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La mia risposta affermativa gli diede una grande soddisfazione.

– Credo che il mio fiato fra breve sarà più lungo, ché 541

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già mi torna la memoria – disse il signor Omer. – Bene, signore, noi abbiamo qui come apprendista una ragazza sua parente, che ha un gusto per le vesti... vi assicuro.

Credo non vi sia una duchessa in Inghilterra che possa competer con lei.

– La piccola Emilia? – dissi involontariamente.

– Sì, si chiama Emilia – disse Omer – ed è piccola, anche. Ma, non lo credereste, ha un viso che rende furiose contro di lei la metà delle donne di questa città.

– Ma che dici mai, papà?

– Mia cara – disse Omer – io non dico che ci sii compresa anche tu – e intanto strizzava l’occhio verso di me – ma sostengo che metà delle donne di Yarmouth, ahimè, e nello spazio di cinque miglia di diametro, sono furiose contro quella ragazza.

– Allora sarebbe dovuta rimanere nella sua condizione, papà – disse Minnie – e non avrebbe dato motivo di parlare di lei, e nessuno avrebbe detto nulla.

– Nessuno avrebbe detto nulla, cara mia – rispose Omer. – Nessuno avrebbe detto nulla? È così che tu conosci il mondo? Che cosa non direbbe una donna, che cosa non direbbe... specialmente sulla bellezza di un’altra?

Pensai che Omer fosse bell’e spacciato, dopo che egli ebbe pronunciato questa calunniosa piacevolezza. Si 542

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mise tanto a tossire, e il suo respiro si rifiutò tante volte di lasciarsi riprendere, che veramente m’aspettavo di veder Omer abbandonar la testa dietro il banco, e le sue piccole brache nere, strette da due fiocchetti di nastri stinti alle ginocchia, tremare e agitarsi in un’ultima, inutile lotta. Finalmente, però, si sentì meglio, benché ansi-masse forte, e fosse così stremato che dové sedersi sullo sgabello dietro il banco.

– Vedete – egli disse, asciugandosi la fronte, e respirando con difficoltà – essa qui non ha stretto relazioni con nessuno; non s’è legata particolarmente con nessuna conoscenza o amica; e ancor meno con innamorati. Per conseguenza, si mettono in giro delle storielle calunnio-se, e si dice che Emilia voglia fare la signora. Ora credo che la cosa derivi principalmente da questo, che ella qualche volta diceva a scuola che se fosse stata una signora, avrebbe fatto così e così per suo zio... comprendete?... e gli avrebbe comprato le tali e tali cose.

– Vi assicuro, signor Omer, che lo disse anche a me

– risposi vivamente – quando eravamo entrambi bambini.

Omer scosse il capo e si stropicciò il mento. – Appunto.

Poi ella con poco può vestirsi, capite, meglio di molte altre con molto; e questo non fa piacere. Inoltre, si diceva, che fosse un po’... come si può dire?... bizzarra. Arrivo a dire che anch’io la chiamerei bizzarra – disse Omer; – non sapeva neppur lei che volesse; era un po’

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viziata, e, in principio, anche un po’ ribelle. Ma più di questo, nulla fu detto mai contro di lei, non è vero, Minnie?

– No, papà – disse la signora Joram. – Nulla oltre questo, credo.

– Così quand’ella fu messa presso una vecchia signora bisbetica per tenerle compagnia, non riuscì ad andare d’accordo con la padrona, e si licenziò. Poi venne qui, apprendista per tre anni. Quasi due sono passati, ed essa s’è comportata come nessuna ragazza mai. Ne vale sei.

È vero, Minnie, che ne vale sei?

– Sì, papà – rispose Minnie. – Io non ho mai detto nulla di male contro di lei.

– Benissimo – disse Omer. – Così va bene. E ora, mio giovine signore – egli aggiunse, dopo che s’ebbe stropicciato un altro poco il mento – credo d’aver finito; se no direte che se ho il fiato corto, le cose so allungarle da non finirle più.

Siccome s’era parlato d’Emilia sottovoce, sospettai che ella fosse lì presso. Lo domandai ad Omer, ed egli mi disse di sì, facendo un cenno verso il retrobottega. Gli chiesi in fretta di permettermi di darvi un’occhiata, e mi disse di sì; e allora, attraverso la vetrina, vidi Emilia seduta al lavoro. La bellissima creatura, dagli occhi serenamente azzurri, che avevano guardato nel mio cuore infantile, sorrideva a un’altra bambina che si trastullava 544

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accanto a lei. Aveva sufficiente baldanza nel viso da giustificare ciò che avevo udito; molto dell’antica capricciosa selvatichezza nascosta in lei; ma nulla, nei suoi leggiadri sguardi, son certo, che non significasse bontà e felicità, nulla che non la rivelasse avviata per il retto cammino.

Il ritmo attraverso il cortile che pareva non fosse stato mai interrotto – ahimè! era il ritmo che non s’interrompe mai – continuava, frattanto, con la stessa cadenza.

– Volete entrare; – disse Omer – e parlarle? Entrate e parlatele, signore. Fate come se foste a casa vostra!

Ero troppo timido allora per accettare l’offerta – temevo di confondere l’Emilia, e temevo similmente di confondere me stesso; ma m’informai dell’ora che essa cessava di lavorare la sera, perché la nostra visita coincidesse col suo ritorno a casa; e, congedandomi da Omer e dalla sua graziosa figliuola e i nipotini, mi avviai a casa della mia cara Peggotty.

Ella era nella cucina a preparare il desinare. Nel momento che picchiai alla porta, l’aprì e mi chiese che volessi. La guardai in viso sorridendo, ma ella non mi sorrise in risposta. Non avevo mai cessato di scriverle, ma erano sette anni da che non c’eravamo visti.

– È a casa Barkis? – dissi, fingendo di parlarle burbero.

– Sì – rispose Peggotty – ma è a letto coi reumi?

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