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Charles Dickens David Copperfield

sforzarsi a leggere il giornale. E che in questa casa, fuorché nello studio, non c’è una poltrona dove si possa leggere tranquillamente il giornale. Perciò sono andata nello studio, che m’era parso illuminato, Ho aperto la porta. Insieme col caro dottore ho visto due signori che mi son parsi avvocati o che so IO e tutti e tre al tavolino: il caro dottore aveva in mano la penna. «È semplicemente per esprimere... » sta’ attenta, Annie, amor mio, sta’ attenta alle mie parole, «è semplicemente per esprimere, signori, la fiducia che ho in mia moglie, che io le lascio incondizionatamente tutta la mia fortuna». Uno di quei signori ha ripetuto: «E le lasciate incondizionatamente tutta la vostra fortuna». A questo, col naturale sentimento d’una madre, ho esclamato: «Buon Dio, vi chiedo scusa», e inciampando sulla soglia, son corsa per il corridoio che dà in cucina.

La signora Strong aprì la finestra, e uscì sulla veran-da, dove si andò a poggiare contro un pilastro.

– Ma non è consolante, signora Trotwood, non è consolante, Davide – disse la signora Markleham, seguendola con gli occhi meccanicamente – trovare un uomo dell’e-tà del dottor Strong, con tanta forza di spirito da fare una cosa simile? Questo dimostra quello che ho sempre sostenuto. Io dissi ad Annie, dopo che il dottor Strong mi aveva fatto una visita molto lusinghiera e aveva parlato di lei con tanta tenerezza: «Mia cara, secondo me non v’è dubbio che il dottor Strong, quando si tratterà di 1169

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provvederti d’un assegno, manterrà molto di più di quanto promette».

A questo punto, si udì il tintinnìo del campanello, e il rumor dei passi dei visitatori che uscivano.

– Certo, è finito – disse il Vecchio Soldato, dopo aver origliato; – quel caro angelo ha firmato, suggellato, e consegnato tutto, ed ora si sente in pace. E così sia! Che gran cuore! Annie, amor mio, vado nello studio a leggermi il giornale, perché non resisto a stare senza notizie. Trotwood, Davide, venite a vedere il dottore.

Scorsi il signor Dick, che chiudeva il coltello, in piedi nell’ombra, nell’atto che accompagnavamo la signora Markleham nello studio; e mia zia che si stropicciava il naso, come una specie di sfogo della sua insofferenza del nostro amico il militare; ma non seppi mai chi fosse entrato prima nello studio, o come la signora Markleham si fosse a un tratto sdraiata nella poltrona, o come io e mia zia fossimo stati lasciati insieme accanto alla porta. Forse i suoi occhi furono più rapidi dei miei, ed ella mi tenne di proposito indietro. Ma questo io so –

che vedemmo il dottore prima che egli ci vedesse, occupato al tavolino fra i grossi volumi dei quali si compiaceva, la testa poggiata tranquillamente sulla mano. Che nello stesso istante vedemmo entrare la signora Strong pallida e tremante. Che si teneva al braccio del signor Dick. Che questi mise una mano sul braccio del dottore, il quale si riscosse e levò gli occhi con aria distratta.

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Che, come il dottore mosse la testa, sua moglie gli cadde su un ginocchio ai piedi, con le mani giunte in atto di preghiera e nel viso la stessa memorabile espressione di quella sera famosa. Che a quella vista la signora Markleham lasciò cadere il giornale, e assunse tale atteggiamento di meraviglia che avrebbe potuto servir da modello a una testa da mettere a prua d’un bastimento col nome Lo Stupore.

Ma la dolcezza e la sorpresa dimostrate dal dottore, la dignità e l’atteggiamento di preghiera della moglie, la serietà pensosa del signor Dick, e la gravità con la quale mia zia si diceva: «Quello lì, matto!» (che esprimeva il sentimento d’orgoglio per la condizione di miseria da cui ella lo aveva salvato), tutto questo non ricordo soltanto, mentre scrivo, ma vedo ancora e sento.

– Dottore! – disse il signor Dick. – Che andate cercando, guardate qui!

– Annie – esclamò il dottore – non ai miei piedi, cara!

– Sì – ella disse. – Vi supplico tutti di non andarvene.

Oh, marito e padre mio, rompi codesto lungo silenzio!

Cerchiamo finalmente di sapere ciò che ci separa.

