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Se gli altri impiegati del Commons durarono quel giorno solo la metà delle mie sofferenze, credo sinceramente 648

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che scontassero tutti i loro peccati per la parte che si beccavano di quel vecchio e fradicio formaggio ecclesiastico. Benché lasciassi l’ufficio alle tre e mezzo, e va-gassi pochi minuti dopo intorno al luogo dell’appuntamento, l’ora stabilita era già passata da più di un quarto d’ora, secondo l’orologio di Sant’Andrea di Holborn, prima che avessi il coraggio di tirare il cordone del campanello a sinistra sulla porta del signor Waterbrook.

Gli affari professionali di casa Waterbrook venivano trattati a pianterreno, e quelli d’ordine più elevato (dei quali ve n’eran molti) nel piano di sopra. Fui condotto in un salottino molto bello ma piuttosto piccolo, al cospetto di Agnese, che sedeva lavorando a una borsetta.

Ella aveva un’aria così buona e calma, e mi ricordava con tanta vivezza i giorni di fresca innocenza a Canterbury, in contrasto con lo spettacolo d’abbrutimento che le avevo presentato due sere innanzi, che, non visto da alcuno, cedetti al rimorso e alla vergogna, e – insomma, mi comportai come uno sciocco. E non posso negare che mi misi a piangere. Ora non so se quello fosse, dopo tutto, il partito più savio o il più ridicolo.

– Se non foste stata voi, Agnese – dissi, voltando la testa, – non me ne sarei curato gran fatto. Ma dovevate esser proprio voi a vedermi in quello stato! Avrei preferito di morire.

Ella per un momento stese la mano – nessun’altra 649

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carezza era come la sua – al mio braccio; e mi sentii così consolato e incoraggiato, che non potei non portar-mela alle labbra, e baciarla con gratitudine.

– Sedetevi – disse lietamente Agnese. – Non vi desolate, Trotwood. Se non avete fiducia in me, in chi avrete fiducia?

– Ah, Agnese! – risposi. – Voi siete il mio buon angelo.

Ella sorrise con un po’ di mestizia, mi parve, e scosse il capo.

– Sì, Agnese, il mio buon angelo. Sempre il mio buon angelo.

– Se davvero lo fossi, Trotwood, – ella rispose, – v’è una cosa alla quale terrei moltissimo.

La guardai con una domanda negli occhi; ma già con una prescienza di quello che intendeva.

– A mettervi in guardia – disse Agnese, con uno sguardo fermo, – contro il vostro cattivo angelo.

– Mia cara Agnese, – cominciai, – se volete alludere a Steerforth...

– Sì, Trotwood, – ella rispose.

– Allora, Agnese, voi gli fate un gran torto. Lui, il mio cattivo angelo, o di chicchessia! Lui, che m’è guida, sostegno e amico! Mia cara Agnese! Ora, è ingiusto 650

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e indegno di voi giudicarlo da ciò che avete visto di me l’altra sera.

– Non da ciò che ho visto di voi l’altra sera lo giudico.

– Da che, allora?

– Da molte cose... inezie in sé stesse, ma che assumono qualche importanza nel loro insieme. Lo giudico in parte da ciò che voi m’avete detto di lui, dal vostro carattere, dall’influenza ch’egli ha su di voi.

Vi era sempre qualche cosa nella sua voce tranquilla che sembrava toccasse entro di me una corda che rispondeva solo a quel suono. La sua era una voce sempre seria; ma quando era specialmente seria, come allora, aveva un accento che mi soggiogava. Mentre teneva gli occhi abbassati sul suo lavoro, io la contemplavo come in atto d’ascoltarla; e Steerforth, nonostante tutta l’affezione che gli portavo, in quell’attimo s’abbuiò.

– È molto audace da parte mia – disse Agnese, levando di nuovo gli occhi, – darvi un parere con tanta sicurezza, anzi adottare un’opinione così recisa. So che son vissuta sempre appartata, e conosco pochissimo il mondo. Ma so da che è dettata, Trotwood: dal tenero ricordo dei nostri anni di convivenza; da una tenera sollecitudine per tutto ciò che vi riguarda. Perciò sono audace. E son sicura che ciò che dico è vero. Ne sono assolutamente certa. Mi sembra che vi parli un altro e non io, quando 651

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vi dico che vi siete fatto un amico pericoloso.

Di nuovo la guardai, di nuovo stetti ad ascoltarla nel suo silenzio, e di nuovo la immagine di Steerforth, benché saldissima nel cuor mio, s’abbuiò.

– Non sono così irragionevole da sperare – disse Agnese, tornando, dopo un poco, al suo solito tono, –

che voi vogliate o possiate, subito, mutare un sentimento che è divenuto in voi una perfetta convinzione; tanto meno un sentimento che è radicato nella vostra indole fiduciosa. E neanche vorrei che lo faceste con leggerezza. Solo vi chiedo, Trotwood, se mai pensate a me... voglio dire, – aggiunse con un tranquillo sorriso, perché stavo per interromperla – di meditare su ciò che vi ho detto. E ora mi perdonerete?

– Io vi perdonerò, Agnese, – risposi, – quando renderete giustizia a Steerforth, e gli vorrete il bene che gli voglio io.

– Non prima d’allora? – disse Agnese.

Vidi un’ombra passarle sul viso quando accennai a lui, ma mi ricambiò il mio sorriso, e di nuovo conversammo senza riserva, reciprocamente fiduciosi, come in antico.

– E quando, Agnese, – dissi, – mi perdonerete il trascorso dell’altra sera?

– Tutte le volte che ci penserò – disse Agnese.

Ella avrebbe fatto cadere quel soggetto, ma io n’ero 652

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troppo pieno per permetterglielo, e insistei narrandole come mi fossi tirato addosso quella vergogna, e passando in rassegna la catena delle circostanze che avevano avuto il teatro per anello finale. E questo mi fu di gran sollievo, come pure il diffondermi sulla riconoscenza che dovevo a Steerforth per avermi assistito amorevol-mente, quando non ero stato più in grado di badare a me stesso.

– Non dovete dimenticare – disse Agnese, cambiando tranquillamente discorso, appena ebbi finito, – che dovete raccontarmi sempre non soltanto tutti i vostri affanni, ma tutti i vostri ardori d’innamorato. Quale donna è succeduta alla signorina Larkins, Trotwood?

– Nessuna, Agnese.

– Qualcuna, Trotwood, – disse Agnese, ridendo, e sollevando l’indice.

– No, Agnese, in parola d’onore. Ecco, c’è una signorina, in casa della signora Steerforth, che ha molta finezza, con la quale mi piace di discorrere... la signorina Dartle.:. ma non l’adoro.

Agnese rise, lieta della sua penetrazione, e mi disse che se io le avessi confidato fedelmente tutto, avrebbe potuto tenermi un piccolo registro delle mie violente accen-sioni, con la data, la durata e il termine di ciascuna, come il quaderno dei regni dei re e delle regine nella storia d’Inghilterra. Poi mi domandò se avessi veduto 653

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Are sens