– Vorrei che fosse denaro, signore – disse Barkis.
– Lo vorrei anch’io veramente – dissi.
– Ma non è denaro – disse Barkis, spalancando gli occhi più che gli era possibile.
Dissi che n’ero assolutamente persuaso, e Barkis volgendo gli occhi più gentilmente alla moglie, disse:
– Clara Peggotty-Barkis è la migliore e la più utile delle donne. Clara Peggotty-Barkis merita tutte le lodi che si possa farle e anche di più. Mia cara, vuoi preparare un buon desinare oggi, per la compagnia; qualche cosa di buono da mangiare e da bere, no?
Avrei protestato contro questa non necessaria dimostrazione in mio onore, ma non osai, vedendo al lato opposto Peggotty ansiosa di sentirmi accettare. Così non dissi nulla.
– Ho qualche soldo in qualche parte, mia cara – disse Barkis – ma ora sono un po’ stanco. Se tu e il signor Davide mi lascerete fare un pisolino, tenterò di trovarlo al risveglio.
Lasciammo la camera per ubbidirgli. Di fuori Peggotty m’informò che Barkis, essendo ora un po’ più tirato di prima, ricorreva sempre a qualche pretesto simile prima di estrarre un solo centesimo dalla sua riserva; e che si sottometteva a inauditi dolori nello scender senza alcun 549
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aiuto dal letto per cavarlo da quello sciagurato baule. Infatti, sentimmo subito Barkis cacciar gemiti soffocati di natura straziante, giacché quel suo metodo di gazza la-dra gli faceva scricchiolare tutte le giunture; ma mentre gli occhi le erano pieni di pietà per lui, Peggotty disse che il generoso impulso del marito gli avrebbe fatto del bene e ch’era meglio lasciarlo fare. Così egli continuò a gemere, finché non si mise a letto di nuovo, soffrendo, non ne ho alcun dubbio, tutto un martirio; e poi ci chiamò, fingendo di essersi svegliato in quel momento da un sonno ristoratore, per estrarre una ghinea di sotto il guanciale. E la sua soddisfazione, per esser riuscito così felicemente a trarci in inganno, e per aver conservato, l’impenetrabile segreto del baule, parve sufficiente compenso alle sue torture.
Preparai Peggotty all’arrivo di Steerforth, e non passò molto ch’egli si presentò. Son persuaso ch’ella non facesse differenza alcuna fra uno che fosse stato un suo speciale benefattore e un semplice amico mio, e che lo avrebbe ricevuto con la massima gratitudine e devozione in qualunque caso. Ma il buon umore, lo spirito, la disinvoltura di Steerforth; i suoi modi affascinanti, il suo simpatico aspetto, la sua facoltà naturale di adattarsi a chiunque gli riuscisse accetto, e di snidare sicuramente in chiunque il principal punto d’interesse sentimentale; la legarono interamente a lui in cinque minuti. Soltanto la maniera con cui trattava me l’avrebbe soggiogata. Ma per tutte queste ragioni insieme miste, credo sincera-550
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mente che quella sera, prima ch’egli se ne andasse, Peggotty gli avesse votato un vero e proprio principio di adorazione.
Egli rimase lì a desinare con me – se dovessi dire volentieri, non esprimerei la metà della grazia e della gioia con cui accettò l’invito. Entrò nella camera di Barkis leggero come l’aria, illuminandola e rallegrandola come se fosse la salute in persona. Non v’era stridore, sforzo, partito preso in tutto ciò che faceva; ma sempre una indescrivibile agilità; sembrava che non si potesse fare diversamente o meglio. Si mostrava pieno di tanta grazia, naturalezza e tatto, che il solo suo ricordo mi fa l’effetto d’incantarmi anche oggi.
Ci trattenemmo gioiosamente nel salottino, dove, sul tavolo, come una volta, trovai il libro dei Martiri, non aperto mai più dopo la mia partenza. Volli rivederne le terribili immagini, e ricordai le antiche sensazioni da esse suscitatemi, ma non le provai più. Quando Peggotty parlò di quella che chiamava la mia camera, già pronta per la notte, e della sua speranza che l’avrei occupata, prima che io potessi neppur dare una specie d’occhiata di esitazione a Steerforth, questi aveva già bello e deciso il caso.