La signora Markleham aveva ricuperato, in quel frattempo, la sua facoltà di loquela, e gonfia d’orgoglio familiare e di materna indignazione, esclamò:

– Annie, alzati immediatamente, e non disonorare tutti i tuoi parenti umiliandoti in tal maniera, se non mi vuoi 1171

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vedere impazzire al l’istante.

– Mamma – rispose Annie – non m’interrompere: io mi son rivolta a mio marito, e tu qui non conti nulla.

– Nulla! – esclamò la signora Markleham. – Io, nulla!

Mia figlia ha dovuto perdere la testa. Per carità, un bicchiere d’acqua!

Ero troppo intento al dottore e alla moglie, per badare a questa domanda; e, siccome nessuno si mosse la signora Markleham ansimò, spalancò gli occhi e continuò ad agitare il ventaglio.

– Annie! – disse il dottore, prendendole teneramente la mano. – Diletta mia! Se col passar del tempo è avvenuto nella nostra unione matrimoniale qualche mutamento inevitabile, la colpa non è tua. La colpa è mia, soltanto mia. Ma nel mio affetto, nella mia ammirazione e nel mio rispetto per te, non v’è alcun cambiamento. Il mio desiderio è di farti felice. Io ti amo e ti stimo. Alzati, Annie, ti prego!

Ma ella non si levava. Dopo averlo guardato per un po’, gli si strinse più da presso, gli mise un braccio sulle ginocchia, e appoggiandovi la testa, disse:

– Se io ho qui un amico che possa dire una parola per me o per mio marito; se v’è qui un amico, che stima mia marito o che m’abbia mai voluto bene; se questo amico sa qualche cosa che possa aiutarci, lo scongiuro di parlare.

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Vi fu un profondo silenzio. Dopo alcuni momenti di penosa esitazione, finalmente io lo ruppi.

– Signora Strong – dissi – io so qualche cosa, che il dottore m’aveva vivamente supplicato di tacere, e l’ho taciuto sinora. Ma credo sia giunto il tempo in cui sarebbe malintesa delicatezza continuare a tacere: la vostra preghiera mi scioglie da ogni promessa.

Ella volse per un istante il viso verso di me, e mi confermai nel mio proposito. Non avrei potuto resistere a quel suo sguardo supplichevole, se anche vi fosse stata minore intensità.

– La nostra pace avvenire – ella disse – può essere nelle vostre mani. Ho fiducia che voi non tacerete nulla. So già che né voi, né nessuno può dirmi cosa che intacchi la nobiltà del cuore di mio marito. E se vi pare che ciò che dovete dire possa comunque ferirmi, non ci badate.

Mi difenderò da me, prima innanzi a lui, e poi innanzi a Dio.

Così vivamente pregato di parlare, non chiesi il permesso del dottore, e senz’altra alterazione della verità che un piccolo lenimento della brutalità di Uriah Heep, riferii sinceramente ciò che s’era svolto in quella stessa stanza la sera del colloquio con Wickfield. Impossibile di dipinger lo sbalordimento della signora Markleham, e le stridule interiezioni con le quali interrompeva di tanto in tanto la mia narrazione.

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Quando ebbi finito, Annie rimase, per alcuni istanti, in silenzio, con la testa, come ho già detto, sulle ginocchia del marito. Poi gli prese la mano (egli stava ancora seduto come l’avevamo trovato entrando), se la portò al petto e la baciò. Il signor Dick dolcemente la fece levare in piedi; ed ella cominciò a parlare appoggiata a lui, e con gli occhi sul marito, dal quale non li distolse un istante.

– Tutto ciò che m’è stato in mente, dal giorno che mi sposai – ella disse con voce piana, sommessa e tenera –

lo esporrò nudo innanzi a te. Non potrei continuare a vivere, tacendo la minima circostanza, sapendo ciò che ora so.

– No, Annie – disse il dottore, teneramente. – Non ho mai dubitato di te, figlia mia. Non hai necessità di dir nulla; veramente non c’è necessità, mia cara.

– È assolutamente necessario – ella rispose nello stesso modo – rivelare tutto il mio cuore alla perfetta incarnazione della generosità e della verità, che io ho amata e venerata sempre più, Dio sa quanto, anno per anno, e giorno per giorno!

– Veramente – disse la signora Markleham – se io ho il minimo discernimento...

(– E non l’avete, guastafeste – osservò mia zia, indignata, ma sottovoce).

– ... mi deve esser permesso di dire che non è neces-1174

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sario entrare in tutti questi particolari.

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