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Il dottore fece con la testa un benevolo cenno di assenso.

– Quando avrà l’età di sua madre – disse la signora Markleham, agitando il ventaglio, – sarà diverso. Mi si potrebbe mettere in una prigione con una buona compagnia, e non mi curerei di uscirne. Ma io non sono Annie, lo sai; e Annie non è sua madre.

– Certo, certo – disse il dottore.

– Tu sei il migliore degli uomini... no, scusami – perché egli faceva un gesto di diniego: – te lo debbo dire in faccia, perché sempre te lo dico di dietro, tu sei il migliore degli uomini; ma è naturale, non è vero? che tu non possa avere gli stessi gusti, le stesse aspirazioni di Annie.

– Già – disse il dottore in tono melanconico.

– Già, è naturale – soggiunse il Vecchio Soldato. – Pigliamo, per esempio, il dizionario. Che cosa di più utile d’un dizionario? Che di più necessario di un dizionario?

Il significato delle parole! Senza il dottor Johnson, o 1158

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qualche altro simile a lui, avremmo, chi sa, chiamato lettiera il ferro da stirare. Ma non si può pretendere che un dizionario... specialmente, se non è ancora finito...

possa interessare Annie.

Il dottore scosse il capo.

– Ed è perciò che io approvo tanto – disse la signora Markleham, battendogli sulla spalla col ventaglio chiuso

– le tue delicate attenzioni. Ciò dimostra che non preten-di, come fanno tanti d’una certa età, che le spalle giovani abbiano le teste vecchie. Tu hai studiato il carattere di Annie, e lo comprendi a meraviglia. Ecco ciò che mi consola.

Mi pareva che il volto tranquillo e paziente del dottore rivelasse un intimo senso di pena a tutti quei complimenti.

– Perciò, caro dottore – disse il Vecchio Soldato, dandogli parecchi colpetti affettuosi, – tu puoi disporre di me in ogni tempo e in ogni circostanza. Devi persuaderti che sono completamente a tua disposizione. Sono pronta ad andare con Annie ad opere, concerti, esposizioni, da per tutto, infine; e non mi sentirai mai lamentare d’esserne stanca. Il dovere, mio caro dottore, il dovere innanzi tutto!

E manteneva fedelmente le sue promesse. Ella era una di quelle persone, che possono sopportare una gran quantità di piaceri, senza un momento di debolezza. Di 1159

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rado pigliava il giornale (tutti i giorni andava a leggerlo adagiata nella più soffice poltrona e vi rimaneva due ore, con l’occhialetto) senza snidarvi qualcosa che certamente sarebbe piaciuto ad Annie di vedere. E invano Annie protestava di esserne ormai stanca. La rimostranza di sua madre era invariabilmente questa: «Ora, mia cara Annie, tu farai come ti piace; ma debbo dirti, amor mio, che il tuo non è il modo di corrispondere alla gentilezza del dottore».

Questo veniva detto di solito in presenza del dottore, e costituiva per Annie la più forte ragione per ritirare le sue obbiezioni, se ne aveva affacciate. Ma in generale ella si rassegnava alla volontà di sua madre, e andava dove il Vecchio Soldato la conduceva.

Raramente avveniva ora che Jack Maldon le accompagnasse. A volte erano invitate mia zia e Dora, ed esse vi andavano. A volte era invitata soltanto Dora. Una volta avrei esitato a lasciarla andare; ma riflettendo a ciò che si era svolto quella sera in casa del dottore, non avevo più la stessa diffidenza. Credevo che questi avesse ragione, e i miei sospetti non erano peggiori dei suoi. Mia zia si stropicciava il naso talvolta quando le avveniva di star sola con me, dicendomi che non arrivava a capirne nulla; che li avrebbe voluti veder felici; che non credeva che il nostro amico il militare (chiamava sempre così il Vecchio Soldato) giovasse a riparar nulla. Mia zia inoltre era dell’opinione «che se il nostro amico il militare 1160

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avesse strappato quelle sue farfalle e le avesse buttate nell’immondizia, avrebbe cominciato a dimostrare il suo ritorno a un barlume di ragione».

Ma era specialmente sul signor Dick ch’ella contava molto. Quell’uomo aveva evidentemente un’idea, ella affermava; e se egli avesse potuto un giorno relegarla finalmente in un angolo del suo cervello, cosa d’una grande difficoltà per lui, si sarebbe segnalato in qualche maniera straordinaria.

Ignaro di questa profezia, il signor Dick continuava ad occupare precisamente lo stesso terreno nei rapporti col dottore e con la signora Strong. Pareva che non andasse né innanzi, né indietro. Pareva si fosse piantato nelle sue basi, come un edificio, e vedergli dare un passo, debbo confessare, m’avrebbe meravigliato come veder camminare una casa.

Ma una sera, alcuni mesi dopo il mio matrimonio, il signor Dick fece capolino nel salotto, dove io ero occupato a scrivere solo (Dora era andata con mia zia a prendere il tè dai due uccellini), e disse con una tosse piena di significato:

– Ti incomoderebbe, temo, scambiar due chiacchiere con me, Trotwood?

– Ma no, signor Dick – dissi: – favorite.

– Trotwood – disse il signor Dick, mettendosi il dito sul naso, dopo avermi data una stretta di mano, – prima di 1161

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sedermi, permettimi una osservazione. Conosci tua zia?

– Un pochino – risposi.

– È la più meravigliosa donna del mondo, Trot.

Dopo questa solenne comunicazione, che egli fece esplodere come una carica di cannone, il signor Dick si sedette con maggiore gravità del solito, e mi guardò fisso.

– Ora, figlio mio – disse il signor Dick – ti debbo fare una domanda.

– Son pronto a rispondervi – dissi.

– Che cosa pensi di me? – chiese il signor Dick, incrociando le braccia.

– Che siete il mio vecchio e buon amico.

– Grazie, Trotwood – rispose il signor Dick, ridendo, e stendendo le braccia per stringermi le mani con grande espressione. – Ma intendo, figlio mio – e si rifece grave – che cosa pensi di me riguardo a questo? – e si toccò la fronte.

Non sapevo che rispondergli, ma egli mi venne in aiuto con poche parole.

– Che ho la mente debole?

– Ma... – gli risposi, con qualche esitazione – forse un po’...

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– Precisamente! – esclamò il signor Dick, che sembrò andare in visibilio per la mia risposta. – La ragione è perché quando trassero un po’ dello scompiglio dalla testa di... tu sai chi voglio dire... e lo misero dove tu sai, vi fu un... – Il signor Dick fece girare velocissimamente le mani l’una intorno all’altra un gran numero di volte, e poi le batté l’una contro l’altra, e le rotolò l’una sull’altra, per esprimere una gran confusione. – Ecco ciò che mi fu fatto, ecco!

Gli feci un cenno di assenso, ch’egli ripeté.

– Insomma, figlio mio – disse il signor Dick, abbassando la voce al tono d’un bisbiglio – io sono sciocco.

Avevo in animo di attenuare quella conclusione, ma egli mi fermò.

– Sì, sono sciocco. Ella dice di no, e non vuole che io lo dica; ma io sono sciocco, e so di esserlo. Se non l’avessi avuta per amica, Trot, da anni sarei stato rinchiuso, e avrei condotto una vita tristissima. Ma non le sarò sco-noscente. Non spendo mai il denaro che guadagno facendo il copista. Lo metto in un salvadanaio. Già ho fatto testamento, e lascerò tutto a lei. Ella sarà ricca... e vivrà nobilmente.

Il signor Dick trasse di tasca il fazzoletto, e si asciugò gli occhi. Poi lo piegò con gran cura, lo lisciò fra le dita, se lo rimise in tasca, e sembrò che nello stesso istante mettesse da parte mia zia.

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