– Naturalmente – egli disse – tu dormirai qui in tutto il tempo che staremo a Yarmouth, e io dormirò all’albergo.
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– Ma condurti fin qui – risposi – per poi separarmi da te, non mi sembra atto di buona amicizia, Steerforth.
– Ma in nome del Cielo a chi appartieni naturalmente? – egli disse. – E che è mai il tuo «sembra» in confronto di questo?
E così fu stabilito.
Egli si mostrò delizioso fino all’ultimo, e alle otto uscimmo per avviarci al battello del pescatore Peggotty.
Veramente il fascino delle maniere di Steerforth diventava più forte a misura che le ore passavano: io credevo allora, e non ne ho alcun dubbio ora, che la consapevolezza del successo nel suo proposito di piacere, gli ispirasse una nuova delicatezza di sensibilità, e gliela rendesse, sottile com’era, sempre più fine e penetrante. Se qualcuno m’avesse detto, allora, che tutto non era che un bel giuoco sostenuto da un’eccitazione momentanea, per l’occupazione della sua vivacità naturale, nel folle desiderio di sperimentare la propria superiorità, col semplice scopo di guadagnare ciò che per lui non aveva alcun valore, e che avrebbe gettato via un momento dopo; se qualcuno, dico, mi avesse affacciata una simile men-zogna quella sera, non so veramente in che maniera la mia indignazione gli avrebbe risposto.
Probabilmente l’accusa avrebbe aumentati, se fosse stato possibile, i romantici sentimenti di fedeltà e di amicizia che io provavo camminandogli accanto, sulla spiag-552
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gia oscura e deserta, alla volta del vecchio battello. Il vento sospirava e gemeva intorno anche più tristemente di quanto avesse sospirato e gemuto la prima sera che io avevo varcato la porta del pescatore Peggotty.
– È un punto un po’ selvaggio, Steerforth, non è vero?
– Un po’ triste al buio – egli disse: – e il mare rugge come se volesse ingoiarci. Il battello è là dove si vede un lume?
– Sì, là – dissi.
– Proprio quello che ho visto stamattina – rispose. – Ci son venuto difilato: per istinto, immagino.
Non dicemmo più altro andando verso il lume, e ci avvicinammo pianamente alla porta. Misi la mano sul saliscendi; e, sussurrando a Steerforth di seguirmi, entrai.
S’era sentito di fuori un mormorìo di voci, e nel momento del nostro ingresso un applauso, che vidi, sorpreso, provenire dalla signora Gummidge, la quale, in generale, si mostrava inconsolabile. Ma la signora Gummidge non era sola ad essere insolitamente eccitata. Il pescatore Peggotty, col viso radioso di insolita soddisfazione, e nell’atto di ridere con tutta la sua forza, teneva le grandi braccia spalancate, come per accogliervi l’Emilietta: Cam, con un’espressione in viso mista d’ammirazione, d’esultanza e di certa occulta timidezza che non gli stava male, teneva per mano l’Emilietta, come se la stesse presentando al pescatore Peggotty; la stessa Emi-553
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lietta, rossa e impacciata, ma compiaciuta della gioia del pescatore Peggotty, come i suoi occhi lucenti esprime-vano, fu arrestata dal nostro ingresso (perché ella ci vide per la prima) nello stesso momento che si staccava da Cam per annidarsi nell’abbraccio del pescatore Peggotty. Così ci apparve il gruppo nell’istante del nostro passaggio dalla notte fredda e buia alla stanza calda e illuminata, e in fondo la signora Gummidge batteva le mani come una matta.
Il piccolo quadro fu disciolto così istantaneamente dal nostro ingresso, che si sarebbe potuto dubitare che non fosse mai esistito. Ero nel centro dell’attonita famiglia, di fronte al pescatore Peggotty, e nell’atto di tendergli la mano, quando Cam gridò: