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David Copperfield

Peggotty fece come l’atto d’inghiottire qualche cosa che non volesse passare, e, porgendomi la mano, disse:

– Vieni a vederlo.

– Non voglio vederlo.

– E la mamma? – disse Peggotty.

Non indietreggiai più, e andammo di filato nel salotto di cerimonia, dove essa mi lasciò. Da un lato del focolare stava mia madre; dall’altro il signor Murdstone. Mia madre lasciò il suo lavoro, e si levò in fretta, ma timidamente, mi parve.

– Ora, Clara – disse il signor Murdstone – ricordati!

Frenati; ricorda di frenarti sempre. Caro ragazzo, come stai?

Io gli diedi la mano. Dopo un momento di attesa, andai a baciar mia madre: ella mi baciò, mi carezzò dolcemente la spalla, e si sedette, ripigliando il lavoro. Io non osavo guardar lei, non osavo guardar lui, e sentivo benissimo che egli ci guardava entrambi. Mi volsi alla finestra a fissare alcuni arbusti che chinavano le loro chiome nel freddo.

Appena me la potei svignare, mi rifugiai su. La mia cameretta non era più quella, e dovevo andare a coricarmi molto lontano. Errai per il pianterreno, in cerca di qualche cosa che fosse la medesima di prima; e vagai per il cortile. Ma subito fui costretto a fuggire, perché il canile 80

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vuoto era occupato da un grosso cane – dalla bocca profonda e dal pelo nero come Lui – che digrignò i denti vedendomi e diede un balzo per addentarmi.

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IV.

CADO IN DISGRAZIA

Se la camera dove era stato trasportato il mio letto fosse un essere animato da chiamare a testimone, la chiamerei anche oggi – chi sa chi usa dormirvi oggi! – a dir per me con che cuore gonfio vi entrassi. Arrivai seguito per tutti i gradini dai latrati del cane nel cortile e, guardando la camera con un occhio sconvolto e strano simile a quello con cui mi guardava la camera, mi sedetti e, incrociando le piccole mani, mi misi a pensare.

Pensavo alle cose più disparate. Pensavo alla forma della stanza, alle screpolature nel soffitto, alla carta sul muro, alle incrinature e alle bolle d’aria sul vetro della finestra che mettevano delle arricciature e dei gonfiori sugli oggetti esterni, al lavamano che zoppicava sulle sue tre gambe e aveva certo atteggiamento sconsolato che mi rammentava in qualche modo la signora Gummidge sotto l’influsso del vecchio. Io piangevo frattanto, ma, tranne una sensazione di freddo e di abbandono, posso assicurare che non sapevo perché piangessi. Finalmente, nella mia desolazione, cominciai a pensare ch’ero terribilmente innamorato dell’Emilietta, e ch’ero stato strappato lungi da lei per andar lì, dove sembrava 82

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che nessuno mi volesse o si curasse di me, neanche tanto quanto la metà di lei. Questo mi piombò in tanta angoscia, che finii col rannicchiarmi in un angolo del co-pripiedi e con l’addormentarmi piangendo.

Fui svegliato da qualcuno che diceva: «È qui!» e mi scopriva la testa che scottava. Mia madre e Peggotty erano venute a cercarmi, ed era l’una o l’altra che parlava.

– Davy – disse mia madre – che hai? Pensai strana quella domanda da parte sua, e risposi: «Nulla». Ricordo d’aver voltato la faccia per nascondere le mie labbra tremanti, che le rispondevano con maggior sincerità.

– Davy – disse mia madre. – Davy, figlio mio!

Nessuna parola avrebbe potuto commuovermi tanto, allora, come quel suo appellativo di figlio. Nascosi le mie lagrime nelle coltri, e quand’ella fece per sollevarmi, l’allontanai con la mano.

– Questa è opera tua, Peggotty, cattiva che sei! – disse mia madre. – Ne sono assolutamente sicura. Vorrei sapere come non ti rimorda la coscienza d’aizzare mio figlio contro di me o contro qualcuno che mi è caro. Che ti sei messa in mente, Peggotty?

La povera Peggotty levò le mani e gli occhi, e rispose soltanto con una specie di parafrasi della preghiera che io ero solito ripetere dopo il pasto: «Dio vi perdoni, signora Copperfield, e per ciò che avete detto in questo 83

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momento, possiate non pentirvi mai».

– È abbastanza per farmi impazzire – gridò mia madre.

– Finanche nella mia luna di miele, quando perfino il mio più crudele nemico, credo, si intenerirebbe, e non m’invidierebbe un po’ di pace di spirito e di felicità!

Davy, sei cattivo! Peggotty, tu sei senza cuore. Oh, poveretta me! – piangeva mia madre, volgendosi dall’uno all’altra, stizzosa e ostinata. – In che triste mondo mi trovo, proprio quando avrei più diritto di vederlo migliore.

Sentii il tocco d’una mano, che m’accorsi non era né quella sua, né quella di Peggotty, e scivolai fino ai piedi del letto. Era quella del signor Murdstone, che me la tenne sul braccio, mentre diceva:

– Che significa tutto questo? Clara, amor mio, te lo sei dimenticato?... Fermezza, cara mia.

– Sono molto rattristata, Edoardo – disse mia madre.

– Volevo essere ragionevole, ma sono così sconvolta!

– Davvero! – egli riprese. – Che mi fai sentire! Così presto, Clara!

– È doloroso sentirsi così proprio ora – rispose mia madre piagnucolando; – sì, è doloroso!

Egli l’attrasse a sé, le bisbigliò qualche cosa nell’orecchio e la baciò. Compresi benissimo, quando vidi la testa di mia madre chinarsi sulla spalla di lui, e il braccio 84

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di lei toccargli il collo, compresi benissimo che egli poteva piegar la tenue natura di lei in quella forma che voleva, perfettamente come lo so ora.

– Vai da basso, amor mio – disse il signor Murdstone. –

Davide e io verremo giù insieme. Cara mia – e fece una ciera oscura a Peggotty, dopo che mia madre se ne fu andata dalla camera, e l’ebbe congedata con un cenno e con un sorriso – conoscete il nome della vostra padrona?

– È da tanto tempo che la servo, signore – rispose Peggotty; – dovrei saperlo.

– Vero – egli rispose. – Ma m’è parso di udirvi, venendo su, chiamarla con un nome che non è suo. Sappiate che essa ha preso il mio. Volete rammentarvene?

Peggotty mi volse delle occhiate impacciate, e con un inchino uscì dalla camera senza rispondere; comprendendo, immagino, che doveva andarsene, e non avendo alcuna ragione per rimanere. Quando noi due fummo soli, egli chiuse la porta, e sedendosi e tenendomi ritto innanzi a lui, mi guardò fisso negli occhi. Anche i miei guardavano lui fisso. Mentre ricordo quel nostro stare a faccia a faccia, mi sembra di sentir il cuore martellarmi rapido e forte.

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