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– Sei tu, Peggotty?

Non ebbi una risposta immediata, ma subito udii di nuovo chiamarmi, in tono così tremendo e misterioso, che mi sarei chi sa come impaurito, se non avessi pensato che la voce veniva certo per il buco della serratura.

Andai a tentoni alla porta, e appressando le labbra al buco, bisbigliai:

– Sei tu, cara Peggotty?

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– Sì, mio caro Davy – essa rispose. – Sii silenzioso come un topolino; se no, la gatta ci sentirà.

Compresi che la gatta era la signorina Murdstone; e che si trattava d’un caso estremamente delicato, perché la camera di costei era vicinissima alla mia.

– Come sta la mamma, cara Peggotty? È molto in collera con me?

Udii Peggotty piangere dolcemente dall’altro lato del buco, mentre io tacevo lo stesso dal lato mio, prima che mi rispondesse: «No, non molto».

– Che faranno di me, mia cara Peggotty?Lo sai?

– In convitto. Vicino a Londra – fu la risposta di Peggotty. Fui costretto a fargliela ripetere, perché avendomi parlato contro la gola, io avevo dimenticato di toglier la bocca e applicar l’orecchio al buco; le sue parole mi avevano solleticato molto, ma non le avevo udite.

– Quando, Peggotty?

– Domani.

– Perciò la signorina Murdstone ha tolto i vestiti e la biancheria dai miei cassetti? – cosa che essa aveva fatto, ma che io ho dimenticato di ricordare.

– Sì – disse Peggotty. – Nella mattinata.

Poi Peggotty adattò la bocca al buco della serratura e pronunziò le seguenti parole con un sentimento e una 111

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serietà ignoti forse fino allora, non mi perito d’asserire, a un buco di serratura usato come mezzo di comunicazione: scagliandovi ogni piccola frase con uno scoppio particolare.

– Caro Davy. Se non ho potuto comunicar con te. In questi giorni, com’era mio solito. Non è stato perché non ti volessi bene. Ti volevo e ti voglio bene anche di più, mio caro tesoro. È perché ho creduto che fosse meglio per te. E anche per un’altra persona. Davy, diletto mio, mi senti? Mi puoi capire?

– S... s... s... sì, Peggotty! – singhiozzai.

– Tesoro! – disse Peggotty, con infinita compassione. –

Ecco che ti voglio dire. Tu non devi dimenticarmi mai.

Perché io non ti dimenticherò mai. Starò tanto attenta a te. E tua madre non la lascerò. Può venire il giorno quando sarà contenta di poggiar la sua povera testa. Di nuovo sul braccio della sua vecchia, brutta e stupida Peggotty. E io ti scriverò, tesoro. Benché io non sia istruita. E ti... ti... – Peggotty, non potendo baciar me, si mise a baciare il buco della serratura.

– Grazie, cara Peggotty – dissi. – Oh, grazie! Grazie!

Vuoi promettermi una cosa, Peggotty? Vuoi scrivere e dire a tuo fratello e all’Emilietta e alla signora Gummidge, e a Cam,che io non sono cattivo come potrebbero immaginare e che mando loro i più affettuosi saluti...

specialmente all’Emilietta? Lo farai, Peggotty?

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La brava donna me lo promise, ed entrambi baciammo il buco della serratura con maggiore effusione: io, ricordo, lo carezzai con la mano, come se fosse l’onesto volto di lei – e ci separammo. Da quella sera mi nacque in petto un sentimento per Peggotty che non saprei esattamente definire. Essa non sostituì mia madre; nessuno poteva farlo; ma entrò nella lacuna del cuor mio, che si chiuse su di lei; e sentii per lei qualche cosa che non ho mai sentito per nessun altro essere umano. Era anche una specie di affetto comico; e pure, se ella fosse morta, non so che cosa avrei fatto, o come mi sarei comportato nella tragedia che quel caso avrebbe per me rappresentato.

La mattina appresso apparve come al solito la signorina Murdstone, e mi disse che dovevo andare in convitto: cosa non nuova per me, come essa ignorava. Mi informò inoltre che quando mi fossi vestito, dovevo andar giù nel salotto a colazione. Trovai colà mia madre, molto pallida e con gli occhi rossi: corsi a gettarmi nelle sue braccia chiedendole perdono dal profondo della mia anima sofferente.

– Oh, Davy! – mi disse. – Hai potuto far male a una persona alla quale io voglio bene! Cerca d’esser migliore, ti raccomando d’esser migliore. Io ti perdono; ma sono così rattristata, Davy, che tu porti in cuore tali malvagi istinti!

L’avevano persuasa che io ero cattivo, ed ella n’era più addolorata che della mia partenza. Ne fui molto amareg-113

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giato. Tentai di far colazione, ma le lagrime mi cadevano sul pane e mi sgocciolavano nel tè. Vedevo mia madre guardarmi di tanto in tanto, e poi dare un’occhiata alla vigile signorina Murdstone, e poi abbassare gli sguardi o volgerli lontano.

– Il baule del signorino Copperfield è là – disse la signorina Murdstone, quando s’udì un rumor di ruote al cancello.

Cercai Peggotty, ma non c’era; neppure il signor Murdstone apparve. Alla porta c’era il vetturale, che m’aveva condotto a Yarmouth; il baule fu portato fino al carro e sollevato.

— Clara! – disse la signorina Murdstone, in tono di avvertimento.

— Eccomi, mia cara Giovanna – rispose mia madre.

– Addio, Davy. Tu ora parti per il tuo bene. Addio, figlio mio. Ritornerai a casa nelle vacanze, e sarai un ragazzo migliore.

– Clara. – ripeté la signorina Murdstone.

– Certo, mia cara Giovanna – rispose mia madre, che mi teneva. – Io ti perdono, figlio caro. Dio ti benedica.

– Clara! – ripeté la signorina Murdstone. La signorina Murdstone fu tanto buona da condurmi fino al carro e da dirmi per strada che ella sperava che mi sarei pentito, prima di fare una cattiva fine; e allora salii sul carro, e il 114

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cavallo pigramente si mosse.

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