Quando arrivammo in casa, fui mandato nel giardino, dov’era la signorina Dartle, alla quale dovevo annun-ciarmi da me. Ella era seduta su una panca, all’estremità d’una specie di terrazza, dove si dominava la grande città. Era una triste sera, con una luce rossastra in cielo; e la grande città che si scorgeva in lontananza, coi più grandi edifici rischiarati qua e là da quel chiarore funereo, mi parve una compagnia adatta allo spirito di quella selvaggia donna.
Ella mi vide, e si levò un istante per ricevermi.
M’apparve ancora più pallida e smilza dell’ultima volta che l’avevo vista, con gli occhi lampeggianti più vivi e la cicatrice più visibile.
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Il nostro incontro non fu cordiale. L’ultima volta ci eravamo lasciati in collera; ed eccola ora con un’aria di sdegno in tutta la persona, aria ch’ella non si curava di nascondere.
– M’è stato detto che volete parlarmi, signorina Dartle – dissi, come le fui da presso, e poggiai la mano sullo schienale della panca, rifiutando di sedermi al suo gesto d’invito.
– Se non vi dispiace – ella disse – vi prego di dirmi se quella ragazza è stata rintracciata.
– No.
– E pure è fuggita!
Vidi le sue labbra sottili agitarsi mentre ella mi guardava, come se fossero pronte a coprire Emilia di rimproveri.
– Fuggita? – ripetei.
– Sì! Da lui – ella disse ridendo. – Se non e stata trovata, forse non sarà mai trovata. Forse è morta!
La crudeltà soddisfatta con cui ella sosteneva il mio sguardo, non ebbe mai simile espressione in nessun altro viso.
– Desiderarla morta – dissi – può essere il più pietoso augurio che possa farle una persona del suo stesso sesso.
Son lieto che il tempo v’abbia fatta più tenera, signorina Dartle.
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Non si degnò di rispondermi, ma volgendomisi con un riso di sprezzo, disse: – Gli amici di quella eccellente e disgraziatissima ragazza sono amici vostri. Voi siete il suo paladino, e difendete i loro diritti. Volete che vi dica tutto ciò che si sa di lei?
– Sì – dissi.
Si levò con un sorriso maligno, e dando pochi passi verso una siepe di bossi lì vicina, che separava il prato dall’orto, disse ad alta voce: «Venite qui!», come se chia-masse qualche animale immondo.
– Spero che qui non vi permetterete alcun atto di vendetta o di rappresaglia, signor Copperfield – disse, guardandomi con la stessa espressione.
Io m’inchinai senza comprendere che cosa volesse dire; ed ella disse: «Venite qui», di nuovo; e tornò seguita dal rispettabile Littimer, che con la sua solita rispettabilità, mi fece un inchino, e si piantò dietro di lei. L’espressione di grazia malvagia e di trionfo, nella quale, strano a dirsi, v’era ancora un che di femminile e d’attraente, l’aria con la quale ella era atteggiata sulla panca, fissandomi, era degna della crudele principessa d’una leggenda.
– Ora – ella disse, imperiosamente, senza guardarlo, e toccandosi la vecchia cicatrice che vibrava, forse in quell’istante, piuttosto di piacere che di dolore – narrate al signor Copperfield tutto ciò che sapete della fuga.
– Il signor Giacomo e io, signorina...
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– Non vi rivolgete a me! – ella interruppe, aggrottando le ciglia.
– Il signor Giacomo e io, signore...
– Neanche a me, vi prego – dissi.
Littimer, senza scomporsi minimamente, accennò un leggero inchino d’obbedienza, come per significare che il nostro era il suo piacere; e ricominciò:
– Il signor Giacomo e io ci recammo all’estero con la ragazza, da quando essa lasciò Yarmouth sotto la protezione del signor Giacomo. Siamo stati in molti luoghi e abbiamo veduto molti paesi stranieri. Siamo stati in Francia, in Isvizzera, in Italia... quasi da per tutto.
Egli fissava lo schienale della panca, come se parlasse direttamente ad esso; e vi agitava sopra le dita, come se toccasse i tasti d’un pianoforte senza corde.
– Il signor Giacomo era straordinariamente invaghito della ragazza; e per parecchio tempo si condusse con maggiore morigeratezza di quanto n’avesse mai avuta nel tempo del mio servizio. La ragazza faceva grandi progressi, e aveva imparato a parlare le lingue. Nessuno l’avrebbe detta la piccola operaia d’una volta. Vedevo che, dovunque s’andasse, ella era molto ammirata.
La signorina Dartle si mise una mano al fianco. Littimer le diede una fuggevole occhiata, e frenò un sorriso.
– La ragazza era proprio molto ammirata. Forse per la 1190
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sua acconciatura; forse per l’effetto dell’aria e del sole, forse per le cure di cui era oggetto. Fosse una ragione, o l’altra, il fatto sta ch’ella attirava l’attenzione generale.
Egli s’interruppe. La signorina Dartle, che vagava con gli occhi irrequieti da un punto all’altro dell’orizzonte, si morse il labbro inferiore, come per arrestarne il tremito.
Togliendo le mani dalla panca, e mettendole l’una nell’altra, Littimer si tenne in equilibrio su una gamba sola, abbassò gli occhi, sporse un po’ la testa rispettabile, e disse: