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– Cinque scellini soli – rispose la signorina Mowcher –

ed è quasi per nulla, galletto mio. Non sono una pazzerellona, signor Copperfield?

Risposi cortesemente: «Ma niente affatto». Pure, quando la vidi gettare in aria la moneta come un prestidigitatore, acchiapparla, farla cadere in tasca, e battervi su la mano con un forte schiocco, mi dissi che era proprio così.

– Questo è lo scrigno – osservò la signorina Mowcher, mettendosi di nuovo accanto alla sedia, e rimettendo nella borsa la miscellanea di oggettini che n’aveva tratta fuori. – Ho ripreso tutti i miei arnesi? Sembra di sì! Non sarebbe piacevole di trovarsi nella condizione di Ned 595

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Beadwood, quando fu condotto in chiesa, per fargli sposare non so chi, com’egli diceva, e dimenticarono la fidanzata. Ah! ah! ah! Un briccone, quel Ned, ma tanto buffo. Ora, so che vi do un dolore, ma son costretta a lasciarvi. Però dovete farvi coraggio, e cercar di sopportarlo. Addio, signor Copperfield! State attento, Jockey di Norfolk. Quanto ho chiacchierato! Tutta colpa vostra, birbanti! Vi perdono, Bunsuar... come diceva Bob, dopo la sua prima lezione di francese, bunsuar, figliuoli miei.

Con la borsa gettata sul braccio, e ciarlando sempre, si diresse dondolando alla porta, dove si fermò, chieden-doci se non dovesse lasciarci una ciocca dei suoi capelli.

«Non sono una pazzerellona?» ella aggiunse, come un commento all’offerta, e uscì puntandosi l’indice sul naso.

Steerforth rise tanto, che non potei fare a meno dall’imi-tarlo; ma non son certo, se senza quell’allettamento avrei fatto lo stesso. Dopo quell’esplosione di risate, che durarono abbastanza, egli mi disse che la signorina Mowcher aveva una numerosa clientela, e si rendeva utile a una gran quantità di persone in vari modi. Alcuni la trattavano come un semplice balocco, ma essa era un’osser-vatrice di straordinaria acutezza: aveva, facendo una variazione a un certo proverbio, la testa grossa, ma il cervello fino. Mi disse che ciò ch’essa mi aveva detto di trovarsi di qua e di là e da per tutto, rispondeva perfettamente al vero; perché faceva dei viaggetti in provincia, 596

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e sembrava trovasse dei clienti per ogni dove, e conoscesse tutti. Gli chiesi qual fosse il carattere di lei: se maligno, o in generale disposto ad apprezzare il lato buono delle cose; ma non riuscendo a ottenere una risposta a due o tre domande di questo genere, vi rinunziai o dimenticai di ripeterle. Egli mi disse invece, con gran rapidità, molte cose sull’abilità e i lucri della signorina Mowcher; e che finalmente ella sapeva applicare scientificamente le coppette, se mai mi fossi trovato in necessità di servirmi di lei per quel genere di operazione.

Ella formò l’argomento principale dei nostri discorsi per tutta la serata; e quando ci separammo per andare a letto, Steerforth mi chiamò dal pianerottolo mentre me ne andavo, per gridarmi «Bunsuar».

Mi sorprese, arrivando a casa di Barkis, di trovar Cam che passeggiava su e giù innanzi alla porta, e anche più d’apprender da lui che l’Emilietta era lì dentro. Io naturalmente chiesi perché non fosse entrato anche lui, invece di star lì a fare la sentinella.

– Perché, vedete, signorino Davy – egli soggiunse con una certa esitazione – l’Emilia deve parlare con una persona.

– Sarebbe – dissi io sorridendo – una ragione di più per entrare anche tu, Cam.

– Bene, signorino Davy, in altri casi sarebbe così – egli 597

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rispose; – ma vedete, signorino Davy – disse, abbassando la voce – si tratta d’una ragazza... una ragazza che Emilia ha conosciuto una volta, e non dovrebbe più vedere.

Sentendo questo, un lampo rischiarò i miei dubbi sulla persona che avevo visto seguire l’Emilietta alcune ore prima.

