– Nulla m’avrebbe fatto più piacere di questo! È una consolazione. È così bello sapere, che quando soffrono, non sentono. A volte, mi piangeva il cuore a pensare al destino di gente di quella specie, ma ora non ci penserò più affatto. Vivere è imparare. Avevo i miei dubbi, confesso, ma ora sono risolti. Non lo sapevo, e ora lo so: ecco l’utilità del domandare... no?
Credevo che Steerforth avesse detto ciò che aveva detto per scherzo, o per far parlare la signorina Dartle; e m’aspettavo che m’avrebbe detto così, quando ella se ne fosse andata. Ma rimasti noi due soli accanto al fuoco, egli mi chiese soltanto che impressione m’avesse fatto la signorina Dartle.
– Essa è molto fine, non è vero? – domandai.
– Fine? Porta ogni cosa alla moda – disse Steerforth e 523
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David Copperfield
l’affila, com’essa s’è affilato il viso e la persona da tanti anni. S’è logorata con l’affilarsi continuamente. È una lama di rasoio.
– Che grossa cicatrice ha sul labbro! – dissi Il volto di Steerforth, che tacque per un momento, si abbuiò.
– Il fatto sta – egli rispose – che gliel’ho fatta io.
– Per disgrazia?
– No. Ero ragazzo, mi fece perdere la pazienza, e le sca-gliai contro un martello. Dovevo essere un angioletto molto prepotente!
Ero profondamente rattristato d’aver toccato quel tasto, ma era troppo tardi.
– Come hai visto, d’allora le è rimasto quel segno – disse Steerforth – e se lo porterà fino all’ultimo riposo, se mai ella riposerà; perché stento a credere che riposerà mai. Era la figlia unica d’un certo cugino di mio padre.
Morto quel cugino, mia madre, che era rimasta vedova, se la prese qui per avere una compagnia. Ha un paio di migliaia di sterline di suo, e ne risparmia l’interesse ogni anno per aggiungerlo al capitale. Ecco, se la vuoi sapere, la storia della signorina Dartle.
– E io non dubito che ti voglia bene come a un fratello –
dissi.
– Oh! – disse Steerforth, contemplando il fuoco. – Vi 524
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sono dei fratelli ai quali non si vuol molto bene; e altri che si voglion bene... ma sèrviti, Copperfield. Brindere-mo alle margheritine dei campi, in tuo onore, e ai gigli della valle che non lavorano e non filano, in mio onore...
per maggior mia vergogna. – Un amaro sorriso che gli s’era sparso sul volto si dileguò, mentr’egli diceva questo allegramente, e ridiventava il cordiale e simpatico amico che conoscevo.
Quando ci recammo a prendere il tè, non potei fare a meno di osservare la cicatrice con pietoso interesse.
Notai subito che era la parte più sensibile del viso della signorina. Quando ella impallidiva, il primo a cambiar di colore era quel segno, che diventava quasi una fosca striscia di piombo, e si allungava in tutta la sua esten-sione, come una traccia d’inchiostro simpatico avvicinata al calore. Per un piccolo alterco fra lei e Steerforth, a proposito d’una mossa al giuoco di dama, ella mi parve fremere di collera; e vidi la cicatrice disegnarsi come quell’antica scritta sul muro in quel banchetto famoso.
Non mi meravigliai affatto dell’entusiasmo della signora Steerforth per il figlio. Pareva ch’ella non potesse parlare o pensare a null’altro. Mi mostrò il ritratto di lui bambino, in un medaglione, con un ricciolo dei suoi capelli d’allora; e mi mostrò il ritratto di come era quando io l’avevo conosciuto la prima volta: e sul petto portava il ritratto di come egli era in quei giorni. Tutte le lettere 525
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ch’egli le aveva scritte, ella le custodiva in uno scaffa-letto presso la sua poltrona accanto al fuoco; e me ne avrebbe lette alcune, e anche a me sarebbe piaciuto sentirle, se egli non si fosse interposto, stornandola da quel proposito.
– M’ha detto mio figlio che l’avete conosciuto la prima volta dal signor Creakle – disse la signora Steerforth, mentre io e lei stavamo presso un tavolino, e gli altri due giocavano a dama su un altro. – Veramente, mi ricordo, ch’egli mi parlò allora d’un ragazzo più piccolo di lui al quale aveva preso a voler bene; ma il vostro nome, come è facile immaginare, m’era uscito di mente.
– Fu pieno di generosità e di bontà per me in quei giorni, vi assicuro, signora – io dissi – e allora avevo proprio bisogno d’un amico simile. Sarei stato veramente calpestato, senza di lui.
– Egli è sempre generoso e nobile – disse la signora Steerforth, con orgoglio.
Dio sa che sottoscrivevo a questa affermazione con tutto il cuore. Lo sapeva anche lei, perché la solennità dei suoi modi già s’attenuava verso me, tranne quando ella parlava in lode di lui, perché allora assumeva sempre un’aria di solenne alterezza.
– Veramente non era una scuola degna di mio figlio –
ella disse – tutt’altro. Ma v’erano allora delle circostan-526
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ze particolari da considerare, di maggiore importanza della scelta della scuola. Il carattere indipendente di mio figlio rendeva necessario ch’egli fosse messo con qualcuno che ne sentisse la superiorità e fosse disposto a in-chinarlesi: e l’uomo che ci occorreva fu trovato lì.
Già lo sapevo, ché lo conoscevo; ma non per questo sentii maggior disprezzo per lui. Se avessi potuto con-cedergli un’attenuante, gliel’avrei concessa appunto perché non aveva saputo resistere all’irresistibile fascino di Steerforth.
– La gran capacità di mio figlio fu in quella scuola sti-molata da un sentimento di emulazione volontaria e di consapevole orgoglio – continuò a dire l’appassionata madre. – Egli si sarebbe ribellato contro ogni costrizione; ma si trovò ad essere il monarca del luogo, e alteramente si propose d’esser degno di quel grado. E non poteva essere diversamente.
Io feci eco, con tutto il cuore e tutta l’anima, che non poteva essere diversamente.
– Così mio figlio, di sua propria volontà e senza alcuna spinta, si mise a capo di tutti, cosa che farà sempre, quando vorrà, lasciandosi in dietro ogni concorrente –