David Copperfield
rando: «Povero ragazzo!» E quella sua sollecitudine per me, mentre io non piangevo che sulla mia sorte personale, mi fece sentire ancor più aspramente la mia miseria.
Era difficile credere che la notte, così lunga per me, potesse essere breve per gli altri. Questa considerazione mi fece fantasticare su una festa immaginaria nella quale gl’invitati passassero la notte a danzare; poi quella mia idea diventò un sogno anch’essa, e udii la musica sonare continuamente lo stesso ballabile, e vidi Dora danzare continuamente la stessa danza, senza farmi neppure l’elemosina d’un’occhiata. L’uomo, che aveva sonato tutta la sera l’arpa, si sforzava invano di coprirla con una cuffia da notte di dimensioni regolari, quando a un tratto mi svegliai; o piuttosto dovrei dire, quando rinunziai a tentare d’addormentarmi, e vidi finalmente splendere il sole a traverso la finestra.
V’era un antico bagno romano, in quei giorni, in fondo a una delle perpendicolari dello Strand – forse c’è ancora
– dove spesso andavo a tuffarmi nell’acqua fredda. Mi vestii, cercando di non fare il minimo rumore, e lasciando a Peggotty la cura d’occuparsi di mia zia, corsi a tuffarmi nell’acqua con la testa in giù, e poi a fare una passeggiata a piedi fino ad Hampstead. Speravo che questo energico trattamento m’avrebbe rinfrescato un po’ lo spirito; e credo che mi facesse bene, perché presto arrivai alla conclusione che il primo passo da fare fosse di tentare di far annullare il contratto stretto col signor 897
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Spenlow e di ricuperare la somma versatagli. Feci colazione nella brughiera, e, intento in questo mio primo sforzo di far fronte ai mutamenti avvenuti nelle nostre condizioni, ritornai a piedi al Doctor’s Commons, per strade ancora umide della guazza notturna, in mezzo al piacevole odore dei fiori estivi che s’aprivano nei giardini o di quelli che portavano i rivenditori in testa verso la città.
Arrivai allo studio così presto, dopo tutto, che ebbi il tempo di gironzare un’oretta intorno al Commons, prima che il vecchio Tiffey, il quale era sempre il primo ad arrivare, apparisse finalmente con la chiave. Allora andai a sedermi nel mio cantuccio, all’ombra, guardando i riflessi del sole sui vasi del caminetto di fronte, e pensando a Dora, finché non entrò il signor Spenlow tutto azzimato e arricciato.
– Come state, Copperfield? – egli disse. – Che bella giornata!
– Bella giornata, sì, signore! – dissi. – Potrei dirvi una parola prima che andiate in Corte?
– Altro che! – egli disse. – Venite nella mia stanza.
Lo seguii nel suo gabinetto, dove cominciò col mettersi la toga, e darsi una lisciatina innanzi a un piccolo specchio sospeso dietro lo sportello d’un armadio.
– Mi rincresce di dirvi – cominciai – che ho ricevuto delle brutte notizie da mia zia.
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– Oh! – egli disse. – Poveretta! Non si tratta di para-lisi, spero?
– No, non si tratta della sua salute, signore – risposi.
– Ella ha fatto delle gravi perdite finanziarie. Veramente, anzi, non le rimane più nulla o quasi nulla.
– Che cosa mi andate dicendo, Copperfield! – esclamò il signor Spenlow. Io scossi il capo.
– Veramente, signore – dissi – le sue condizioni finanziarie sono così mutate, che vorrei chiedere se non vi fosse possibile, col sacrificio dal canto nostro di parte della somma versata, naturalmente – l’ultima frase la improvvisai lì per lì, scorgendogli in viso un’espressione di dolorosa sorpresa – di annullare il mio contratto.
Nessuno può immaginare il sacrificio che mi costava questa proposta. Era come chiedere, per favore, d’esser condannato alla deportazione lungi da Dora.
– Cancellare il vostro contratto, Copperfield?
Spiegai, con una certa fermezza, che veramente non sapevo donde trarre i miei mezzi di sussistenza, e che avrei dovuto pensare a guadagnarmeli da me. Per l’avvenire non avevo paura – dissi, e lo espressi con la maggiore energia, come per fargli comprendere che un giorno non sarei stato da respingere in qualità di genero –
ma per il momento ero ridotto a ingegnarmi da solo.
– Mi rincresce tanto d’apprendere una cosa simile, Cop-899
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perfield – disse il signor Spenlow.
– Mi rincresce tanto. Non si usa di annullare i contratti per simili ragioni. Non si procede così negli affari. Non sarebbe un buon precedente. Tutt’altro. Nello stesso tempo...
– Voi siete buono, signore – mormorai, nell’attesa di una concessione.
– Per nulla affatto. Non lo dite – disse il signor Spenlow.
– Nello stesso tempo, stavo dicendo, se io avessi le mani libere... se non avessi un socio... il signor Jorkins.
Le mie speranze a un tratto s’infransero; ma feci un altro sforzo.
– Credete, signore – io dissi – che se ne parlassi al signor Jorkins...
Il signor Spenlow scosse il capo con aria scoraggia-ta.
– Dio mi guardi, Copperfield – egli rispose – dal far torto a nessuno: tanto meno al signor Jorkins. Ma io conosco il mio socio, Copperfield. Il signor Jorkins non è uomo da accogliere una domanda di questo genere. È
difficilissimo smuovere il signor Jorkins dalla via battuta. Voi lo conoscete!
Io non lo conoscevo affatto. Sapevo soltanto ch’egli in principio era stato l’unico padrone dello studio e che ora abitava solo in una casa in vicinanza di Montagu 900