La fettina che fa bene e che a me e a mia sorella faceva schifo. Io, con uno sforzo enorme, quella suoletta dura e insipida la buttavo giù, mia sorella no.
Maria poteva masticarla per ore fino a quando diventava una palla bianca e stopposa che le si gonfiava in bocca. E quando non ce la faceva proprio più l'appiccicava sotto il tavolo. Lì la carne fermentava. Mamma non si raccapez-zava. "Ma da dove viene questa puzza? Ma che sarà?" Fino a quando, un giorno, ha sfilato il cassetto delle posate e ha trovato tutte quelle orrende pallottole attaccate alle assi come alveari.
Ma oramai il trucco era stato scoperto.
Maria ha cominciato a lamentarsi. "Non la voglio! Non mi piace!
Mamma si è arrabbiata subito. "Maria, mangia quella carne!
"Non posso. Mi fa venire il male alla testa," ha detto mia sorella come se le offrissero del veleno.
Mamma le ha mollato uno scapaccione e Maria ha cominciato a frignare.
Ora finisce a letto, ho pensato.
Ma papà invece ha preso il piatto e ha guardato mamma negli occhi. "Lasciala stare, Teresa.
Non mangerà. Pazienza. Mettila da parte.
Dopo mangiato i miei genitori sono andati a riposare. La casa era un forno, ma loro riuscivano a dormire lo stesso.
Era il momento adatto per cercare la pentola.
Ho aperto la credenza e ho rovistato tra le stoviglie. Ho guardato nel cas-settone dove mettevamo le cose che non si usavano più. Sono uscito fuori e sono andato dietro casa dove c'era il lavatoio, l'orto e i fili con i panni stesi.
Ogni tanto mamma lavava li le stoviglie e poi le faceva asciugare al sole.
Niente. La pentola con le mele era scomparsa.
Ce ne stavamo sotto la pergola a giocare a sputo nell'oceano e ad aspettare che il sole se ne calasse un po' per farci una partita a calcio, quando ho visto papà che scendeva le scale, con i pantaloni buoni e la camicia pulita. In mano stringeva una borsa blu che non avevo mai visto.
Io e Maria ci siamo alzati e l'abbiamo raggiunto mentre saliva sul camion.
"Papà, papà, dove vai? Parti?" gli ho domandato attaccato alla portiera.
"Possiamo venire con te?" ha implorato mia sorella.
Un bel giro in camion ci voleva proprio. Ci ricordavamo tutti e due di quando ci aveva portato a mangiare i rustici e le paste alla crema.
Ha acceso il motore. "Mi dispiace, ragazzi. Oggi no.
Ho cercato d'infilarmi dentro la cabina. "Ma avevi detto che non partivi più, che stavi a casa...
"Torno presto. Domani o dopodomani. Scendete, forza". Andava di fretta.
Non aveva voglia di discutere.
Mia sorella ha provato ancora un po' a insistere. Io no, tanto non c'era niente da fare.
Lo abbiamo guardato allontanarsi nella polvere, al volante della sua grossa scatola verde.
Mi sono svegliato durante la notte.
E non per un sogno. Per un rumore.
Sono rimasto così, a occhi chiusi, ad ascoltare.
Mi sembrava di essere a mare. Lo sentivo. Solo che era un mare di ferro, un oceano pigro di bulloni, viti e chiodi che lambiva la riva di una spiaggia.
Lente onde di ferraglia si rompevano in una pesante risacca che ne copriva e scopriva i bordi.
A quel suono si univano gli ululati e i guaiti disperati di un branco di cani, un coro lugubre e dissonante che non attenuava il fragore del ferro ma lo amplificava.
Ho guardato fuori dalla finestra. Una mietitrebbia avanzava sferragliando sul crinale di una collina bagnato dai raggi della luna. Assomigliava a una gi-gantesca cavalletta di metallo, con due piccoli occhi tondi e luminosi e una bocca larga fatta di lame e punte. Un insetto meccanico che divorava grano e cacava paglia. Lavorava di notte perche di giorno era troppo caldo. Era lei che faceva il rumore del mare.
Gli ululati sapevo da dove venivano.
Dal canile del padre del Teschio. Italo Natale aveva costruito dietro casa una baracca di lamiera e ci teneva chiusi i cani da caccia. Stavano sempre là dentro, estate e inverno, dietro una rete metallica. Quando la mattina il padre del Teschio gli portava da mangiare, abbaiavano.
Quella notte, chissà perché, avevano cominciato a ululare tutti insieme.
Ho guardato verso la collina.
Papà era lì. Aveva portato la fettina di mia sorella al bambino e per questo aveva fatto finta di partire e per questo aveva una borsa, per nasconderla dentro.
Prima di cena avevo aperto il frigorifero e la carne non c'era più.
"Mamma, dov'è la fettina?