– E la signora Gummidge? – dissi.
– Bene, mi son messo a pensare a lungo, vi debbo dire –
rispose il pescatore Peggotty con un’aria perplessa, che s’andò gradatamente rischiarando col seguito del discorso – riguardo alla signora Gummidge. Sapete che quando la signora Gummidge ricorda per caso il vecchio, non si può dire che sia una compagnia piacevole. Sia detto fra voi e me, signorino Davy... e voi, signora...
quando la signora Gummidge comincia a piagnucolare, quelli che non hanno avuto la fortuna di conoscere il vecchio, la trovano seccante. Io che conoscevo il vecchio e apprezzavo i suoi meriti, la comprendo perfettamente; ma gli altri non la pensano allo stesso modo; è naturale.
Mia zia e io facemmo un cenno d’approvazione.
– Quindi – disse il pescatore Peggotty – mia sorella potrebbe... non è certo, ma potrebbe... trovar di tanto in tanto la signora Gummidge un po’ fastidiosa. Perciò non è mia intenzione lasciar la signora Gummidge con loro, ma trovarle un posto dove possa cavarsela da sola. E
perciò – disse il pescatore Peggotty – intendo farle un assegno prima di andarmene, per lasciarla benino. Essa 1300
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è la migliore delle donne. Non si può pretendere, naturalmente, alla sua età, che la povera donna, già così sola e abbandonata, venga a imbarcarsi e a vivere nei boschi e nei deserti d’un paese lontano. Ecco dunque ciò che ho pensato riguardo alla signora Gummidge.
Egli non dimenticava nessuno. Pensava ai bisogni e al benessere di tutti, e non al proprio.
– L’Emilia – egli continuò – starà con me... povera ragazza, ha tanto bisogno di pace e di riposo... fino al giorno della partenza. Si occuperà del corredo del viaggio; e spero che, accanto allo zio che le vuol tanto bene, finirà col dimenticare il tempo della sua infelicità.
Mia zia confermò questa speranza con un cenno della testa, dando al pescatore Peggotty una grande soddisfazione.
– Ve un’altra cosa, signorino Davy – egli disse, mettendosi una mano in petto, e traendone gravemente quell’involtino di carte che avevo già veduto, e spiegandolo sul tavolo. – Vi è questo denaro... cinquanta sterline e dieci scellini. Voglio aggiungere il denaro ch’ella ha speso per il viaggio. Le ho domandato quanto avesse speso, senza dirle perché, e ho fatto la somma. Io non sono istruito. Volete avere la gentilezza di veder se il conto torna?
Mi diede, scusandosi della sua poca abilità, un pezzo di carta, e mi tenne gli occhi addosso, mentre esaminavo la 1301
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somma, che mi risultò perfettamente esatta.
– Grazie, signore – disse, riprendendosi la carta. – Questo denaro, se vi sembra opportuno, signorino Davy, lo metterò, prima che io me ne vada, in una busta diretta a lui in un’altra diretta alla madre: alla quale dirò brevemente ciò che contiene, e che io me ne sono andato e che non c’è più modo di rimandarmelo.
Gli dissi che io credevo fosse giusto far così... che n’ero perfettamente convinto, giacché così pensava lui.
– Ho detto che v’era soltanto un’altra cosa – egli continuò con un grave sorriso, quand’ebbe rifatto l’involtino, e se l’ebbe rimesso in tasca; – ma ve n’è un’altra. Non sapevo ancora stamattina, uscendo, di poter andare io stesso ad annunziare a Cam ciò che fortunatamente era accaduto. Così gli ho scritto una lettera, e l’ho impostata dicendogli tutto, e che io sarei andato giù domani a regolare quel poco che c’è da regolare, e probabilmente a dare il mio addio a Yarmouth.
– E volete che io venga con voi? – dissi, comprendendo che taceva qualche cosa.
– Se potete farmi questa gentilezza, signorino Davy –
egli rispose – so che la vostra visita farà loro piacere.
La mia piccola Dora si sentiva meglio e mi sollecitò d’andare, quando gliene parlai; e aderii volentieri al desiderio del pescatore Peggotty. La mattina appresso, dunque, eravamo sulla diligenza di Yarmouth, e di nuo-1302
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vo in viaggio per quella strada tante volte percorsa.
Mentre passavamo la sera per le vecchie vie familiari –
il pescatore Peggotty, nonostante tutte le mie rimostranze, volle portarmi la valigia – diedi un’occhiata alla bottega Omer e Joram, e vi scorsi entro Omer occupato a fumar la pipa. Non avevo gran voglia di assistere all’incontro del pescatore Peggotty con sua sorella e Cam; e Omer mi servì di pretesto per fermarmi un poco.
– Come state, signor Omer? È da tanto tempo che non ci vediamo! – dissi, entrando.
Egli cacciò con la mano il fumo per vedermi meglio, e mi riconobbe col più gran piacere.
– Mi alzerei, signore, per fare onore alla vostra visita –
egli disse – ma le mie gambe non hanno più le molle d’una volta, e sto tutto il giorno su una poltrona a ruote.
Tranne le gambe, però, e la difficoltà del respiro, grazie a Dio, meglio non potrei stare.
Mi congratulai con lui del suo bell’aspetto e della sua soddisfazione, e guardai la poltrona a ruote.
– È ingegnosa, non è vero? – egli disse, seguendo la direzione dei miei sguardi, e ripulendo con la mano un bracciuolo. – Va leggera come una piuma, ed è sicura come una diligenza. La mia piccola Minnie, che Dio la benedica! La mia nipotina, sapete, la figlia di Minnie, non ha che da appoggiarsi un poco allo schienale, e dargli una spinta, per farla andare lietamente in giro. E vi 1303
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dico una cosa... che è una poltrona straordinaria per fu-marvi la pipa.
Non avevo mai conosciuto un altro come Omer, capace di veder le cose sotto il miglior aspetto e sentirsene soddisfatto. Era raggiante, come se la poltrona, l’asma e la debolezza delle gambe fossero le varie parti d’una grande invenzione per aumentargli il piacere d’una pipata.
– Vi assicuro – disse Omer – che, stando in questa poltrona, veggo molte più persone di prima. Vi stupireste a veder quanta gente in un giorno ha bisogno di fare un po’ di chiacchiere. Veramente! E poi nei giornali, da che mi son seduto qui, vi son molte più notizie di prima. E
poi leggo tante cose, un mondo di cose! E questo mi consola, sapete! Se avessi perduto gli occhi, che avrei fatto? Se fossi diventato sordo, che avrei fatto? Ho perduto l’uso delle gambe, ma che importa? Le gambe, quando le potevo usare, non servivano che ad alimentar-mi l’asma. E ora, se voglio uscire o andare giù alla spiaggia, non ho che da chiamare Dick, il più giovane apprendista di Joram, e via nella mia carrozza come il sindaco di Londra.
E si sgolava dal ridere.