– È una povera donna, signorino Davy – disse Cam

– che è disprezzata e messa sotto i piedi da tutto il paese, per tutte le vie. Un fantasma che uscisse dal cimitero non farebbe fuggire più gente di lei.

– È quella che ho visto stasera sulla spiaggia, dopo il nostro incontro?

– Quella che ci seguiva? – disse Cam. – Sì, quella, signorino Davy. Io non sapevo ch’ella ci seguisse, ma s’è avvicinata alla finestra dell’Emilia, quando l’ha vista illuminata, e ha chiamato piano: «Emilia, Emilia, per l’amor di Dio, sii pietosa con me! Una volta ero an-ch’io come te». Era una preghiera solenne, signorino Davy. Come rifiutare di ascoltarla?

– Hai ragione, Cam. E l’Emilia?

– Dice l’Emilia: «Marta, sei tu? Sei proprio tu?» Perché esse sono state parecchio tempo a lavorare insieme, da Omer.

– Ora la ricordo – esclamai, rammentando mi delle 598

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due ragazze viste la prima volta in quel la bottega. – La ricordo benissimo.

– Si chiama Marta Endell – disse Cam. – È di due o tre anni maggiore dell’Emilia, ma andava a scuola con lei.

– Non ne ho mai saputo il nome; scusami d’averti interrotto.

– Quanto a questo, signorino Davy – rispose Cam – in poche parole v’ho detto tutto. «Emilia, Emilia, per l’amor di Dio sii pietosa per me! Una volta ero come te».

Essa voleva parlare con l’Emilia. L’Emilia non poteva parlarle lì, perché era tornato a casa lo zio, ed egli non vuole... no, signorino Davy – disse Cam con molta serietà – non vuole e non può, benché sia buono e generoso, vederle andare insieme, neppure per tutti i tesori del mare.

Comprendevo perfettamente. Lo compresi subito al primo accenno di Cam.

– Allora l’Emilia scrive con la matita un bigliettino

– egli continuò – e glielo dà per la finestra, perché lo porti qui. «Fa’ veder questo a mia zia», ella dice, «e per l’amor mio, ella ti farà aspettare in casa sua, finché non esca mio zio, e io possa venire». Subito ella mi dice ciò che v’ho detto, signorino Davy, e mi prega di accompagnarla. Che dovevo fare? Ella non dovrebbe parlare con una persona simile, ma io non so negarle nulla quando 599

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la veggo piangere.

Si mise la mano nella tasca interna della giacca, e ne trasse con gran cura un borsellino.

– E se potessi negarle qualche cosa, quando la veggo lagrimosa, signorino Davy – disse Cam, tenendo diligentemente il borsellino nella mano callosa – come avrei potuto rifiutar di portarle questo qui, sapendo benissimo la sua intenzione? Un piccolo balocco come questo – disse Cam, guardando il borsellino in atto pensoso – con tanto poco denaro! Emilia cara!

Gli strinsi forte la mano, dopo ch’egli ebbe rimesso il borsellino in tasca, perché non sapevo come dimostrargli la mia simpatia – e passeggiammo su e giù, per qualche minuto, in silenzio. S’aperse allora la porta, e apparve Peggotty, che fece cenno a Cam di entrare.

Avrei voluto rimaner di fuori, ma essa mi venne incontro, invitando anche me ad entrare. E me ne sarei andato difilato in camera mia, se non li avessi trovati tutti raccolti nella cucina menzionata più d’una volta, e che s’apriva direttamente sulla strada.

La ragazza – la stessa che avevo veduta sulla spiaggia – era accanto al fuoco. Sedeva in terra, con la testa e un braccio su una sedia. Immaginai, da quell’atteggiamento, che l’Emilia si fosse allora allora levata da sedere; e che forse aveva tenuto in grembo la testa della povera abbandonata. Non scorgevo che un po’ del viso 600

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della ragazza, la quale aveva i capelli sciolti e scarmi-gliati, e sembrava li avesse disfatti di sua mano; ma vedevo che era giovanissima e di un bel colorito. Peggotty aveva pianto; aveva pianto l’Emilia. Non si disse una parola al nostro ingresso; e il tic-tac dell’orologio olandese accanto alla credenza sembrava, in quel silenzio, molto più forte del solito.

Are sens