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Charles Dickens

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affettuosamente in braccio il vaso da fiori, col volto ir-radiato dalla più lieta espressione che io abbia mai veduta.

E noi ci avviammo verso il mio appartamento. Siccome le botteghe avevano per Peggotty un fascino che non ebbero mai nello stesso grado per nessun altro, andai indu-giandomi spesso, divertito a vederla guardare le mostre, e aspettandola per tutto il tempo necessario. Così ci volle un bel pezzo prima che arrivassimo all’Adelphi.

Salendo le scale di casa, le feci osservare la improvvisa scomparsa dei trabocchetti della signora Crupp, e anche le impronte di passi recenti. Ed entrambi fummo sorpresi, arrivando più su, di veder l’uscio esterno dell’appartamentino spalancato (che io avevo chiuso) e di udir delle voci al di dentro.

Ci guardammo a vicenda, senza saper che pensare, ed entrammo nel salottino. Qual non fu la mia meraviglia al trovare... indovinate chi mai! Mia zia e il signor Dick: mia zia seduta fra una gran quantità di bagagli, coi suoi due uccelli innanzi, e il gatto sulle ginocchia, come un Robinson Crusoe femmina; il signor Dick poggiato in atteggiamento pensoso a un grande aquilone simile a quelli ai quali avevamo dato insieme il volo, e circondato da un’altra numerosa collezione di bauli e di casse.

– Mia cara zia – esclamai – che bella sorpresa!

Cordialmente ci abbracciammo; cordialmente strinsi la 880

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mano al signor Dick; e la signora Crupp, che era occupata a fare il tè, e non poteva essere troppo intenta a ciò che faceva, cordialmente osservò che lei sapeva bene che il signor Copperfield sarebbe stato felicissimo di rivedere i parenti.

– Ah, tu! – disse mia zia a Peggotty, la quale tremava innanzi a quella terribile presenza. – Come stai?

– Ti ricordi di mia zia, Peggotty? – io dissi.

– Per l’amor di Dio, figlio mio – esclamò mia zia – non la chiamare con quel nome da isola dei Mari del Sud. Se maritandosi se n’è sbarazzata... la miglior cosa che potesse fare.. perché non riconoscere il fatto compiuto?

Come ti chiami ora... P? – disse mia zia, usando l’inizia-le per non pronunziare l’odiato appellativo.

– Barkis, signora – disse Peggotty con un inchino.

– Meno male, è un nome umano – disse mia zia – che non ti dà l’aria d’aver bisogno d’un missionario. Come stai, Barkis? Spero che tu stia bene.

Incoraggiata da queste affabili parole e dall’atto di mia zia che le stese la mano, Barkis si fece innanzi a strin-gerla, con una riverenza.

– Siamo diventate vecchie – disse mia zia. – Ci siamo incontrate solo una volta, molto tempo fa, ricordi! Facemmo un bell’affare quel giorno! Trot, mio caro, un’altra tazza di tè.

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La porsi rispettosamente a mia zia, che se ne stava rigida e impettita secondo il solito; e mi avventurai a farle notare che s’era seduta su un baule.

– Ora tiro qui il canapè o la poltrona, zia – dissi. – Perché dovete stare così scomoda?

– Grazie, Trot – rispose mia zia. – Preferisco sedermi sulla roba mia – Così dicendo, fissò la signora Crupp, ed osservò: – È inutile che v’incomodiate ad aspettare, signora.

– Debbo mettere un altro po’ di tè nella teiera prima d’andarmene, signora? – disse la signora Crupp.

– No, grazie, signora – rispose mia zia.

– Volete che vada a prendere un altro po’ di burro, signora? – disse la signora Crupp. – Oppure volete provare se vi va un uovo fresco? O vi debbo arrostire una fetta di lardo? Non posso far null’altro per la vostra cara zia, signor Copperfield?

– Nulla, signora – rispose mia zia. – farò da me, grazie.

La signora Crupp, che s’era messa e continuava a sorridere per mostrare la sua buona grazia, e che teneva continuamente la testa da un lato per dar l’impressione di una grande debolezza organica, e si sfregava continuamente le mani per manifestare il desiderio di rendersi utile a quanti lo meritassero, gradatamente sorrise a se stessa, tenne per se stessa la testa da un lato, si sfregò le 882

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mani per se stessa, e uscì dalla stanza.

– Dick – disse mia zia: – ricordi ciò che ti dissi dei cor-tigiani e degli adoratori della fortuna?

Il signor Dick – con uno sguardo quasi di smarrimento, come se lo avesse dimenticato, – rispose in fretta affermativamente.

– La signora Crupp è del numero – disse mia zia. – Barkis, incaricati tu del tè, e dammene un’altra tazza. Dalle mani di quella donna non l’ho voluta.

Conoscevo mia zia abbastanza bene per capire che aveva qualche cosa d’importante da dirmi, e che il suo arrivo non era così semplice come un estraneo avrebbe potuto immaginare. Osservavo che il suo sguardo si posava su di me, quand’ella credeva che la mia attenzione fosse altrove; e che ella era in preda a un’agitazione e a un’esitazione non perfettamente dissimulate dalla sua apparente rigidezza e compostezza. Cominciai a pensare se avessi commesso qualche cosa che avesse potuto offenderla, e la coscienza mi disse che non le avevo ancor detto nulla di Dora. Poteva mai esser questo? mi domandai.

Siccome sapevo che non avrebbe parlato che quando le sarebbe piaciuto, mi sedetti accanto a lei, e parlai con gli uccelli, e accarezzai il gatto, e mi mostrai più disinvolto che potei. Ma non mi sentivo affatto a mio agio, e avrei continuato a essere inquieto, anche se il signor Dick, 883

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