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"Mio padre si chiama Pino, e il tuo? Pure il tuo si chiama Pino?

Sembrava addormentato.

Sono rimasto a guardarlo, poi ho detto: "Felice! Quello lo conosci? L'ho visto. Scendeva giù in macchina... "Non sapevo più che dire. "Vuoi che me ne vado? Se vuoi me ne vado". Niente. "Va bene, me ne vado". Ho afferrato la corda. "Ciao, allora...

Ho sentito un sussurro, un respiro, qualcosa è uscito dalla coperta.

Mi sono avvicinato. "Hai parlato?

Ha bisbigliato ancora.

"Non capisco. Parla più forte.

"Gli orsetti...!" ha urlato.

Ho fatto un salto. "Gli orsetti? Come gli orsetti?

Ha abbassato il tono della voce. "Gli orsetti lavatori...

"Gli orsetti lavatori?

"Gli orsetti lavatori. Se lasci aperta la finestra della cucina gli orsetti lavatori entrano dentro e rubano le torte o i biscotti, a seconda di quello che si mangia quel giorno," ha detto molto serio. "Se tu, per esempio, lasci la spazzatura davanti a casa, gli orsetti lavatori vengono la notte e se la mangiano.

Era come una radio rotta che improvvisamente riprendeva a trasmettere.

"E' molto importante chiudere bene il secchio sennò buttano tutto fuori.

Di che stava parlando? Ho cercato d'interromperlo. "Qui non ci stanno orsi.

E neanche lupi.

Le volpi, si". E poi gli ho chiesto: "Ieri per caso hai mangiato una fettina di carne?

"Gli orsetti lavatori mordono perché hanno paura dell'uomo.

Chi cavolo erano questi orsetti lavatori? E cosa lavavano? I panni? E poi gli orsi parlano solo nei fumetti. Non mi piaceva questa storia degli orsetti lavatori.

Ho insistito. "Mi potresti dire, per favore, se ieri sera hai mangiato la fettina? E' molto importante.

E lui mi ha risposto: "Gli orsetti mi hanno detto che tu non hai paura del signore dei vermi.

Una vocina nel cervello mi diceva che non dovevo starlo a sentire, che me ne dovevo scappare.

Mi sono aggrappato alla corda, ma non riuscivo ad andarmene, continuavo a fissarlo incantato.

Ha insistito. "Tu non hai paura del signore dei vermi.

"Il signore dei vermi? E chi è?

"Il signore dei vermi dice: Ehi, fessacchiotto!

Ora ti mando giù la roba. Prendila e ridammi il secchio. Sennò scendo e ti schiaccio come un verme. Si, ti schiaccio come un verme. Tu sei l'angelo custode?

"Come?

"Sei l'angelo custode?

Ho balbettato. "Io... Io, no... Io non sono l'angelo...

"Tu sei l'angelo. Hai la stessa voce.

"Quale angelo?

"Quello che parla, che dice le cose.

"Non sono gli orsetti lavatori che parlano?

Non riuscivo a trovare un senso a quel farneticare. "Me lo avevi detto tu...

"Gli orsetti parlano, ma certe volte dicono le bugie. L'angelo dice sempre la verità. Tu sei l'angelo custode". Ha alzato il tono di voce. "A me lo puoi dire.

Mi sentivo debole. La puzza di merda mi tappava la bocca, il naso, il cervello. "Io non sono un angelo... Io sono Michele, Michele Amitrano. Non sono un... "ho mormorato e mi sono appoggiato contro la parete e sono scivolato a terra e lui si è alzato, ha teso le braccia verso di me come un lebbroso che chiede la carità ed è rimasto sollevato pochi istanti, poi ha fatto un passo ed è caduto giù, in ginocchio, sotto la coperta, ai miei piedi.

Mi ha toccato un dito sussurrando.

Ho cacciato un urlo. Come se mi avesse toccato una medusa schifosa, un ragno infetto. Con quella manina ossuta, con quelle sue unghie nere, lunghe e storte.

Parlava troppo piano. "Cosa, cosa hai detto?

Are sens

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