"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Add to favorite David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

Così con una mano prese dalla parte dell’osso una costoletta e con l’altra una patata, e cominciò a mangiare con ottimo appetito, con mia grande soddisfazione.

124

Charles Dickens

David Copperfield

Dopo si prese un’altra patata; e dopo ancora un’altra costoletta e un’altra patata. Quand’ebbe finito, mi portò un budino e messomelo innanzi, parve meditare e distrarsi per alcuni istanti.

– Che cosa è questo pasticcio? – disse, svegliandosi.

– Un budino – risposi.

– Budino – egli esclamò. – To’, che il Signore mi benedica, proprio un budino! Che! – esaminandolo più da presso. – Non mi volete dare a intendere che sia un budino ripieno.

– Sì, ripieno.

– Ebbene, il budino ripieno – disse, afferrando un cucchiaio – è la mia passione. Che combinazione fortunata!

Avanti, piccino, facciamo a chi ne piglia di più.

Certamente ne pigliò più lui. Più d’una volta mi spronò, e mi supplicò di vincere; ma con quel suo cucchiaio da tavola contro il mio cucchiaino, la sua destrezza contro la mia, il suo appetito contro il mio, fui lasciato indietro al primo boccone, e non mi rimase alcuna probabilità di vittoria. Credo che nessun altro mai sapesse goder tanto d’un budino; e si mise a ridere, quando la vivanda fu tutta sparita, come se il piacere durasse ancora.

Vedendolo così affabile e socievole, m’arrischiai a chiedergli la penna, l’inchiostro e la carta per scrivere a Peg-125

Charles Dickens

David Copperfield

gotty. Non solo me li portò immediatamente, ma fu tanto buono da legger la lettera mentre la scrivevo. Quando l’ebbi finita, mi chiese a quale istituto fossi diretto.

Dissi «Vicino a Londra», che era tutto ciò che sapevo.

– Oh, veramente! – disse con tono d’abbattimento. – Me ne dispiace molto.

– Perché? – gli chiesi.

– Oh, signore! – disse, scotendo il capo. – È l’istituto dove ruppero le costole d’un ragazzo... due costole...

d’un ragazzino. Mi pare che avesse... aspettate... quanti anni avete voi, presso a poco?

Gli dissi fra gli otto e i nove.

– Appunto otto o nove anni – disse. – Aveva otto anni e sei mesi quando gli ruppero la prima costola; otto anni e otto mesi quando gli ruppero la seconda, e fu spacciato.

Non potei nascondere né a me, né al cameriere l’impressione di quel caso doloroso, e gli chiesi in che modo gliele avessero rotte. La sua risposta non mi ralle-grò molto, perché consisteva di due terribili parole: «A nerbate».

Il suono della cornetta della diligenza nel cortile fu una opportuna diversione. Mi levai da tavola e chiesi con esitazione, col sentimento, misto d’orgoglio e di diffidenza, di essere in possesso d’un borsellino (l’avevo tratto di tasca), se vi fosse qualche cosa da pagare.

126

Charles Dickens

David Copperfield

– Un foglio di carta da lettere – egli rispose. – Avete mai comprato un foglio di carta da lettere?

Non potevo ricordare d’averlo mai fatto.

– È caro – egli disse – per il dazio. Sei soldi. Questo paese è pieno di balzelli. E non c’è altro, tranne la mancia. Non contate l’inchiostro. Ce lo rimetto io di tasca mia.

– Che dovreste... che dovrei... quanto dovrei pa...

quanto sarebbe giusto dare per mancia, se non vi dispiace? – balbettai, arrossendo.

– Se non avessi una famiglia, e questa famiglia non avesse il vaiuolo – disse il cameriere – non prenderei neanche i sei soldi1. Se non mantenessi una mamma vecchia e una cara sorella – a questo il cameriere si commosse molto – non accetterei neanche un centesimo. Se avessi un buon posto, e fossi trattato bene qui, pregherei io gli avventori di accettare una mia piccola offerta, invece di accettarla io da loro. Ma io vivo di miseri avanzi... e dormo sul carbone; – e a questo il cameriere scoppiò in lagrime. Profondamente commosso dalle sue disgrazie, mi parve che un segno di riconoscenza minore di una lira potesse rappresentare da parte mia un vero indizio di brutalità e di durezza di cuore.

