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"Non dire cretinate". Ha cominciato a mettere le lenzuola pulite. "Vai fuori, ho da fare.

Mi sono gettato a terra e mi sono aggrappato alle sue caviglie. "Mamma, ti prego, per favore, non voglio dormire con quello là. Ti prego, voglio stare con te. Nel letto con te.

Ha sbuffato. "Non ci stiamo. Sei troppo grande.

"Mamma, ti prego. Mi metto in un angolo. Mi faccio piccolo piccolo.

"Ho detto di no.

"Ti prego," ho cominciato a implorare. "Ti prego. Sarò buono. Vedrai.

"Piantala". Mi ha rimesso in piedi e mi ha guardato negli occhi. "Michele, non so più che fare con te. Perché non ubbidisci mai? Io non ce la faccio più.

Abbiamo tanti di quei problemi e ti ci metti pure tu. Tu non capisci. Per favore...

Ho scosso la testa. "Non voglio. Non ci voglio dormire con quello. Non ci dormo, io.

Ha tolto la federa dal cuscino. "Le cose stanno così. Se non ti va bene, dillo a tuo padre.

"Ma quello mi porta via...

Mamma ha smesso di rifare il letto e si è voltata. "Che hai detto? Ripeti.

Ho sussurrato. "Mi porta via...

Mi ha scrutato con i suoi occhi neri. "Che vuol dire?

"Voi volete che mi porti via... Tu mi odi. Sei cattiva. Tu e papà mi odiate. Io lo so.

"Chi te le dice queste cose?" Mi ha afferrato per un braccio ma io mi sono divincolato e sono fuggito.

Scendevo le scale e sentivo che mi chiamava.

"Michele! Michele, torna qua!

"Io non ci dormo. No, io non ci dormo con quello.

Sono scappato al torrente e mi sono arrampicato sul carrubo.

Io con quel vecchio non ci avrei dormito mai.

Aveva preso Filippo. E appena mi addormentavo prendeva pure me. Mi infilava in un sacco e via.

E poi mi tagliava le orecchie.

Ma si poteva vivere senza orecchie? Non si moriva? Io alle mie orecchie ci tenevo. A Filippo, papà e il vecchio dovevano avergliele già tagliate.

Mentre io ero sul mio albero, lui, nel suo buco, non aveva più orecchie.

Chissà se gli avevano bendato la testa?

Dovevo andare. E dovevo raccontargli di sua madre, che gli voleva ancora bene e che lo aveva detto alla televisione, così tutti lo sapevano.

Ma avevo paura, se alla casa ci trovavo papà e il vecchio?

Ho guardato l'orizzonte. Il cielo era piatto, grigio e pesava sui campi di grano. La collina era laggiù, gigante, velata dal calore.

Se sto attento non mi vedono, mi sono detto.

"O partigiano, portami via, che mi devon seppellir. O partigiano, portami vi-a. O bella ciao ciao ciao". Ho sentito una voce che cantava.

Ho guardato giù. Barbara Mura trascinava Togo, gli aveva legato uno spago intorno al collo e lo tirava verso l'acqua. "La mamma ora ti fa il bagnetto. Sarai tutto pulito. Sei contento? Sì, che sei contento". Ma Togo non sembrava contento.

Culo a terra, puntava le zampe e agitava la testa cercando di liberarsi dal cappio. "Sarai bellissimo. E ti porterò a Lucignano. Andremo a prendere il gelato e ti comprerò il guinzaglio". Lo ha afferrato, lo ha baciato, si è sfilata i sandali, ha fatto un paio di passi nell'acquitrino e lo ha immerso in quella melma fetente.

Togo ha cominciato a divincolarsi ma Barbara lo teneva bloccato per la col-lottola e la coda. Lo ha spinto sott'acqua. L'ho visto scomparire nel fango.

Ha ripreso a canticchiare. "Una mattina mi son svegliata. O bella ciao! Bella ciao! Bella ciao ciao ciao!

Non lo tirava più fuori.

Lo voleva ammazzare.

Ho urlato. "Che fai? Mollalo!

Barbara ha fatto un salto e per poco non è finita in acqua. Ha lasciato il ca-ne che è riemerso e ha arrancato fino a riva.

Con un balzo sono sceso dall'albero.

"E tu che ci fai qua?" mi ha chiesto Barbara tutta stizzita.

"Che gli stavi facendo?

"Niente. Lo lavavo.

"Non è vero. Tu lo volevi ammazzare.

"No!

"Giuralo.

"Te lo giuro su Dio e tutti i santi!" Si è messa una mano sul cuore. "Le zecche e le pulci se lo mangiano. Per questo gli facevo il bagno.

Non sapevo se crederle.

Ha acchiappato Togo che stava su un sasso e scodinzolava felice. Si era già scordato la brutta esperienza. "Guarda, se dico la verità". Gli ha sollevato un orecchio.

"Oddio che schifo!

Are sens