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Oh paesello mio addormentato, che scompiglio dimani, alla notizia della mia resurrezione!

C’era la luna, quella sera, e però tutti i lampioncini erano spenti, al solito, per le vie quasi deserte, essendo l’ora della cena pei più.

Avevo quasi perduto, per la estrema eccitazione nervosa, la sensibilità delle gambe: andavo, come se non toccassi terra coi piedi. Non saprei ridire in che animo fossi: ho soltanto l’impressione come d’una enorme, omerica risata che, nell’orgasmo violento, mi sconvolgeva tutte le viscere, senza poter scoppiare: se fosse scoppiata, avrebbe fatto balzar fuori, come denti, i selci della via, e vacillar le case.

Giunsi in un attimo a casa Pomino; ma in quella specie di bacheca che è nell’androne non trovai la vecchia portinaja; fremendo, attendevo da qualche minuto, quando su un battente del portone scorsi una fascia di lutto stinta e polverosa, inchiodata lì, evidentemente, da parecchi mesi. Chi era morto? La vedova Pescatore? Il cavalier Pomino? Uno dei due, certamente.

Forse il cavaliere… In questo caso, i miei due colombi, li avrei trovati sù, senz’altro, insediati nel Palazzo. Non potei aspettar più oltre: mi lanciai a balzi sù per la scala. Alla seconda branca, ecco la portinaja.

— Il cavalier Pomino?

Dallo stupore con cui quella vecchia tartaruga mi guardò, compresi che proprio il povero cavaliere doveva esser morto.

— Il figlio! il figlio! — mi corressi subito, riprendendo a salire.

Non so che cosa borbottasse tra sé la vecchia per le scale. A pie’ dell’ultima branca dovetti fermarmi: non tiravo più fiato! guardai la porta; pensai:

«Forse cenano ancora, tutti e tre a tavola… senz’alcun sospetto. Fra pochi istanti, appena avrò bussato a quella porta, la loro vita sarà sconvolta…

Ecco, è in mia mano ancora la sorte che pende loro sul capo». Salii gli ultimi scalini. Col cordoncino del campanello in mano, mentre il cuore mi balzava in gola, tesi l’orecchio. Nessun rumore. E in quel silenzio ascoltai il tin-tin lento del campanello, tirato appena, pian piano.

Tutto il sangue m’affluì alla testa, e gli orecchi presero a ronzarmi, come se quel lieve tintinno che s’era spento nel silenzio, m’avesse invece squillato dentro furiosamente e intronato.

Poco dopo, riconobbi con un sussulto, di là dalla porta, la voce della vedova Pescatore:

— Chi è?

Non potei, lì per lì, rispondere: mi strinsi le pugna al petto, come per impedir che il cuore mi balzasse fuori. Poi, con voce cupa, quasi sillabando, dissi:

— Mattia Pascal.

— Chi?! — strillò la voce di dentro.

— Mattia Pascal, — ripetei, incavernando ancor più la voce.

Sentii scappare la vecchia strega, certo atterrita, e subito immaginai che cosa in quel momento accadeva di là. Sarebbe venuto l’uomo, adesso: Pomino: il coraggioso!

Ma prima bisognò ch’io risonassi, come dianzi, pian piano.

Appena Pomino, spalancata di furia la porta, mi vide – erto – col petto in fuori – innanzi a sé – retrocesse esterrefatto. M’avanzai, gridando:

— Mattia Pascal! Dall’altro mondo.

Pomino cadde a sedere per terra, con un gran tonfo, sulle natiche, le braccia puntate indietro, gli occhi sbarrati:

— Mattia! Tu?!

La vedova Pescatore, accorsa col lume in mano, cacciò uno strillo acutissimo, da partoriente. Io richiusi la porta con una pedata, e d’un balzo le tolsi il lume, che già le cadeva di mano.

— Zitta! — le gridai sul muso. — Mi prendete per un fantasima davvero?

— Vivo?! — fece lei, allibita, con le mani tra i capelli.

— Vivo! vivo! vivo! — seguitai io, con gioja feroce. — Mi riconosceste morto, è vero? affogato là?

— E di dove vieni? — mi chiese con terrore.

— Dal molino, strega! — le urlai. — Tieni qua il lume, guardami bene!

Sono io? mi riconosci? o ti sembro ancora quel disgraziato che s’affogò alla Stìa?

— Non eri tu?

— Crepa, megera! Io sono qua, vivo! Sù, alzati tu, bel tomo! Dov’è Romilda?

— Per carità… — gemette Pomino, levandosi in fretta. — La piccina… ho paura… il latte…

Lo afferrai per un braccio, restando io, ora, a mia volta:

— Che piccina?

— Mia… mia figlia… balbettò Pomino.

— Ah che assassinio! — gridò la Pescatore.

Non potei rispondere ancora sotto l’impressione di questa nuova notizia.

— Tua figlia?… — mormorai. — Una figlia, per giunta?… E questa, ora…

Are sens

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