglio, facendo il mulinello e saltando a tempo in qua e in là per non farmi prendere in mezzo; riuscii alla fine ad appoggiar sul capo al più accanito un colpo bene assestato, col pomo di ferro: lo vidi vacillare, poi prender la corsa; gli altri tre allora, forse temendo che qualcuno stesse ormai per accorrere agli strilli della donna, lo seguirono. Non so come, mi trovai ferito alla fronte. Gridai alla donna, che non smetteva ancora di chiamare ajuto, che si stesse zitta; ma ella, vedendomi con la faccia rigata di sangue, non seppe frenarsi e, piangendo, tutta scarmigliata, voleva soccorrermi, fasciarmi col fazzoletto di seta che portava sul seno, stracciato nella rissa.

— No, no, grazie, — le dissi, schermendomi con ribrezzo. — Basta… Non è nulla! Va’, va’ subito… Non ti far vedere.

E mi recai alla fontanella, che è sotto la rampa del ponte lì vicino, per bagnarmi la fronte. Ma, mentr’ero lì, ecco due guardie affannate, che vollero sapere che cosa fosse accaduto. Subito, la donna, che era di Napoli, prese a narrare il «guajo che aveva passato» con me, profondendo le frasi più affettuose e ammirative del suo repertorio dialettale al mio indirizzo. Ci volle del bello e del buono, per liberarmi di quei due zelanti questurini, che volevano assolutamente condurmi con loro, perché denunziassi il fatto.

Bravo! Non ci sarebbe mancato altro! Aver da fare con la questura, adesso!

comparire il giorno dopo nella cronaca dei giornali come un quasi eroe, io che me ne dovevo star zitto, in ombra, ignorato da tutti…

Eroe, ecco, eroe non potevo più essere davvero. Se non a patto di morirci…

Ma se ero già morto!

— È vedovo lei, scusi, signor Meis?

Questa domanda mi fu rivolta a bruciapelo, una sera, dalla signorina Caporale nel terrazzino, dove ella si trovava con Adriana e dove mi avevano invitato a passare un po’ di tempo in loro compagnia.

Restai male, lì per lì; risposi:

— Io no; perché?

— Perché lei col pollice si stropiccia sempre l’anulare, come chi voglia far girare un anello attorno al dito. Così… È vero, Adriana?

Ma guarda un po’ fin dove vanno a cacciarsi gli occhi delle donne, o meglio, di certe donne, poiché Adriana dichiarò di non essersene mai accorta.

— Non ci avrai fatto attenzione! — esclamò la Caporale.

Dovetti riconoscere che, per quanto neanche io vi avessi fatto mai attenzione, poteva darsi che avessi quel vezzo.

— Ho tenuto difatti, — mi vidi costretto ad aggiungere, — per molto tempo, qui, un anellino, che poi ho dovuto far tagliare da un orefice, perché mi serrava troppo il dito e mi faceva male.

— Povero anellino! — gemette allora, storcignandosi, la quarantenne, in vena quella sera di lezii infantili. — Tanto stretto le stava? Non voleva uscirle più dal dito? Sarà stato forse il ricordo d’un…

— Silvia! — la interruppe la piccola Adriana, in tono di rimprovero.

— Che male c’è? — riprese quella. — Volevo dire d’un primo amore… Sù, ci dica qualche cosa, signor Meis. Possibile, che lei non debba parlar mai?

— Ecco, — dissi io, — pensavo alla conseguenza che lei ha tratto dal mio vezzo di stropicciarmi il dito. Conseguenza arbitraria, cara signorina.

Perché i vedovi, ch’io mi sappia, non sogliono levarsi l’anellino di fede.

Pesa, se mai, la moglie, non l’anellino, quando la moglie non c’è più. Anzi, come ai veterani piace fregiarsi delle loro medaglie, così al vedovo, credo, portar l’anellino.

— Eh sì! — esclamò la Caporale. — Lei storna abilmente il discorso.

— Come! Se voglio anzi approfondirlo!

— Che approfondire! Non approfondisco mai nulla, io. Ho avuto questa impressione, e basta.

— Che fossi vedovo?

— Sissignore. Non pare anche a te, Adriana, che ne abbia l’aria, il signor Meis?

Adriana si provò ad alzar gli occhi su me, ma li riabbassò subito, non sapendo – timida com’era – sostenere lo sguardo altrui; sorrise lievemente del suo solito sorriso dolce e mesto, e disse:

— Che vuoi che sappia io dell’aria dei vedovi? Sei curiosa!

Un pensiero, un’immagine dovette balenarle in quel punto alla mente; si turbò, e si volse a guardare il fiume sottostante. Certo quell’altra comprese, perché sospirò e si volse anche lei a guardare il fiume.

Un quarto, invisibile, era venuto evidentemente a cacciarsi tra noi.

Compresi alla fine anch’io, guardando la veste da camera di mezzo lutto di Adriana, e argomentai che Terenzio Papiano, il cognato che si trovava ancora a Napoli, non doveva aver l’aria del vedovo compunto, e che, per conseguenza, quest’aria, secondo la signorina Caporale, la avevo io.

Confesso che provai gusto che quella conversazione finisse così male. Il dolore cagionato ad Adriana col ricordo della sorella morta e di Papiano vedovo, era infatti per la Caporale il castigo della sua indiscrezione.

Se non che, volendo esser giusti, questa che pareva a me indiscrezione, non era in fondo naturale curiosità scusabilissima, in quanto che per forza doveva nascere da quella specie di silenzio strano che era attorno alla mia persona? E giacché la solitudine mi riusciva ormai insopportabile e non sapevo resistere alla tentazione d’accostarmi a gli altri, bisognava pure che alle domande di questi altri, i quali avevano bene il diritto di sapere con chi avessero da fare, io soddisfacessi, rassegnato, nel miglior modo possibile, cioè mentendo, inventando: non c’era via di mezzo! La colpa non era degli altri, era mia; adesso l’avrei aggravata, è vero, con la menzogna; ma se non

volevo, se ci soffrivo, dovevo andar via, riprendere il mio vagabondaggio chiuso e solitario.

Notavo che Adriana stessa, la quale non mi rivolgeva mai alcuna domanda men che discreta, stava pure tutta orecchi ad ascoltare ciò che rispondevo a quelle della Caporale, che, per dir la verità, andavano spesso un po’ troppo oltre i limiti della curiosità naturale e scusabile.

Una sera, per esempio, lì nel terrazzino, ove ora solitamente ci riunivamo quand’io tornavo da cena, mi domandò, ridendo e schermendosi da Adriana che le gridava eccitatissima: — No, Silvia, te lo proibisco! Non t’arrischiare! — mi domandò:

— Scusi, signor Meis, Adriana vuol sapere perché lei non si fa crescere almeno i baffi…

Are sens

Copyright 2023-2059 MsgBrains.Com