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– Io chiederei umilmente, signore – rispose Uriah, agitando quella sua testa maligna – il permesso di scrivere a mia madre.

– Certamente vi sarà accordato – disse il signor Creakle.

– Grazie, signore. Mia madre m’impensierisce. Temo che non si salvi.

Qualcuno chiese incautamente: «Da che?». Ma vi fu un bisbiglio di sorpresa: «Tacete!».

– Non si salvi nell’altra vita, signore – rispose Uriah, –

contorcendosi dal lato della voce. – Vorrei che mia madre fosse nelle mie condizioni. Io non sarei nelle condizioni in cui mi trovo, se non fossi entrato qua dentro.

Vorrei che la mamma fosse qui. Sarebbe meglio per tutti, se fossero presi e condotti qui.

Questo sentimento fu ricevuto con illimitata soddisfa-1519

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zione – una soddisfazione maggiore, credo, di qualunque altra precedente.

– Prima di venire qui – disse Uriah, dandoci un’occhiata obliqua; come se volesse maledire il mondo esterno al quale noi appartenevamo – non commettevo che follie; ma ora son pentito di tutte le mie follie. Fuori non si fa che peccare. C’è molto peccato nella mamma. Da per tutto non v’è che peccato... tranne che qui.

– Siete assolutamente mutato? – disse il signor Creakle.

– Oh, cielo, sì, signore! – esclamò quello speranzoso penitente.

– Non ricadreste in peccato, se foste liberato? – chiese qualcun altro.

– Oh, cielo, no, signore!

– Bene – disse il signor Creakle – è una cosa veramente soddisfacente. Voi vi siete rivolto al signor Copperfield, Ventisette. Desiderate di dirgli qualche altra cosa?

– Voi m’avete conosciuto gran tempo prima che io venissi qui e mi cambiassi – disse Uriah. guardandomi; e non avevo mai visto uno sguardo più tristo, anche su quella faccia. – Mi conoscevate quando, nonostante le mie follie, ero umile fra quelli che erano orgogliosi, e mite fra quelli che erano violenti... anche voi foste violento con me, signor Copperfield. Una volta, mi deste uno schiaffo, sapete.

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Mormorio di generale commiserazione. Parecchie occhiate indignate mi fulminarono.

– Ma io vi perdono, signor Copperfield – disse Uriah, traendo da quel suo perdono motivo per fare un empio parallelo, che io non riferisco – perdono a tutti. Non voglio aver rancori contro nessuno. Sinceramente vi perdono, e vi auguro di frenare la vostra ira in futuro. Spero che il signor W. si pentirà, e la signorina W. E gli altri di quella compagnia piena di peccati. Voi siete stato visitato dalla sventura, e auguro che vi giovi. Ma fareste bene a venir qui. Il signor W. farebbe bene a venir qui, e la signorina W. pure. Il miglior augurio che possa farvi, signor Copperfield, e a voi tutti, signori, è di farvi prendere e condurre qui. Quando ripenso ai miei trascorsi e alla mia precedente condizione, son persuaso che questo sarebbe per voi il miglior partito. Compiango tutti quelli che non son condotti qui.

Egli si ritrasse nella sua cella, in mezzo a un piccolo coro d’approvazioni; e rinchiuso che fu, Traddles e io cacciammo un sospiro di sollievo. Quello sfoggio di pentimento mi fece nascere il desiderio di sapere che cosa avessero fatto quei due tomi per essere lì in prigione. Ma su questo sembrava che essi non avessero avuto nulla da dire. Mi rivolsi a uno dei due carcerieri, che, da certi indizi nei loro visi, mi pareva non dessero gran peso a tutta quella commedia.

– Sapete – dissi, mentre traversavamo il corridoio – con 1521

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qual reato s’è espressa l’ultima follia del Ventisette?

Mi fu risposto che era stato con un reato bancario.

– Una frode contro la Banca d’Inghilterra? – chiesi.

– Sì, signore, frode, falso, e complotto, perché era con altri. Era lui che dirigeva. Si trattava d’una grossa somma. La sentenza fu di condanna alla deportazione a vita.

Il Ventisette, più astuto di tutti, s’era quasi tenuto al sicuro. Ma la Banca poté snidarlo... per fortuna.

– E il Ventotto che ha fatto?

– Il Ventotto – rispose il mio informatore, parlando sempre a voce bassa e di sopra la spalla, per non farsi sorprendere da Creakle e dagli altri, mentre s’andava per il corridoio, a dir male di quegli innocenti – il Ventotto (condannato anche lui alla deportazione) entrò in servizio d’un giovane, e lo derubò di qualche cosa come duecento sterline in denari e oggetti preziosi, alla vigilia della sua partenza per l’estero. Ricordo particolarmente questo caso, perché egli fu arrestato da una nana.

– Da chi?

– Da una minuscola donna della quale non ricordo più il nome.

– Mowcher, forse?

– Proprio! Egli era riuscito a fuggire ed era in procinto di emigrare in America, truccato con una parrucca, baffi, e un completo travestimento accomodato a perfezio-1522

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ne, quando s’imbatté in una via di Southampton da quella donna minuscola. Essa, con quel suo occhio finissi-mo, lo riconobbe all’istante... gli corse fra le gambe facendolo stramazzare al suolo, e tenendolo fermo come la morte.

– Brava la signorina Mowcher! – esclamai.

– Così le avreste detto, se l’aveste veduta, come la vidi io, di su una sedia fare la sua deposizione alla Corte –

disse il mio amico. – Egli le fece un gran taglio in faccia, e la percosse nella maniera più brutale, così trattenuto; ma ella continuò a tenerlo stretto, finché non lo vide sotto catenaccio. Lo stringeva così, infatti, che le guardie furono obbligate a condurli tutti e due. Ella fece la sua testimonianza con tanta gioiosa vivacità che la Corte si divertì un mondo, e il pubblico l’accompagnò plaudente al l’albergo. Aveva detto alla Corte, che sapendo ciò che sapeva di lui, lo avrebbe afferrato con una sola mano, anche se fosse stato Sansone. E credo che l’avrebbe fatto.

Anch’io credevo lo stesso, ed ebbi perciò una ottima opinione della signorina Mowcher.

Intanto avevamo veduto tutto ciò che c’era da vedere.

Sarebbe stato inutile di dire a un cieco come il signor Creakle, che il Ventisette e il Ventotto erano perfettamente immutati; che in quel momento erano esattamente ciò che erano stati prima; che quegli ipocriti furfanti 1523

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erano appunto i tipi capaci di mostrarsi pentiti in un luogo come quello; che essi sapevano il valore commerciale del loro pentimento almeno così come lo sapevamo noi, e calcolavano i vantaggi che avrebbe loro apportato, nel momento che sarebbero stati espatriati; in una parola, che tutto non era che una trista, nauseante commedia.

Li abbandonammo a loro stessi e al loro sistema, e ce ne andammo via dubitosi..

– Forse è bene, Traddles – io dissi – che una insana tendenza sia accanitamente coltivata: è più presto soppres-sa.

– Forse sì – rispose Traddles.

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