1 Qui e altrove non s’è seguito sempre il sistema monetario inglese, per facilitare al lettore il calcolo delle monete spicciole.

I «pence», in Italia, sono meno noti degli scellini e delle sterline.

127

Charles Dickens

David Copperfield

Perciò gli diedi uno dei miei tre lucenti scellini, ed egli lo prese con molta umiltà e venerazione, benché, immediatamente dopo, lo facesse girare sul pollice, per veder se non fosse falso.

Mi sentii alquanto umiliato, scoprendo, quando mi fu data una mano a salire in carrozza, che si supponeva che avessi mangiato tutto il desinare da solo e senza alcun aiuto. Me ne accorsi sentendo la signora, dalla finestra ornata in giro di polli e di pezzi di carne, dire al conduttore: «Bada a quel ragazzo, Giorgio, che può scoppiare!» e osservando che le persone di servizio mi s’erano raccolte intorno a sogghignare e a contemplarmi come un giovane fenomeno. Il mio disgraziato amico, il cameriere, che s’era perfettamente rimesso, non ne pareva affatto turbato, e s’era unito apertamente al branco dei miei ammiratori. Se mai dubitai di lui, credo che per un po’ vi contribuisse quel suo atteggiamento; ma son tratto a credere che con la semplice fiducia d’un fanciullo e la naturale buona fede d’un fanciullo negli adulti (qualità che non vorrei che i fanciulli cambiassero prematuramente con la saggezza del mondo), non ebbi una vera e propria diffidenza di lui, neanche allora.

Ma mi fu duro, debbo confessarlo, esser diventato, senza alcuna ragione, soggetto dei motteggi del cocchiere e del conduttore, i quali, perché io ero in un posto di dietro, dicevano che da quella parte la carrozza era troppo carica, e che mi sarebbe stato più conveniente viaggiare 128

Charles Dickens

David Copperfield

per carro completo. Sparsasi fra i passeggeri la storiella del mio straordinario appetito, s’ingegnarono tutti a divertirsi alle mie spalle; e mi chiesero se in convitto avrei dovuto pagare la retta in ragione di due fratelli o tre; se mi fossero state accordate condizioni particolari; e mi fecero simili altre piacevoli domande. Ma il peggio si era, che se mi si fosse offerta l’occasione di mangiare, mi sarei vergognato di farmi veder toccar cibo, e che, dopo un pasto piuttosto leggero, dovevo rimanermene con la fame tutta la notte – perché nella fretta avevo abbandonato le mie ciambelle all’albergo. Quando ci fermammo per la cena, non ebbi il coraggio di toccar nulla, con tutta la fame che sentivo, e me ne stetti accanto al fuoco affermando di non voler nulla. Neppur questo mi salvò dagli scherzi; perché un signore dalla voce rauca e dalla faccia rude, che per tutto il viaggio non aveva fatto che mangiare in continuazione panini gravidi, di cui aveva una scatola piena, quando non aveva bevuto lunghe sorsate da una sua bottiglia, osservò che io somi-gliavo al serpente boa, che faceva provvista di cibo per molto tempo; dopo di che egli subito si portò alla bocca una grossa fetta di manzo arrosto.

Eravamo partiti da Yarmouth alle tre del pomeriggio per essere a Londra verso le otto della mattina. S’era d’estate, e la serata era molto bella. Quando passavamo per qualche villaggio, cercavo di figurarmi gl’interni delle case e le occupazioni degli abitanti; e quando i ragazzi ci correvano dietro, e s’arrampicavano alla diligenza, fa-129

Charles Dickens

David Copperfield

cendosi trasportare per un po’ di strada, mi domandavo se avessero il padre vivo, o se a casa fossero contenti.

Avevo perciò molto da meditare, oltre a correre continuamente col pensiero alla specie di luogo dove ero diretto – che era un terribile soggetto di riflessione. A volte, ricordo, tornavo a casa e da Peggotty, sforzandomi confusamente, di rammentarmi come mi fossi sentito e che specie di ragazzo solessi essere prima di mordere il signor Murdstone; ma non m’era possibile saperlo, ché mi sembrava d’averlo morso nell’antichità più remota.

Are sens