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– Al contrario, amor mio – dissi, consultando quello del mio taschino: – va un po’ indietro.

La mia mogliettina venne a sedermisi sulle ginocchia, per carezzarmi e farmi star zitto, e mi tracciò una linea con la matita in mezzo al naso. Le sue carezze mi piacevano, ma con esse non potevo desinare.

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– Non sarebbe bene, mia cara – dissi – che tu facessi le tue rimostranze a Maria Anna?

– Oh, no, per carità! Non potrei, Doady! – disse Dora.

– Perché no, amor mio? – chiesi gentilmente.

– Perché sono tanto sciocchina – disse Dora – e lei lo sa.

Credetti questo sentimento così incompatibile con qualunque sistema di riforma di Maria Anna, che m’accigliai un po’.

– Oh, che brutte rughe che hai in fronte, cattivo! – disse Dora; e ancora standomi sulle ginocchia, le segnò con la matita, portandosela alle labbra per tracciarle più nere, e lavorando sulla mia fronte con tanta ridicola serietà, che io mi misi a ridere, pur contro voglia.

– Ecco, ora sei un buon ragazzo – disse Dora. –

Quando ridi hai una faccia molto più bella.

– Ma amor mio... – dissi.

– No, no, per carità! – esclamò Dora, con un bacio.

– Non fare il Barbablù, non fare il serio!

– Mia diletta moglie – dissi – qualche volta dobbiamo esser seri. Su.’ Mettiti su questa sedia, accanto a me. Dammi quella matita. Ecco! Ora ragioniamo un po’. Tu sai, cara – come era bella la sua manina, e come era piccolino l’anello che le splendeva al dito! –

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tu sai, cara, che non è molto piacevole dover uscire senza aver desinato. Non è vero?

– S... s... sì – rispose Dora con un fil di voce.

– Tu tremi, cara.

– Perché so che tu mi sgriderai! – esclamò Dora, quasi con un piagnucolìo.

– Ma no, mia cara, voglio soltanto ragionare.

– Oh, ma ragionare è peggio che sgridare! – esclamò Dora disperata. – Io non mi son maritata per sentir ragionare. Se tu avevi intenzione di ragionare con una povera ragazza come me, avresti dovuto dirmelo, cattivo!

Tentai di calmare Dora, ma ella volse il viso da un’altra parte e scosse il capo da un lato all’altro, dicendomi: «Cattivo, cattivo!» tante volte che veramente non sapevo che fare. Così, nell’incertezza, m’aggirai un po’ per la stanza, e poi tornai a lei:

– Dora, mia cara!

– No, io non sono la tua cara. Perché se tu non ti fossi già pentito d’avermi sposata, non cercheresti di ragionare con me.

Mi sentii così amareggiato dall’illogicità di questa accusa, che ebbi il coraggio di esser grave.

– No, mia cara Dora – dissi – tu sei molto puerile, e dici 1134

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delle sciocchezze. Tu certo non hai dimenticato che ieri fui costretto a uscire, lasciando a mezzo il desinare, e che, ieri l’altro, mi sentii male con l’esser costretto a mangiare in fretta della vitella quasi cruda; oggi non de-sino del tutto... e non oso dire quanto abbiamo aspettato la colazione... perché l’acqua non bolliva. Non ho l’intenzione di rimproverarti, mia cara, ma non è piacevole andare innanzi così.

– Cattivo, cattivo! Tu mi dici che non sono una buona moglie.

– Ma, mia cara Dora, tu certo sai che non ho detto mai una cosa simile.

– Hai detto che non è piacevole andare avanti così.

– Parlavo della direzione della casa.

– È la stessa cosa! – esclamò Dora. Ed evidentemente lo credeva, perché si mise a piangere sconfortata.

Feci un altro giretto per la stanza, pieno d’affetto per la mia leggiadra moglie e quasi spinto dalle mie inconscie tendenze accusatrici a picchiare la testa contro la porta.

Mi sedetti di nuovo e dissi:

– Non ti biasimo, Dora. Tutti e due abbiamo molto da imparare. Soltanto tento di farti capire, mia cara, che tu devi... veramente devi (ero risoluto a non cedere su questo punto) avvezzarti a sorvegliare Maria Anna. E similmente a darti da fare, per te, e per me.

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– Io mi domando, vedi, come tu possa mostrarti tanto ingrato – singhiozzò Dora – pur sapendo che l’altro giorno, soltanto perché avevi detto che ti sarebbe piaciuto un po’ di pesce, uscii sola, e camminai delle miglia per ordinarlo e farti una sorpresa.

– E fosti molto gentile, mia cara – dissi. – Te ne fui così riconoscente che non volli per nulla al mondo dirti che avevi comprato un salmone. .. troppo grosso per due persone sole. E che costava una sterlina e più, un prezzo molto superiore ai nostri mezzi.

– Ti piacque moltissimo, però – singhiozzò Dora – e dicesti che io ero un tesoro.

– E te lo dirò di nuovo, amor mio – risposi – mille volte.

Ma io avevo ferito il tenero cuoricino di Dora, e non c’era verso di consolarlo. Ella era così patetica nei suoi singhiozzi e nei suoi gemiti, che sentivo come se le avessi detto non so quale enormità per maltrattarla. Ero obbligato ad andar via in fretta; dovetti star fuori fino a tardi, e provai tutta la sera tali fitte di rimorso che mi sentivo perfettamente infelice. Avevo la coscienza d’un assassino, ed ero invaso da un vago senso d’estrema malvagità.

Erano le due o le tre dopo mezzanotte, quando tornai a casa. Trovai mia zia, in salotto, che mi aspettava.

– Che c’è, via? – dissi, intimorito.

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